
Pubblichiamo, ringraziando editore e autore, un estratto dal nuovo libro di Antonio Talia La stagione delle spie, in libreria per minimum fax.
di Antonio Talia
L’informazione è la materia prima del lavoro di intelligence e i migliori agenti si tengono sempre aggiornati sul contesto politico ed economico degli ambienti in cui si muovono, ma Frederico Carvalhão Gil – secondo chi ha lavorato con lui – non è solo un funzionario molto informato: è un intellettuale capace di decifrare l’attualità di un paese e poi sintetizzare tutto in rapporti che, all’apice della sua carriera, anche i colleghi più ostili non potevano che ammirare. Così, quando atterra all’aeroporto di Ciampino poco dopo le 17 del 20 maggio 2016, Gil è sicuramente consapevole che in quel periodo Roma è una capitale attraversata da tensioni politiche potenti, che convergono sulla città in cerchi concentrici.
Il primo cerchio è locale. I manifesti elettorali affissi ovunque indicano che le elezioni comunali sono imminenti: tra il 5 e il 19 giugno i romani eleggeranno un nuovo consiglio comunale e un nuovo sindaco, dopo l’affossamento di Ignazio Marino e quasi un anno di commissariamento straordinario.
Il secondo cerchio è di livello nazionale: a Palazzo Chigi, per il momento, siede ancora il segretario del Partito democratico Matteo Renzi, ma proiezioni, sondaggi e programmi tv mostrano che sta crescendo un’ondata anti-europeista e anti-sistema rappresentata sia dal Movimento cinque stelle che dall’allineamento tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Il terzo cerchio che si riflette sulla situazione romana è di livello europeo: poco più di un anno prima, proprio a Roma, a piazza del Popolo, i due leader della destra italiana hanno proclamato un accordo ispirato al modello francese del Front National di Marine Le Pen, nel segno della comune avversione contro Bruxelles, i burocrati e la debolezza mostrata verso il terrorismo jihadista, che per Salvini e Meloni si identifica con i flussi migratori. La Francia è reduce dalle stragi di Charlie Hebdo e del Bataclan, l’Isis ha raggiunto la massima espansione tra Siria e Iraq e adesso minaccia direttamente l’Italia, avanzando anche in Libia.
Il quarto cerchio è di portata internazionale, perché la sfiducia verso le istituzioni occidentali e i governi che le appoggiano sta montando ovunque: pochi giorni dopo le elezioni amministrative italiane i cittadini britannici voteranno il referendum sulla Brexit, mentre negli Stati Uniti i due Super Tuesday delle primarie del Partito repubblicano hanno eletto per la corsa alle presidenziali dell’autunno successivo un candidato anomalo, isolazionista e ferocemente critico verso tutte le tradizionali alleanze americane, di nome Donald J. Trump.
Questa temperie ideologica che sta per provocare enormi stravolgimenti politici si alimenta attraverso letture «alternative» degli scenari globali.
Pochi anni prima l’opinione pubblica occidentale ha subito lo shock di WikiLeaks, la piattaforma dell’attivista australiano Julian Assange che ha pubblicato milioni di documenti riservati della diplomazia e dell’esercito americano.
Lo scandalo nsa – scatenato dall’ex analista Edward Snowden, che ha denunciato il sistema di sorveglianza globale istituito dagli Stati Uniti e dai loro alleati – ha provocato un’ulteriore rottura.
Il sospetto diventa il sentimento più diffuso nelle democrazie liberali, ma una nuova generazione di opinionisti e attivisti lo sta spingendo verso territori molto diversi dalle utopie libertarie che Assange e Snowden affermavano di difendere, mentre espressioni come «entrare nella tana del Bianconiglio» e «prendere la pillola rossa» diventano di uso comune per indicare la scelta di allontanarsi dai media e nutrirsi di fonti d’informazione «eretiche».
Il quadro è pronto per essere capovolto.
La guerra civile scoppiata in Siria spinge milioni di migranti verso l’Europa e alimenta l’orrore dello Stato islamico? Per scongiurarla sarebbe bastato evitare il sostegno alle «primavere arabe» e ai fantomatici ribelli siriani «democratici», appoggiando invece il dittatore Bashar al-Assad, strenuo difensore delle minoranze cristiane e baluardo laico contro la jihad, come Saddam Hussein e Muammar Gheddafi prima di lui.
