“A ciascuno il suo terrore” di Alessandro Garigliano, un estratto
Pubblichiamo, ringraziando autore ed editore, un estratto da “A ciascuno il suo terrore” di Alessandro Garigliano, pubblicato da Terrarossa Edizioni.
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di Alessandro Garigliano
Ciò che più mi impressiona sono le trame degli attentati. In tutto il mondo si orchestrano, in maniere che sono al contempo militari e ridicole, crociate miranti al terrore. Si preparano i piani con un misto di incompetenza e passione ottenendo risultati a volte insperati altre frustranti, fallimentari. Ma anche nell’altro versante, fra i potenti e i servizi d’intelligence, non si riesce a capire quanto sia stato previsto strumentalizzato ignorato. Il territorio, anziché essere tenuto sotto controllo da chi dovrebbe difenderlo, sembra un campo in cui la pianificazione di trame procede libera d’improvvisare: sfociando spesso in storie in grado di squadernare la complessità di romanzi.
Il 21 luglio 2005 una serie di detonazioni esplode su 3 treni della metropolitana e 1 autobus di Londra. Il panico sconvolge i passeggeri presenti e i mezzi si arrestano. Nessuno riesce a credere che non ci siano vittime. A esplodere sono stati soltanto i detonatori: le bombe sono state confezionate in casa con una qualità scadente di perossido organico. Nei primi istanti l’attentato è vissuto naturalmente come se avesse causato una strage. Ma si è verificato un difetto al sistema d’innesco e le bombe piazzate nelle stazioni metropolitane di Shepherd’s Bush, Warren Street e sull’autobus a Shoreditch falliscono. Uno degli attentatori è rimasto ferito e nel giro di 8 giorni vengono arrestati i 4 che hanno tramato la strage. Ma un cittadino di origini brasiliane, Jean Charles de Menezes, durante la caccia ai colpevoli, è stato scambiato per uno dei terroristi dell’attentato e, in uno scontro a fuoco nella stazione della metropolitana di Stockwell, viene ucciso dalla polizia.
14 giorni prima, il 7 luglio 2005, arrivano alla stazione di Luton da Leeds, dopo circa 3 ore di viaggio, quattro ragazzi tra i 18 e i 30 anni a bordo di due auto noleggiate – una Nissan Micra blu chiaro e una Fiat Brava rossa. Tre sono figli di immigrati pakistani, nati nel Regno Unito, e il quarto è nato in Giamaica. La polizia dichiarerà che si tratta di cleanskins, estremisti islamici mai implicati in indagini.
Da Luton si dirigono alla stazione metropolitana di King’s Cross. Indossano vestiti informali – sneakers t-shirts berretti con le visiere – e sulle spalle uno zaino contenente bombe composte da chili di perossido organico. Nei primi minuti dopo le conflagrazioni, l’azienda che gestisce la metropolitana dichiara che gli incidenti sono dovuti a guasti delle linee elettriche. La verità è che, nel giro di 50 secondi, alle 8:50, durante l’ora di punta, con i vagoni affollati dai pendolari, saltano in aria tre diversi convogli in seguito all’azione coordinata di attentatori suicidi. I treni si trovano vicino alle stazioni di Aldgate, King’s Cross ed Edgware Road. È la strage più sanguinosa nel Regno Unito dopo quella di Lockerbie – causata da una spirale di vendetta tra Libia e Stati Uniti – e accade circa un anno dopo l’attacco alla stazione di Atocha a Madrid, eseguita con una strategia similare.
Il medesimo giorno, Peter Power, specialista in gestione della crisi e direttore della Visor Consulting – organizzazione privata nata per istruire le compagnie contro diverse minacce – dichiara in un’intervista radiofonica alla bbc: «Oggi stavamo conducendo un’esercitazione antiterrorismo per una compagnia ed eravamo mille persone coinvolte con una squadra anti-crisi. La cosa più strana è che era basata su uno scenario di attacchi simultanei nelle stazioni della metropolitana di Londra, negli stessi luoghi e negli stessi tempi dove stavano avvenendo i veri attacchi. Quindi abbiamo dovuto passare d’un tratto, nell’esercitazione, dalla finzione alla realtà».
In quei giorni si tiene, tra le proteste, a Edimburgo il summit dei 7 Paesi più industrializzati del mondo e la Russia.
Il più giovane degli attentatori, Hasib Hussain, 18 anni, non è riuscito ad azionare il device che innesca l’ordigno. Esce dal treno e chiama ripetutamente i suoi complici, che però sono già brandelli di carne. 11 minuti dopo le deflagrazioni nei treni, le videocamere di sorveglianza lo inquadrano mentre è in fila al wh Smith della stazione King’s Cross e sta acquistando paziente una pila per rimettere in funzione la bomba; le immagini poi lo ritraggono in un McDonald’s, dove, probabilmente, è in bagno a effettuare la sostituzione. Hasib Hussain – giocatore di cricket e studente radicalizzato – indossa occhiali da sole e lascia la stazione della metro ritrovandosi insieme alla folla evacuata e smarrita. Sale con alcuni sopravvissuti sul bus 91 e attira gli sguardi dei passeggeri che lo scoprono in uno stato di agitazione mentre fruga e armeggia dentro allo zaino. L’autobus compie soltanto un breve tragitto, perché la corsa si deve interrompere per gli interventi sopraggiunti dopo le esplosioni dentro ai convogli. Alcuni decidono di procedere a piedi, altri, invece, insieme ad Hasib Hussain, salgono sull’autobus 30 che, sempre per gli effetti dell’attentato, corregge la rotta e procede verso Tavistock Square. 57 minuti dopo gli altri devastanti ordigni, la quarta esplosione squarcia il tetto del bus a due piani, divelle i sedili e distrugge l’intero comparto posteriore del mezzo. Muoiono 13 persone e più di 100 passeggeri sono feriti. Tra le macerie nel bus vengono ritrovati, come una firma, la carta di credito e la patente dell’attentatore.