Ascensione. Intervista a Martin MacInnes
La fantascienza può essere vista come un genere stratificato. È possibile dare per scontato quasi tutto, oppure pochissimo, quando si scrive un’opera che appartiene a questo genere. Isaac Asimov nel suo Ciclo delle Fondazioni superava ogni incognita di carattere speculativo o tecnologico, per espandere su scala intergalattica un discorso sulla storia incentrato su questioni terrestri e piuttosto comuni, come la politica e la diplomazia. Anche Stanislaw Lem tendeva a dare la tecnologia per scontata: ma una volta raggiunti pianeti lontani come Solaris o Regis III, l’umanità si trovava a fronteggiare l’ignoto, e a fare i conti con i propri dubbi e le proprie debolezze. In Contact, Carl Sagan faceva esattamente il contrario: la tecnologia rappresentava un enigma e una conquista, ma le vicende venivano inquadrate in un contesto di internazionalismo e sotto la rassicurante lente di un confronto tra scienza e religione (un aspetto su cui, non a caso, insisteva molto l’adattamento di Zemeckis).
Si può scrivere fantascienza, però, anche senza dare per acquisito nulla; non la tecnologia, e nemmeno l’approccio alle grandi domande irresolute sull’origine della vita o sul nostro posto nell’universo. Si può scrivere fantascienza, cioè, non accontentandosi dello stupore e del coinvolgimento già impliciti, in questo genere, tanto nelle vicende narrate quanto nella scienza e nella tecnologia e nello “stato delle cose” che le rendono possibili; e facendo in modo che altro – un sentimento, un moto interiore, una sensazione – contribuisca ad alimentarli. È quel tipo di differenza per cui, avendo letto Solaris di Lem, è difficile non pensare che Soderbergh, più di Tarkovskij, abbia saputo comprendere il materiale di partenza; ed è l’idea di fantascienza che Martin MacInnes propone nel romanzo Ascensione – nella longlist del Booker Prize nel 2023, e vincitore del premio Arthur C. Clarke nel 2024 – da poco in libreria grazie a Sur, nella traduzione di Daniele A. Gewurz e Isabella Zani.
Uno dei personaggi di Ascensione a un certo punto dice: «Penso che la vita sulla Terra sia già più strana, molto più strana, di quanto crediamo. Forse è difficile affrontare davvero questa idea; di sicuro è difficile renderle giustizia». Ecco, “renderle giustizia” è esattamente quel che prova a fare MacInnes in questo romanzo. Quel senso di meraviglia tipico della fantascienza, insomma, non va necessariamente cercato in tecnologie mirabolanti e nelle profondità del cosmo, ma può essere trovato già qui, nel fatto di essere vivi e immersi nella vita e capaci di pensare sopra un gigantesco sasso lanciato a una velocità folle intorno a una stella destinata a renderlo prima o poi inadatto alla vita e infine a distruggerlo; questo sembra suggerire Ascensione. La protagonista, Leigh, alla fine nelle profondità del cosmo si avventurerà comunque, perché, come in Contact, qualcosa attirerà l’attenzione dell’umanità e la spingerà a partire; ma sarà una spedizione verso l’ignoto condotta senza conoscerne i mezzi, e tantomeno i fini; e portandosi dietro una quantità di domande rispetto alle quali il viaggio risulterà, al contempo, irrisolto e risolutivo. Di tutto questo ho parlato con l’autore.
Nell’introduzione a questa intervista ho parlato di fantascienza come genere stratificato, che può dare per scontate molte cose o nessuna, citando Asimov, Lem e Sagan; e a voler presentare Ascensione con una formula concisa, direi che somiglia a un “Contact di Sagan, se fosse stato scritto da Lem”. Che ne pensi?
Questa è una formula interessante. Non ho letto Asimov, ma considero molto Sagan e penso che Lem sia un genio. Nel Regno Unito, la gente in genere conosce Solaris e le raccolte più leggere come Il libro dei robot o Memorie di un viaggiatore spaziale. Ma i suoi veri capolavori, per me, sono libri incatalogabili come Grandezza immaginaria. Forse non è così evidente in Ascensione, ma i racconti del periodo intermedio di Ballard hanno avuto una grande influenza su di me, in un fase cruciale. E anche se non ha scritto fantascienza in nessun senso evidente, Virginia Woolf è un punto di riferimento.
Come nasce Ascensione? Qual è stata la scintilla, la prima idea da cui è scaturito tutto il resto?
