Del paesaggio e della riviera: la ventisettesima edizione del Riccione TTV Festival rende omaggio a Pier Vittorio Tondelli e alla sua “spiaggia”

“Tondelli esalta il mare d’inverno, dove la spiaggia di Romagna si converte in qualcosa di esistenziale che sta tra il «deserto nordafricano» e l’inquietudine «in riva all’oceano, nel Maryland o nel Delaware». E bastona «i nostri scrittori, democratici e pop» che «preferiscono altre mete. Si turano il naso: Riccione? Per l’amor di Dio! Rimini? Basta, basta! E non hanno mai messo piede su questa spiaggia». A questo punto, Tondelli, che adorava «la carnevalata estiva della riviera romagnola (…), un luogo del kitsch strapaesano e provinciale, caotico e assurdo», si mette in testa di sovvertire i canoni della letteratura vacanziera. Vuole «tracciare una storia letteraria della riviera adriatica che nulla ha da invidiare a quella di Viareggio così ricca di premi, presenze e pagine prestigiose»”.
(dagli appunti dattiloscritti consultati per gentile concessione dell’Associazione Riccione Teatro).

Davide Brullo, in un articolo riguardo al paesaggio della riviera romagnola, uscito ne Il giornale nel 2017, esemplifica perfettamente il momento in cui Pier Vittorio Tondelli fece un’operazione di cambiamento radicale degli immaginari. In netta controtendenza con una tradizione di gusto che relegava la spiaggia adriatica ad una sorta di versione deficitaria di quella tirrenica e di altri mari di culto, come Genova e Capri, decise di rompere con un’immagine canonica oramai irrigidita in se stessa, o altrimenti mai descritta con dovizia, con statuto di dignità, relegata ad una invisibilità per eccesso di alternative apparentemente più attrattive.

Tondelli affronta de visu il tema della Riviera nel suo saggio Cabine! Cabine!, nel quale offre un campionario degno di un filologo la tradizione di questo paesaggio naturale/esistenziale, ritorna sull’argomento rendendo omaggio alla complessità del paesaggio della riviera, a sua volta esaltato nel tributo, tra kitsch e sublime, del suo romanzo Rimini:

Un aspetto che colpisce nelle rappresentazioni marine degli autori di cui abbiamo finora parlato (della Riviera, come Panzini, Oriani, Moretti, ndr) – si tratti di imprese guerresche, di battaglie, come di naufragi o di battute di pesca – è luso abbondante di immagini terrestri, se non addirittura contadine. Attraverso luso di metafore e similitudini, il madre Adriatico pare un prolungamento della campagna romagnola. C’è una continuità fra la terra e lacqua, rintracciabile non solamente in espressioni di uso comune, ma in sensazioni e immagini ben più interessanti:

Ora il mare, aperto davanti a me, mi pare una strada la quale conduca in giro per tutto il mondo” (Panzini).

Un luogo da cui parte e ritorna ogni direzione ed evento, nel puro aperto come nel puro chiuso: Alfredo Panzini, Mario Moretti, il gruppo dei poeti de “Sul porto” (Ferruccio Benzoni, Stefano Simoncelli) ritraggono da testimoni ed abitanti della riviera, suoi cantori, una possibile infinità di variazione, che contraddice il costante ed estremamente stereotipato modello da cartolina, il carnevalesco estivo come il suo grigio crepuscolarismo autunnale, assorbendo dimensioni solo apparentemente opposte:

Ti immagino sui dispersi sentieri di sabbia/ che, invece di avanzare, indietreggiano/ diventando sponda di canale, chiusa/ o porta vinciana che è ormai l’alba/ e urla da non so quale faro la sirena/ che annuncia l’acqua alta e mi sveglia (Stefano Simoncelli)

Come questi versi sonnambolici esemplificano, ci troviamo di fronte ad una frontiera perpetua sul mondo, tra mondi, una stazione che esalta il periferico sul centrale, in cui vi si trova un’inedita convergenza tra vita e morte, tra fisicità sensoriale ed evanescenza spirituale, tra la spiaggia come invasione di corpi e la riga scheletrica del mare che ci osserva come portale metafisico, sbarramento, soglia.

È a questo paesaggio che si è rivolta la ventisettesima edizione del Riccione TTV Festival – progetto promosso da Riccione Teatro in collaborazione con il Comune di Riccione – Romagna per la direzione artistica di Simone Bruscia  e in programma dal 30 agosto allo scorso 30 ottobre.

Tra gli omaggi di questa edizione – che ha visto protagonisti, tra gli altri, Toni Servillo, Marco D’Agostin, Lucia Calamaro e Licia Lanaera – è stato dedicato un importante focus intorno alla figura di Pier Vittorio Tondelli e a quello specifico cosmo chiamato Riviera, quasi un diorama mentale che accomuna una serie di scritture – quella tondelliana per l’appunto – ad un immaginario fotografico che ha la sua scenografia principale in questi precisi luoghi.

Un quadro generale in parole e immagini di una zona che pare essere tanto un centro vacanziero, quanto una terra di confine. Il poeta romagnolo Ferruccio Benzoni la chiamava “un piancito di scaglie di mare”: un luogo con un mare pavimentato. Un umore e colore del mare in minore, che gioca tanto sul tenue riverbero della sua lateralità, che sul paradosso della sua satura opulenza ha caratterizzato un immaginario collettivo, l’idea stessa del cosa sia “balneare”.