Le prove che Assad ha impiegato armi chimiche contro la sua stessa popolazione, raccolte da una squadra specializzata dell’Onu? Sono solo un falso creato ad arte per giustificare l’invasione della Siria, che l’America di Barack Obama progetta da tempo per destabilizzare ulteriormente la regione.
La rivoluzione che in Ucraina ha destituito il filorusso Viktor Janukovič?
È stata un colpo di stato in piena regola per spodestare un leader democraticamente eletto, un complotto ordito dal Dipartimento di Stato americano sotto la direzione della corrotta Hillary Clinton, che puntava a servirsi di Kiev per poi mirare dritta al cuore della Russia di Vladimir Putin.
Legioni di account privati amplificano queste idee sui social network e le mescolano con teorie sempre più cervellotiche, mentre nuove testate giornalistiche e opinionisti sconosciuti fino a poco prima si scagliano contro i media tradizionali.
Sul fondo della tana del Bianconiglio c’è Vladimir Putin, che per chi ha preso la pillola rossa risulta trasfigurato: non è più solo un autocrate che tenta di ridefinire gli assetti internazionali, ma si è trasformato nel campione degli insoddisfatti, il catalizzatore definitivo per produrre convergenze e collusioni tra critici della Nato e cristiani tradizionalisti, euroscettici e nemici della globalizzazione, fan del duo Assange-Snowden e sovranisti.
I partiti che puntano a rappresentare il malcontento delle fasce di popolazione impoverite dalla crisi del 2011 si ritrovano così con una narrazione perfetta per lo spirito del tempo: da un lato sono schierate le élite internazionali di Barack Obama, Angela Merkel e degli euroburocrati, un establishment sempre uguale a se stesso che illude i cittadini con la farsa delle elezioni; dall’altro ci sono leader che interpretano lo spirito autentico del popolo, accusati di autoritarismo solo per consentire all’Occidente di proseguire con le sue guerre e i suoi intrallazzi.
La Russia dai profondi valori cristiani – spirituale e antimaterialista, ma anche guerriera indomita quando viene minacciata – è lo scenario ideale di questo racconto.
La Lega si espone per la cancellazione delle sanzioni applicate alla Russia dal 2014, da quando cioè Mosca si è annessa la Crimea, e il leader Matteo Salvini si è recato in visita in Russia chiedendo alla Marina militare di Mosca un aiuto nelle operazioni di pattugliamento del Mediterraneo.
I deputati del Movimento cinque stelle Alessandro Di Battista e Manlio Di Stefano, entrambi nella Commissione Affari Esteri della Camera dei deputati, incontrano a Mosca Sergej Železnjak e Andrej Klimov, esponenti del partito di Vladimir Putin Russia Unita: «Attraverso i media si alimenta una russofobia crescente per giustificare l’ingresso di nuovi stati in Europa e nella Nato. Montenegro, Georgia e Ucraina ne sono un esempio», dice Di Stefano dopo l’incontro.
Intanto, alle elezioni comunali di Roma del 5 giugno, il partito di Giorgia Meloni Fratelli d’Italia candida Irina Osipova, 28 anni, doppio passaporto italiano e russo, presidentessa di rim – associazione dei giovani russi residenti in Italia – e fiera sostenitrice dell’amicizia tra Roma e Mosca nel segno di un fronte comune contro immigrazione clandestina e ideologia gender.
Suo padre, Oleg Osipov, è il direttore del Centro russo di scienza e cultura di Roma, e in qualità di attaché culturale dell’ambasciata della Federazione Russa in Italia ha un ufficio al numero 5 di via Gaeta, a Roma.
L’ambasciata russa a Roma non può ignorare chi è Sergej Pozdnjakov: fino a pochi anni prima il suo ufficio da secondo segretario si trovava a qualche porta di distanza da quello di Osipov.
I funzionari russi in Italia sono anche informati sui movimenti di Carvalhão Gil e Pozdnjakov? A via Gaeta qualcuno ha avallato o addirittura organizzato l’incontro? Quando l’agente dei servizi segreti portoghesi atterra a Roma, i diplomatici russi in Italia sanno già che nel mandato di cattura internazionale spiccato contro di lui è incluso l’ex primo segretario Sergej Pozdnjakov, presunto agente dell’svr?
Nel preciso momento in cui gli equilibri tra Mosca e Bruxelles vacillano, proprio quando Londra sta per staccarsi dall’Unione europea e a Washington si fa strada un candidato alla presidenza ostile alla Nato e favorevole al riavvicinamento con la Russia, nelle strade di Roma stanno per prendere posizione due ingranaggi di un meccanismo gigantesco.
