1987

Pubblichiamo un estratto dal libro “Dalla parte di Chiara. Il caso Ferragni e la società incivile” di Paolo Landi e Marco Montanaro, edito da Krill Books. 

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1987

di Marco Montanaro

Chiara Ferragni viene al mondo il 7 maggio del 1987, trentasette anni fa nel momento in cui questo libro viene pubblicato. Trentasette anni sono pochissimi, tant’è che in Italia un trentasettenne è considerato ancora giovane e sprovveduto, al punto da meritare stage e precariato a oltranza, ma sono tanti se pensiamo a Chiara Ferragni. Ferragni insomma non è il prodotto del frammentario e disarticolato mondo digitale in cui viviamo oggi come potrebbe sembrare. Al contrario, Chiara viene da un mondo «prima», un mondo analogico in cui il telefono serviva solo a telefonare, mentre se si era in giro le chiamate si facevano ancora a gettone da una cabina chiamata appunto «telefonica», posizionata ad hoc per strada. Per strada, le indicazioni si chiedevano ai passanti, i quali avevano tutto il tempo di lasciarsi tentare dall’idea di mandarci nel posto sbagliato, ridacchiando di nascosto.

Il 1987, l’anno in cui viene al mondo Chiara Ferragni (e che la stessa Chiara riporterà nel suo primo nickname utilizzato su internet, Diavoletta87), è uno di quegli anni assurdi per l’umanità occidentale, anni in cui si percepisce la tensione tra un tremendo e ingiustificato ottimismo e la profonda consapevolezza della fine di qualcosa. È la stessa tensione che col senno di poi rende buffa, ingenua e – diremmo oggi – anche un po’ buonista una canzone come We are the world (pubblicata giusto due anni prima, nel 1985), ed è il mood che caratterizzerà tutto il decennio successivo, stretto non a caso tra due crolli (Muro di Berlino e Torri Gemelle), in cui a tutti i viventi d’Occidente non sembrerà vero di vivere nel migliore dei mondi possibili, anche se è evidente che si tratta di un mondo destinato a finire.

Chiara Ferragni viene al mondo in un altro mondo, un mondo così lontano nello spazio e nel tempo che oggi sembra un altro pianeta. Un paradiso? Heaven is a place on earth, il singolo di Belinda Carlisle da milioni di copie, esce il 14 settembre 1987, quando Chiara ha quattro mesi e sette giorni; due giorni dopo, il 16 settembre, viene firmato il Protocollo di Montréal, il primo, fondamentale trattato internazionale che si pone l’obiettivo di ridurre la produzione e l’uso delle sostanze chimiche che minacciano lo strato di ozono. Per Kofi Annan, all’epoca da poco in carica come Responsabile delle Risorse Umane e Coordinatore della Sicurezza dell’ONU, il Protocollo rappresentava l’accordo internazionale di maggior successo mai firmato tra Stati, almeno fino ad allora.

Ma già nel febbraio di quello stesso anno, per la precisione il 17, era stato firmato l’Atto unico europeo, croce e delizia di chiunque abbia sostenuto un esame di Diritto Europeo all’università (chissà che ne pensa Chiara, che si è fermata a tre esami dalla laurea in Giurisprudenza), con cui si iniziava a dare avvio a un’Unione Europea finalmente politica e soprattutto si tentava di rafforzare il mercato libero interno. A proposito di mercato, proprio il 17 febbraio la Chiesa Cattolica festeggia i sette mercanti fiorentini Bonfilio, Bartolomeo, Giovanni, Benedetto, Gerardino, Ricovero e Alessio, in seguito sottoscrittori del patto che avrebbe dato vita all’Ordine dei Servi di Maria sotto la regola di Agostino.

Ancora accordi (e disaccordi) internazionali da quel 1987: il 13 aprile la Repubblica Portoghese e la Repubblica Popolare Cinese si impegnano reciprocamente per la restituzione di Macao alla Cina (avverrà solo nel 1999); mentre a dicembre, il giorno dell’Immacolata Concezione, il presidente americano Ronald Reagan e quello sovietico Michail Gorbačëv firmano un trattato per l’eliminazione di missili a media gittata presenti in Europa. Nelle stesse ore, il 9 dicembre, ha inizio la prima Intifada palestinese in un campo profughi di Jabalyia, una manciata di chilometri a nord di Gaza.

