La quarta di copertina di Dario Borso, Ostaggi d’Italia. Tre viaggi obbligati nella Storia, uscito per Exòrma, recita: “Tre diari di soldati semplici, che cercano di tornare a casa dopo mesi e anni di guerra e prigionia, e tre disfatte di Stato: Adua, Caporetto e l’armistizio dell’Otto settembre. Testimonianze autentiche che illuminano mezzo secolo esatto di storia italiana, dal 1896 al 1945. / L’alpino di Belluno, il granatiere e il marinaio trevisani scrivono in modo elementare, claudicante, ma danno farci rivivere in pieno la loro condizione di paura e di stenti, ma anche la loro tenace volontà di sopravvivere. / Dario Borso racconta come ciascuno di questi brevi testi sia venuto alla luce e ne ricostruisce con perizia storico-critica le trascrizioni, le fasi di revisione e di riscrittura di Giovanni Comisso, il contesto culturale e le vicende editoriali. / Sono pagine inedite (corredate da foto di repertorio, di oggetti personali e manoscritti) che attraversano le zone più intime di vite modeste, che furono vittime di guerre non volute e ostaggi di ideali totalmente estranei”. Qui sotto riportiamo il diario degli ultimi due mesi di prigionia (novembre-dicembre 1918) del granatiere Giuseppe Giuriati, catturato un anno prima dai tedeschi a Caporetto.
di Dario Borso
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Ora mi sento male e tosse, marcai visita, di nuovo infermeria con la bronchite e quando fa un po’ di freddo mi gelo le mani e piedi e dolori di non poter resistere nella gamba destra si ha formato un buco che esce sempre acqua e medicine per noi non ce n’è, solo mi passano del cotone e fascie tutto di carta lavorata. Qualche volta noi dell’infermeria si va a spelare patate per i cucinieri francesi e quando non mi vedono le mangio così crude, quanto sono amare! ma c’era tanta fame.
Siamo ai 30 ottobre, io pensavo in Italia, a casa mia e con le lagrime agli occhi dicevo: “Quanti divertimenti si passava assieme con i miei genitori e famigliari a tavola calmi e sereni; ed ora invece trovarmi qui in queste condizioni”. E con le lagrime che mi bagnava il volto mi sono rivolto a quella piccola imagine che tenevo sempre con me e mi raccomandai al Signore almeno un po’ di salute, e che faccia venire a questo mondo sconvolto la tranquillità e la pace da tutti tanto desiderata.
Il giorno 31 mi trovavo al sole, presso un’altra baracca con miei compagni. Passò il tedesco volle che vadi di corvè alla stazione, e di ritorno eravamo per 2. Una nobile signora passeggiava con i suoi figli, poi diede un pezzo di pane al suo figlio maggiore che mi portasse a me, io stesi la mano contento, e lui invece di sporgermi il pane mi ha sputato in faccia, lo guardai fisso e mi mosse il pianto, era istruito così quel crudele da sua mamma e ridevano.
Entrati in baracca trovai il prete, parlava Italiano era vestito come un cittadino, gli domandai certe cose, lui rispose: “Fratello mio, ancora un po’ di pazienza e poi vedrai verrà la pace”. E mi regalò la figura del Crocefisso e un libro, e io li dissi: “Ma io ho paura che non mi toccherà vedere quel giorno”. Addio. Per ora i pacchi ànno fatto alt, ora la fame ha preso il suo vecchio camminamento ed ora à già raggiunto me. Povero Bepi!
Or siamo al 1° novembre festa di tutti i Santi, il Comitato Italiano a noi ammalati ci ha portato una razione di riso a testa, dopo un anno di prigionia finalmente si ha commosso e loro mangiavano sempre e ne vendevano ai tedeschi, erano tutta una lega fra interpreti e comitato!
Il giorno 6 si dice che il nostro governo mi manderà della galetta n. 15 ogni prigioniero alla settimana. Il giorno 7 passò il tedesco e mi mandò fuori dall’infermeria, io sono rimasto confuso, mi son messo a piangere perché sapevo che appena tornavo in compagnia mi tornava le bronchiti perché il mio corpo ci vuol gran rispetto dal freddo e dalla pioggia, dopo di tutti quei mali. Allora mi sono raccomandato al caporale sanitario e allo scritturale di ufficio e con le lacrime agli occhi gli feci compassione e son rimasto ancora lì, il tempo va male, pacchi non se ne vede più e la fame continua il suo lavoro.
Si dice sempre che presto verrà la pace, ma non si sente dire mai che è fatta, poi un’altra chiacchera: si dice che è partita la commissione per discutere e che il giorno 10 deve essere firmata la pace, speriamo di sì, ma intanto il tempo passa e gallette non arrivano e la fame continua e siamo ai 8 novembre ed è un pezzo che non ricevo più notizie da casa. Mi fermo qui. Addio buona sera.
Ai 10 si dice che non è più vero né di pace e né di armistizio, giorno dietro si sente dire che è fatto armistizio e che entro un mese dobbiamo essere tutti rimpatriati.
Era di lunedì e il rancio era del comitato, speriamo bene; poi si sente dire che è vero che l’armistizio è firmato il giorno 11, allora il mio cuore si è commosso e ò pianto dalla allegria e tutto un tratto si sente tutta quella gente che era sul campo che gridava di allegria, tutti assieme ma divisi in riparti di ogni razza. Erimo Italiani, Francesi, Inglesi, Russi, Americani, Rumeni, Portoghesi, Belgi Arabi infine di tutte le razze che aveva forma d’uomo e tutti gridava evviva, nella sua lingua, la guerra è finita speriamo presto liberarci da queste terribili e tristi terre maledette. Addio ciao.