Intorno alle 18 del 20 maggio 2016 Frederico Carvalhão Gil si registra al Contilia, un hotel a tre stelle in zona Esquilino, poco distante dalla stazione Termini. L’addetto alla reception gli assegna la stanza 519. Gil si cambia, esce di nuovo, percorre qualche centinaio di metri e si ferma al Fagianetto, un ristorante in via Filippo Turati. La serata è mite; almeno quattro agenti della Digos di Roma con due agenti della Polícia Judiciária arrivati da Lisbona e due agenti del sis come copertura, lo osservano a distanza mentre cena da solo.
Alle 21 è già rientrato in albergo, sempre da solo, e non ne uscirà fino alla mattina dopo.
Più o meno nelle stesse ore, seguito da un’altra squadra congiunta Digos-Polícia Judiciária, Sergej Pozdnjakov arriva all’hotel Barberini Suites in via del Tritone. Al Barberini tutti gli appartamenti sono contrassegnati con il nome di un artista; Pozdnjakov alloggia nella suite «Botticelli». Anche lui cena da solo e rincasa sul presto.
Carvalhão Gil esce dall’albergo alle 10.20 del 21 maggio 2016. Indossa una camicia a scacchi leggera, pantaloni cachi, scarpe da tennis e porta uno zainetto a tracolla: sembra solo un turista di mezz’età alla scoperta di Roma, con tanto di mappa. Si dirige alla stazione Termini, acquista un biglietto della metropolitana, si immette sulla linea B in direzione Laurentina e scende alla fermata Piramide. Ma questo turista evita tutti gli itinerari usuali e cammina con un’andatura singolare: passeggia per il quartiere Ostiense variando spesso il passo, ora lento, ora più veloce, e un osservatore esperto noterebbe che i numerosi cambi di direzione coincidono con vetrine ampie, adatte a guardarsi le spalle con un solo colpo d’occhio. Attraversa ponte Testaccio, entra a Trastevere, poi cambia idea e torna indietro. Dopo essersi fermato in un bar passeggia per quasi mezz’ora curiosando tra le bancarelle di un mercato rionale, mescolandosi ai residenti del quartiere che fanno la spesa.
Sono quasi le 12.15. Gil torna verso Trastevere.
I due stabiliscono il contatto in via Carlo Porta: stanno camminando in pieno giorno tra la folla in direzioni opposte, ma come automobilisti che di notte si scambiano un colpo di lampeggiante per segnalare la presenza di una pattuglia sulla strada deserta, Frederico Carvalhão Gil e Sergej Pozdnjakov si incrociano, si fanno un cenno, e prendono a camminare fianco a fianco senza scambiarsi una parola.
La temperatura è più calda del giorno precedente.
I due arrivano al Number One Caffè – un bar di viale Trastevere dall’atmosfera anonima, pareti a specchi e legno chiaro – ma invece di approfittare dei tavolini all’aperto si accomodano all’interno.
Gil siede con le spalle al muro, per controllare la situazione.
Pozdnjakov è rivolto verso l’entrata.
Ordinano due Nastro Azzurro, discutono per una decina di minuti, poi Pozdnjakov porge a Gil una scatola di Haig Club – Il whisky di David Beckham, si legge sulla confezione – e Gil estrae qualcosa dallo zaino.
Gli agenti della Digos entrano nel bar, si qualificano e li arrestano.
Nessuno dei due è armato, non oppongono resistenza, vengono condotti entrambi a Regina Coeli.
Scattano le perquisizioni nella stanza 519 dell’hotel Contilia e nella suite Botticelli dell’hotel Barberini.
L’arresto viene comunicato ai vertici dell’aise, dell’aisi e del sis; le agenzie di informazione italiane e portoghesi provvedono subito ad avvertire i rispettivi governi.
La cartella che Carvalhão Gil era sul punto di consegnare a Pozdnjakov conteneva cinque documenti.
Nel giro di poche ore, i media italiani e portoghesi riportano la notizia dei due arresti, e tutta la stampa internazionale la rilancia subito dopo.
Il contenuto dei cinque dossier non viene divulgato.
Tratto da La stagione delle spie. Indagine sugli agenti russi in Italia di Antonio Talia (minimum fax, 2023)
© Antonio Talia, 2023
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