Un mese prima, l’8 e il 9 novembre, l’Italia ha votato contro il nucleare in una serie di tre referendum abrogativi, probabilmente sull’onda emotiva del disastro di Černobyl’ dell’anno precedente. È altrettanto probabile che nel momento del suo concepimento, i genitori di Chiara stessero evitando di mangiare latte e verdure perché potenzialmente contaminati dai radionuclidi portati dalla nube radioattiva in alcune aree del Paese come nel resto d’Europa.

Accorpati ai referendum sul nucleare, proposti da Partito Radicale, Democrazia Proletaria e Verdi, ce ne sono altri due, proposti ancora dal Partito Radicale ma stavolta insieme al Partito Socialista Italiano e al Partito Liberale: il primo sulla responsabilità civile dei magistrati e il secondo sull’abolizione della «commissione inquirente e del trattamento dei reati ministeriali».

Quest’ultimo si presentava così: «Volete voi l’abrogazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della l. 10 maggio 1978 n. 170 recante “Nuove norme sui procedimenti d’accusa di cui alla l. 25 gennaio 1962 n. 20”?», che come al solito dei quesiti referendari sembrava scritto e pensato per indurre il votante a votare l’esatto opposto di ciò che aveva in mente fino a un attimo prima di entrare nella cabina elettorale, mentre nel frattempo iniziava a porsi qualche domanda persino sulla sua stessa esistenza.

Un quesito simile per tono insidioso (ma di tutt’altro contenuto), da domanda retorica con tanto di risposta apparentemente abbordabile, era stato posto a un giovane Primo Levi molti anni prima del 1987, quando, candidatosi per un posto di lavoro, lo scrittore e chimico torinese si trovò a dover sostenere uno dei primi test psicoattitudinali somministrati in Italia: «Pensate talvolta che i vostri problemi possano essere risolti col suicidio?». La risposta, secca e spiritosa come tanta scrittura di Levi, fu questa: «Forse sì, forse no, comunque non lo vengo a dire a te». Poi l’11 aprile del 1987, dunque poco meno di un mese prima della venuta al mondo di Chiara Ferragni… Be’, purtroppo sappiamo come sono andate le cose con Primo Levi.

Ad ogni modo gli italiani votarono con decisione «Sì» anche ai quesiti sulla responsabilità civile dei magistrati e sull’abolizione della commissione eccetera. Anche in questo caso, come per il nucleare, si votò sull’onda di una certa emotività, dato che era ancora vivo nel cuore del dibattito pubblico il cosiddetto «caso Tortora»: la sentenza della Cassazione che scagionava definitivamente il popolare giornalista e conduttore televisivo dalle accuse di associazione camorristica e traffico di droga arrivò il 13 giugno 1987, a quattro anni dall’arresto e a due dalla condanna in primo grado. «È facile, scampanando retorica e solleticando un mai sopito plebeismo, fare apparire una vittima come un privilegiato» aveva scritto Leonardo Sciascia a proposito della macchina del fango (diremmo oggi, assistendo ad esempio a quello che succede con Chiara Ferragni dopo i suoi recenti guai) che aveva seppellito Enzo Tortora all’epoca del suo arresto.

Macchina del fango che, sempre nel 1987, colpì il Tesoriere e già Senatore della Pennsylvania Budd Dwyer, accusato (giustamente, si scoprirà) di corruzione, frode fiscale e associazione a delinquere. Il giorno prima della sentenza Dwyer convocò una conferenza stampa televisiva, nel corso della quale tirò fuori una valigetta di cuoio con tre buste. Le prime due contenevano della documentazione per i suoi assistenti, la terza un revolver Magnum calibro 357. Dopo aver rassicurato i giornalisti e i telespettatori, pregandoli di non guardare se ritenevano che la cosa potesse turbarli, Dwyer si sparò in bocca. In Italia quest’ultima parte della conferenza stampa non fu mostrata. «C’è un limite alla televisione verità» spiegò Piero Badaloni in diretta a Unomattina, chiedendo comunque al pubblico di esprimersi sull’opportunità di mostrare o meno il suicidio in diretta. «E voi cosa ne pensate?» chiedono oggi sui social le redazioni dei giornali quando sputtanano un vip o riportano una delle loro notizie demenziali scambiando volontariamente informazione e intrattenimento. Ad ogni modo, il pubblico di Unomattina telefonò in massa in redazione e per il 70% si disse favorevole alla scelta di non mostrare la scena.

