Niente di nuovo sotto il suolo: un estratto

Pubblichiamo, ringraziando editore e autore, un estratto dal libro di racconti Niente di nuovo sotto il suolo – Trilogia della disperazione comica, di Ivan Talarico e Luca Ruocco, uscito per pièdimosca.

Dal racconto gU.F.O.

  1. La creazione del Gufo

All’inizio dei tempi Dio disse: «Sia il Gufo».

E il Gufo fu.

Era un animale piumato e intelligente e si diede subito da fare: inventò parole, creò una lingua, diede una struttura al lessico e alla grammatica.

Ma Dio lo aveva creato per emettere una sola vocale e passava le giornate a indottrinarlo: «Ripeti insieme a me: Uuuuh.»

Il Gufo non voleva fare «Uuuh!», così inventava storie per Dio: gli raccontò dell’estinzione dei dinosauri, del favoloso regno del Prete Gianni, del Terzo Segreto di Fatima. Dio già sapeva tutte queste cose, ma non voleva mortificare la sua creatura.

Così chiese al Gufo di aprire le ali e nello spazio che si era formato fece il vuoto. Poi trasformò le parole in molecole che iniziarono a riempire quel vuoto diventando stelle, pianeti, emozioni, pensieri e disastri. Dio creò altri Gufi, piccoli animali terrestri, miniature a immagine e somiglianza del Gufo originale che emettevano una sola vocale. Così Dio fu contento. Ma la felicità fu breve anche per il Creatore, perché anche quelle piccole creature iniziarono col passare del tempo a stancarsi della monotonia del verso unico.

Così ebbe origine l’Universo, che è soltanto un lungo discorso del Gufo.

  1. Evoluzione sociale dei Gufi

È dal lontano 1932 che i Gufi hanno facoltà di parola, da quando il decano Gianni Barba si ribellò al silenzio gutturale imposto da Dio, pronunciando la parola “mamma” davanti alle cineprese di un cinegiornale. Secondo la leggenda Dio ci restò molto male, ma non disse nulla, alimentando i sospetti sulla sua inesistenza.

Gianni Barba preparava quella parola da anni, rimasticando la emme nel becco per sputarla sulla a. Superato lo scoglio della doppia emme gli venne molto naturale.

Da allora a oggi i Gufi hanno fatto molta strada. Da creature notturne e ferine sono entrati ormai nella vita quotidiana, svolgendo i lavori più umili e miseri, vivendo in quartieri periferici e malserviti, masticando parole di ogni tipo.

Masticare le parole per loro è facile. Digerirle non sempre. Hanno cambiato struttura fisica,

abbandonando l’impostazione animale per diventare più simili agli uomini, con le zampe posteriori lunghe e slanciate, le ali a forma di braccia che terminano in sottili mani ad artiglio, le grandi teste piumate e lo sguardo spaesato. Gli uomini li trattano come bestie, ma da sempre affascinano le donne sposate, che trovano consolazione tra le loro piume.

Verrebbe da chiedersi: perché proprio le donne sposate?

Perché i Gufi credono nel valore della famiglia.

  1. Il seducente Gianni Barba

Marisa è un Gufo femmina e non è mai uscita di casa. È sposata con Luigino, Gufo maschio

in odore di depressione.

Per lei l’appartamento di 60 metri quadri in cui vivono è sempre stato allo stesso tempo rifugio e luogo ostile. La tiene distante dal mondo esterno, che di metri quadri ne ha molti di più, ma si è dimostrato più di una volta pieno di misteri e di insidie.

Una di queste insidie ha la forma di un Gufo che non è suo marito, dalla lunga barba bianca e piumata dall’aspetto decisamente posticcio. Quel Gufo l’aveva guardata un giorno in modo audace, masticando nel becco la parola “mamma”.

Era decisamente Gianni Barba, solo lui sapeva produrre quel suono in un modo così personale.

Quel “mamma” era la parola più voluttuosa che Marisa avesse mai sentito all’interno dell’appartamento. Anche più del rumore del frigorifero.

«Ma io sono sposata, Gianni Barba», aveva sussurrato Marisa, cercando di difendersi da un attacco sensuale che non sarebbe stato solo immaginario.

«Ci credo, ci credo.»

«Mio marito è un brav’uomo.»

«Ci credo, ci credo.» La ripetizione è un’arma che Barba ha affinato nel tempo. Ripetere più

volte le stesse parole riesce ad aprirgli ogni porta per sfinimento.

«Gli voglio tanto bene.»

«Anch’io, anch’io. Ma tuo marito è un uomo così triste. Sempre al lavoro.»

«Lavora da mattina a sera», annuiva la Gufa, che ormai già si sentiva tra le sue braccia piumate.

«Tuo marito è una bestia. Godiamocela noi, che siamo giovani!»

Come ipnotizzata dalla dialettica dritta e concisa di Gianni, Marisa si era avvicinata. Quando si erano trovati becco a becco aveva pensato che il sensuale Barba sembrava assai più anziano del suo Luigino, per via della lunga barba. Ma il pensiero era stato più lento del bacio sferrato dall’altro che, subito, aveva trasformato i due sconosciuti in amanti.

  1. L’amore tra i Gufi

Prima di avere un amante, però, Marisa è stata una Gufa innamorata di suo marito Luigino, un Gufo adulto, ben istruito, che lavora in ambito informatico.

Da piccolo Luigino sognava di volare, ma quando gli hanno fatto notare che poteva farlo ha smesso di sognare. E comunque non ha mai volato, per pigrizia. Parla di sé stesso come si

parla di una leggera influenza.

Marisa è giovane e attraente, appassionata di lavori domestici. Da piccola sognava di essere

una civetta, ma poi si è accontentata. Accontentarsi è diventato il suo stile di vita. Parla di sé stessa come di una pallina di naftalina.

Vivono nella stessa casa da sempre, ma per lungo tempo non si sono incontrati.

Quando si sono visti per la prima volta è successo qualcosa. Non esattamente un colpo di fulmine, qualcosa di più simile a un colpo di frusta.

Il corridoio è stato il luogo dell’incontro, tra l’appendiabiti e lo svuotatasche.

Si sono guardati intensamente, come inebetiti, poi Luigino le ha chiesto se fosse fidanzata e lei ha risposto che lui era il primo Gufo che vedeva.

«Hai progetti per il futuro?», ha continuato Luigino.

«Nessuno.»

Esattamente come lui, una mancanza totale di prospettiva che lo aveva rassicurato.

«Sei mai uscita da questa casa?»

«No. E tu?»

«Nemmeno io.»

«Non ti ho mai visto.»

«Fino a ieri abitavo in bagno e non uscivo mai.»

Erano due anime riservate e aspettavano solo di incontrarsi. Marisa, dopo anni di solitudine, lo trovava stupendo.

«Sei molto bello.»

«In paragone a cosa?»

«Al frigorifero.»

«Hai mai baciato il frigorifero?»

«Una volta, me ne vergogno.»

Lui si era irrigidito un istante, colto da una gelosia passeggera. Poi aveva pensato che forse un elettrodomestico è un rivale di poco conto.

E comunque storia passata. Era arrivato il momento di sistemarsi, di dire addio agli anni furibondi nel bagno, tra scarichi e ingorghi.

«Mi vuoi sposare?»

«Non ho alternative migliori.»

La sera stessa avevano celebrato il matrimonio nel tinello, senza torta, senza vestiti nuziali, senza anelli, senza invitati e senza amore.

 

 

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