Sono sempre stato interessato alla scala, a pensare al molto piccolo e al molto grande, dai batteri, per esempio, agli ecosistemi, e a come questo possa mostrare l’esperienza umana in modo nuovo. Lo stesso vale per il tempo: passare da una scala temporale umana di minuti e decenni ai microsecondi e alle ere geologiche. Queste prospettive possono intensificare piuttosto che ridurre l’esperienza. Quindi aveva senso scrivere in modo più esplicito di fantascienza, facendo in modo che la mia protagonista lasciasse il pianeta e lo guardasse dall’esterno. Ho pensato che potesse essere interessante. Allo stesso tempo, pensavo ai cicli, ai viaggi migratori, alle isole del medio Atlantico e alle bocche idrotermali sottomarine. Ci è voluto molto tempo per mettere insieme tutto, ma è questo il bello.
In Ascensione non c’è solo fantascienza, ma anche un racconto intimo della vita della protagonista. Come hai costruito questi due aspetti, e come li hai tenuti in equilibrio?
Era davvero importante puntare a questo. Parto sempre da idee e immagini, il personaggio e la voce vengono dopo. A circa un anno dalla prima stesura, avevo tracciato la trama principale e la struttura in quattro parti, ma la protagonista, Leigh, era abbozzata in modo piuttosto scarno. Poi sono tornato all’inizio, ho pensato di più a chi fosse esattamente, da dove venisse, e mi sono impegnato più a fondo sul suo personaggio. Non l’avevo mai fatto così apertamente nei miei romanzi precedenti, ma ho scoperto, forse con mia grande sorpresa, che era stimolante e alimentava davvero le parti più dichiaratamente fantascientifiche del romanzo.
È successo qualcosa di quasi simbiotico tra i due “filoni”, quello domestico e quello alieno, quello intimo e quello espansivo. Lavoravo su un aspetto per un po’ e poi iniziavo a desiderare l’altro, e viceversa. Più costruivo l’interiorità di Leigh, più avevo il permesso di essere audace e di impegnarmi in grandi idee e scenografie. E quanto più spettacolare diventava la fantascienza, tanto più era necessario guadagnarsela, quasi, attraverso la scrittura dei personaggi e la verosimiglianza. Volevo che fosse un romanzo “realista”, tradizionale, con la portata della fantascienza.
Il tuo è anche un romanzo di contraddizioni. Ci sono ricerca e voglia di scoperta, si accumulano tante domande, però Ascensione finisce senza dare molte risposte (pur risultando “concluso”, e credo faccia parte del suo fascino); e uno dei temi centrali è la connessione di tutte le cose con ogni altra, ma la protagonista passa la maggior parte del tempo in solitudine.
Hai ragione a dire che è un romanzo di ricerca, è questo che lo guida, e che guida tutta la mia scrittura, penso. Ma le risposte sono lì, in Ascensione, credo, anche se un po’ obliquamente. (In realtà ero preoccupato che fosse troppo chiaro alla fine. I miei romanzi precedenti sono molto più aperti.) Non ho intenzione di scrivere quel tipo di romanzo in cui tutto si conclude in modo esplicito, perché credo che sarebbe poco fedele alla mia esperienza della realtà – questo romanzo è probabilmente il massimo che riuscirò a fare in questo senso.
In tutto il libro c’è la sensazione che l’ossessione di Leigh per il mondo naturale, per gli ecosistemi e la biodiversità, e per la ricerca delle origini della vita, abbia un forte elemento psicologico – che qualcosa nella sua biografia la spinga, e in qualche modo ne sia responsabile. Per tutta la sua vita è stata socialmente isolata e distante, e forse la sua fede in una più ampia interconnessione sta compensando questa situazione.
Oltre alla fantascienza, poi, c’è tanta scienza, dalla biologia all’astronomia. Mi piacerebbe sapere quali parti derivano dalle tue conoscenze di lettore di fantascienza e di letteratura scientifica, se hai fatto ricerche specifiche, se queste fonti hanno cambiato il romanzo in corso d’opera.