A proposito di televisione: cinicamente, potremmo dire che il suicidio di Budd Dwyer, avvenuto il 22 gennaio, inaugurò un’annata piuttosto interessante per la tv americana. Il 23 marzo esordì sulla CBS la soap Beautiful, mentre il 19 aprile I Simpson fecero la loro prima apparizione sulla rete Fox nel corso del Tracey Ullman Show come cortometraggi da un minuto. Nel corso di quell’anno furono trasmessi anche i primi episodi di una serie tv dedicata a Max Headroom, lo psichedelico personaggio elaborato interamente al computer (ma non era vero) per vestire i panni dell’annunciatore in un programma di videoclip musicali; molto più curioso, a proposito di Headroom, fu quanto avvenne la sera del 22 novembre sulle reti WGN-TV e WTTW11 di Chicago: un pirata si intrufolò nel segnale dei due canali televisivi interrompendo un programma di news su WGN e una puntata di Doctor Who su WTTW. Camuffato da Headroom, il «dirottatore di senso» sproloquiò indisturbato per alcuni minuti, prendendo in giro alcuni spot dell’epoca e finendo per mostrare le natiche nel corso della seconda intrusione. Mentre stava per farsi frustare le chiappe da un complice, il segnale fu finalmente ripristinato.

Continuiamo a parlare di morte, un modo forse un po’ cafone e certamente morboso per provare a capire che tipo di mondo stava finendo mentre Chiara Ferragni veniva al mondo. Ecco dunque alcune morti celebri del 1987: Rita Hayworth, Bob Fosse, Fred Astaire, Marguerite Yourcenar, Peter Tosh, John Huston, Dalida, Louis De Broglie, Andy Warhol, Claudio Villa, Angela Giussani, Renato Guttuso… Senza dimenticare la quasi morte, o morte e resurrezione, di Nikki Sixx, bassista dei Mötley Crüe: andato in overdose di eroina nella notte tra il 22 e il 23 dicembre, fu dichiarato deceduto per due minuti e poi riportato da questa parte (tornato al mondo?) grazie a un’iniezione di adrenalina. Con lui, in quella notte di eccessi, c’erano Slash e Steven Adler dei Guns N’Roses, altra rock band che nel luglio di quel benedetto 1987 aveva pubblicato il suo primo album, Appetite for destruction.

Ma va bene, basta morte e distruzione. Andiamo con qualche nato di quell’anno, allora: Zac Efron, Anna Tatangelo, Marco Simoncelli, Carolina Kostner, Elliot Page, Bianca Atzei, Sara Errani, Levante, Maria Sharapova, Novak Djokovic, Sebastian Vettel, e poi diversi calciatori che avrebbero dominato la scena internazionale nel nuovo millennio, tra i quali è impossibile non citare almeno Jamie Vardy, Luis Suárez, Moussa Dembélé, Marek Hamšík, Gerard Piqué, Dries Mertens, Cesc Fàbregas, Edinson Cavani, Leonardo Bonucci, Gonzalo Higuaín, Karim Benzema e soprattutto Leo Messi. A proposito di calcio: il 10 maggio 1987, a soli tre giorni dalla venuta al mondo di Chiara, il Napoli di Maradona conquistò il primo scudetto della sua storia, mentre qualche mese prima, a febbraio, una canzone nata nel giro della Nazionale Italiana Cantanti aveva vinto il festival di Sanremo. Cantata da Umberto Tozzi, Enrico Ruggeri e Gianni Morandi, parlava di solidarietà e beneficenza. Si chiamava Si può dare di più.

(Fonte foto di copertina)

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