Allora il comitato faceva rancio al bisogno per tutti e aveva dispensato i tedeschi di farmi la zuppa. Ora i pacchi arrivano a vagoni e dispensavano 2 pacchetti ogni 4 giorni a tutti senza quei quintali di riso che vendevano ai tedeschi di sera, tanto è vero che qualcuno moriva per aver troppo mangiato, allora io dissi ha ragione il proverbio che dice che dopo la carestia viene l’abbondanza. Così andiamo bene. Addio.
Dopo 7 giorni ne ànno dato anche ai Russi, poi ha incominciato a arrivare quelli dai lavori e allora il campo era proprio pieno, io mi trovo ancora in infermeria, poi il medico passò la visita e mi mandò nella baracca 14 allora non c’era più disciplina eravamo padroni del campo abbiamo bruciato tutti gli steccati che separavano il campo e i tedeschi tacevano e neanche non bastonavano.
Io ringrazio il Signore, io finora ne ho preso soltanto 3 baionettate nelle spalle, 5 nervate nella testa che mi fece male 15 giorni, tre calci nel culo con stivali e battiture col fucile e diversi schiaffi nel viso ecc.
Tra giorni hanno messo fuori un ordine chi voleva partire a piedi perché diceva che per noi non c’era treni, e il tempo piove fa freddo e vento, e allora come si fa partire? Il campo era aperto, chi voleva poteva anche uscire. Io sono uscito solo una sera con Fiorotto che mi sosteneva perché non potevo camminare, son andato entro una chiesa e facevano esposizione col Santissimo.
Ora non si ha più notizie, siamo ai 8 dicembre, poi si dice che fino ai 12 non si parte, allora potete pensare quanti pensieri e quanta rabbia; in più era scoppiata una malattia che si chiama gripe [spagnola] e ne moriva tutti i giorni dal più o meno una ventina, visto questo tanti partivano specialmente francesi e inglesi, facevano drapelli di 200 persone e 2 cavalleggeri suoi li accompagnavano alla frontiera ma io non mi fidai di partire, era freddo, piova, tutto gonfio e debole e senza scarpe, avevo le galosse grande che pareva due corazzate da guerra.
Ora incomincia mancare il rancio, poco e anche tristo quei pochi di pacchi che arrivano erano tutti sfasciati ne rubavano la roba migliore in più faceva anche camorra e vendeva, ora si fa fame di nuovo. Il comitato Italiano aveva raccolto i sigari e tabacco e lo vendeva 60 Pfennig al pachetto e 50 i sigari e ne dava più volentieri ai tedeschi che a noialtri, e se parlavimo rispondevano male ed era roba nostra, poi si reclamava per il rancio che era poco, e i Russi avevano ancora dei sacchi di riso nostri, e noi ci toccava mangiare ancora la farinata, andava bene così? Era farina di grano turco che puzzava da marcio e i russi mangiavano benone.
Ora incomincia arrivare galette, me ne danno una al giorno, poi il S. Padre ci mandò una scatoletta di carne e cioccolatta per 3 giorni, e una medaglietta per suo ricordo, e a quelli del lazzaretto 10 ciascuno e 30 pezzi di cioccolata, poi si incominciò a fare delle spedizioni.
Siamo ai 20 dicembre, io mi trovo ancora qui e la gripe continua e morti tanti tantissimi che non fanno neanche tempo a seppelirli. Le galette continuavano lente, lente. I tedeschi non parlano più con noi e sulle partenze mi prendono in giro.
Un giorno un italiano girava per le baracche dei francesi che erano vuote, entrò un tedesco e non si sa come che è andata, solo che l’abbiamo trovato morto e nascosto sotto i pagliericci e le immondizie.
Si avvicina il Natale, speriamo di passarlo bene. Alla vigilia pane e acqua calda e il giorno di Natale al mattino fava, ceci, orzo, e ascoltare la S. Messa e dopo mezzogiorno il solito, dove si credeva bene, poi il rancio si finisce, si fanno il caffè non fanno più il rancio e di partire non se ne parla; allora Fiorotto mio compagno tornava a rubare patate di notte e a me qualcuna ne dava perché suo fratello Giuseppe non voleva perché diceva che potevo rubare anch’io, ma io non ero capace, né di saltare, né di correre.
Fino al giorno 29 nulla di nuovo, al 30 hanno fatto una chiamata e dissero tenetevi pronti; il tempo è vario, speriamo presto di partire si no qui son pasticci. Addio ciao buona fortuna.
Poi mi hanno chiamato e il comitato mi diede una scatoletta di carne e 5 galette e alle 8 si passa in rango mi diede un paio di stivali a me non passava stivali da gonfio i piedi, mezza scatola di carne di cavallo era salata, e una pagnocca e poi ci mettiamo in viaggio per andare alla stazione non potete imaginare quanto confusione, quanti gridi di allegria ed io facevo le lagrime il mio cuore palpitava, pareva fino che avesse da uscire. Avevo la cassetta in spalla e un sacco a tracolla parevo un Re Magio che veniva dall’oriente.
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Per saperne di più si vedano il preambolo al libro leorugens.wordpress.com/2021/04/16/preambolo-a-ostaggi-ditalia-dario-borso/, un’intervista scritta www.lestroverso.it/1libroin5w-dario-borso-ostaggi-ditalia-exorma/?fbclid=IwAR0URCgiUT-dPts91kmE-3haHP48ywbl9bAmR_VIfOVMVKcBmVXyo56cy3I, e una parlata www.youtube.com/watch?v=mbpS2l0MgNI.
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