Non sono sicuro che riuscirei a separare le varie cose: tutto è intricato e si sovrappone. Ho già citato Ballard e Lem; ho letto i libri di Iain M. Banks durante il lockdown e sono sicuro che un po’ di questo è filtrato nella scrittura. C’è una sorta di piacere estatico nel modo in cui i suoi libri spingono l’immaginazione sempre più in là. Nick Lane, Lynn Margulis, E. O. Wilson: leggevo loro e altri scrittori di scienza da molto tempo e sicuramente hanno influenzato il mio modo di pensare e di scrivere. Ho letto articoli della NASA e dell’ESA e molti pezzi sulla biologia marina, ma non credo che ci sia stata una ricerca specifica che abbia cambiato il libro nel corso della sua stesura. Il bello di scrivere sullo spazio profondo è che tutti gli scritti accademici al riguardo sono necessariamente speculativi: nessuno sa com’è e cosa potrebbe accadere. Questo è un dono per un romanziere.
Il cinema di fantascienza è in declino, e sempre più spesso prova a trovare spunti nella letteratura, quasi sempre con scarsi risultati: per me Annihilation di Alex Garland è così brutto da risultare praticamente offensivo nei confronti di Jeff VanderMeer; e Arrival di Dennis Villeneuve in due ore non si avvicina neanche alla profondità raggiunta da Ted Chiang nello spazio concesso da una short story. Credi che Ascensione abbia il potenziale per finire sullo schermo? E per uno scrittore, secondo te, è più lusinghiero o deludente vedere un adattamento non riuscire a essere almeno alla pari con il libro da cui è tratto?
Questo è un po’ troppo severo! Ho trovato il film di Garland visivamente bellissimo, un’interessante risposta al libro di partenza piuttosto che un semplice adattamento. (Anche Sunshine – che non ha diretto ma scritto, ovviamente – è stata un’esperienza cinematografica memorabile.) E penso che Arrival sia un film brillante, totalmente immersivo ed emotivamente coinvolgente. Le storie di Chiang sono fantastiche, ma non credo sia giusto paragonarle: bisogna tenerle separate. Prendiamo Under the Skin o 2001: risposte totalmente radicali e brillanti ai testi di partenza (e in genere molto più acclamate dalla critica). È questo il genere di cose che mi interessa davvero nell’adattamento: la differenza, e un’ambizione specifica.
In questo momento è in corso la stesura di una sceneggiatura di Ascensione – ho incontrato lo sceneggiatore, ma avevo ben chiaro che non volevo essere coinvolto troppo da vicino. È bravissimo in quello che fa e mi fido ciecamente di lui. Stavamo parlando dell’incipit del romanzo, che è scritto con la voce di Leigh, e il suo modo di rendere quell’incipit è davvero mozzafiato. Io non sarei mai riuscito a trovare un’idea del genere, perché non capisco i media visivi come lui.
Mi piacerebbe che il film andasse in produzione, ovviamente. Il cinema è una forma così potente, per il modo in cui ti cattura e ti trattiene – c’è il potenziale per un adattamento che sfrutti questo aspetto e faccia qualcosa di davvero straordinario. E il cinema raggiunge molte più persone di quanto non facciano i romanzi: il mio libro ha avuto molto più successo di quanto avrei mai potuto sognare, ma se uscisse il film lo vedrebbero più persone in un giorno di quante lo abbiano letto negli anni precedenti.
Per finire: questo è il tuo primo libro pubblicato in Italia. Cosa ci siamo persi, finora? Ci sono legami tra Infinite Ground e Gathering Evidence e questo tuo ultimo romanzo? E cosa ci possiamo aspettare in futuro? Quanto ti consideri un autore di fantascienza?
Ci sono molti collegamenti tematici. Infinite Ground parla di un’indagine su una persona scomparsa, un impiegato che sembra essere stato assorbito dal mondo naturale; Gathering Evidence parla di IA, primati e della minaccia di estinzione a livello familiare, di specie e planetario. Come Ascensione, si tratta di storie che riguardano il posto dell’umanità nel mondo naturale e il nostro desiderio (a volte distruttivo) di comprensione, e che sono guidate da domande impegnative.
Sono a circa due terzi della prima stesura del mio prossimo romanzo. A volte è stato lento, con interruzioni inaspettate, e alterno sconforto ed euforia, il che è abbastanza normale per una prima stesura, secondo la mia esperienza. Sono un autore di fantascienza secondo la mia particolare concezione del genere, che è più ampia ed elastica di quanto piacerebbe a molti appassionati di fantascienza. Se scrivessi un romanzo familiare, vorrei comunque dargli un senso planetario e cosmico. Non posso scrivere in altro modo.
Gilles Nicoli è nato a Roma sette giorni prima che Julio Cortázar morisse a Parigi. Scrive soprattutto di libri, cinema e videogiochi.
Bella intervista! Prenderò questo libro certamente