A coniugarsi con la scrittura le opere di Massimo Vitali, Yuri Ancarani, Claude Nori e Luigi Ghirri, come un grande murales commissionato dal Comune di Riccione a uno dei più celebri disegnatori italiani, Alessandro Baronciani, che a sua volta lega la scrittura di Pier Vittorio Tondelli ad uno dei suoi luoghi dell’anima. Del resto, è stato proprio Tondelli colui che raccontato ed esaltato, più di chiunque altro, la Riviera romagnola, elevandola a mito quanto allo stesso tempo decantandone tutta la complessa contro-mitologia che le appartiene: i suoi doppi fondi, i suoi chiaroscuri, con frasi materiche, a campitura di colore intenso. l’ironia sprezzante verso una immagine della costa adriatica che era falsata da molteplici disattenzioni, o da clichè che era bene portare all’estremo per manifestarne il rovescio e la sua essenza.

Per la spiaggia libera di piazzale San Martino, Baronciani ha realizzato una serie di grandi pannelli liberamente ispirati alle opere in cui Tondelli ha raccontato la Riviera: l’indimenticato romanzo Rimini, ma anche alcuni scritti pubblicati nell’antologia Un weekend postmoderno, sulla rivista «Rockstar» e nel catalogo della mostra Ricordando fascinosa Riccione, una mostra antologica del 1990, in cui Tondelli si impegnò a dare con rigore e sorpresa un omaggio alla città, alla naturale variazione che questo paesaggio imponeva nella memoria di chi lo ha cantato, scritto, pensato, vissuto, subito o esaltato.

In una striscia a fumetti, vengono condensate le atmosfere tondelliane e l’attrazione esercitata sullo scrittore di Correggio dall’aspetto sempre mutevole della Riviera: da un lato la frenesia solare, elettrica della canicola estiva, dall’altro la brumosa inquietudine sottile di tutti i suoi “fuori stagione”.

Sin dal titolo, l’installazione (il progetto di arte urbana sulla spiaggia è promosso da Riccione Teatro e Geat in collaborazione con Comune di Riccione) ricongiunge idealmente la spiaggia allo Spazio Tondelli, il teatro di Riccione, su cui Baronciani nel 2016 ha disegnato un gigantesco murale dedicato all’immaginario di Riccione, a Tondelli, alla magia congegnata nella pratica teatrale.

SULLA SPIAGGIA NELLO SPAZIO

Storia a fumetti di Alessandro Baronciani

Il primo ricordo che ho di Alessandro Baronciani legato al TTV è una fredda primavera del 2016 e il muro esterno di un luogo in divenire, il futuro Spazio Tondelli. L’immagine di una ragazza obliqua e fluttuante e tra i capelli la scritta “Senza temere l’utopia”. Com’è nata quell’opera e, più in generale, la collaborazione con il TTV?

Nel 2016 il comune di Riccione e Simone Bruscia (direttore artistico del TTV dal 2010, nda), mi hanno chiamato a partecipare ad una riunione. In un primo momento non avevo capito di che dimensioni dovesse essere il murale che mi avevano commissionato. Solo in un secondo momento ho realizzato quanto sarebbe stata grande l’opera. Non avevo capito che desiderassero una cosa mia, che la si volesse per sempre. (sorride). La consapevolezza è arrivata durante questa riunione fiume in cui abbiamo cominciato a fare emergere idee su idee, sul come, su cosa fare e non fare su questa parete: ero comunque convinto che fosse un’opera temporanea e invece si è trasformata nel mio primo disegno a tempo indeterminato per un comune.

L’idea era quella di richiamare nel cappotto di Tondelli tutti quegli oggetti che hanno reso famosa Riccione: la perla dell’Adriatico, il libro di Tondelli Senza temere l’utopia, che era uno scritto inerente la sua biografia, la piramide del Cocoricò, che è un triangolo, una piramide messa all’interno di questo cappotto come se contenesse tutti gli oggetti della storia moderna di Riccione. Dunque il faticoso processo di costruire questa immagine per la prima volta, essendovi costruita anche una impalcatura per disegnare, fatto a me inedito, una vera e propria prima volta proprio come modalità di lavoro.

A tratti, avevo un poco paura a salire su quell’impalcatura, su quelle piccole scale. La conclusione di questo festival è avvenuta con il “Concerto disegnato”, in collaborazione con Colapesce, che apriva il TTV del 2016. Sono letteralmente sceso allora dall’impalcatura per conseguentemente entrare a teatro. Fu bellissimo: un sold out, la gente che aspettava fuori da tempo… Quindi, il pensiero di avere un’opera in giro per questa città è stato emozionante.

In occasione della 27esima edizione del premio Riccione hai realizzato un’opera diffusa: “Sulla Spiaggia nello spazio”. 

“Sulla Spiaggia nello spazio” è un’installazione che si trova sulla spiaggia di Riccione. Gira intorno a questo edificio malmesso che aveva bisogno di una protezione. Doveva richiamare l’attenzione sullo Spazio Tondelli che in questo momento è in ricostruzione, in ampliamento. Mentre aspettiamo che lo spazio Tondelli torni alla città, mi era venuto in mente di costruire questo tempo infinito che passa da stagione a stagione, con una ragazza che cammina sulla spiaggia nei vari momenti dell’anno. Sotto la neve, sotto la pioggia, d’estate, a primavera.

Le storie che accadono attorno a questa ragazza, gli amanti, la gente che fa festa, i bambini che giocano, sono tutti momenti differenti della vita di Riccione. La quale è a sua volta la vita della Riviera, la vita che trovi in tutto l’Adriatico, da Venezia fino a Santa Maria di Leuca.

La spiaggia non è soltanto uno spazio per l’estate. La spiaggia è un posto indefinito, che ti porta subito nello spazio se ci vai una mattina in inverno. È la cosa più metafisica che puoi incontrare, in pochi passi, in cinque minuti in bicicletta. Già con questi semplici mezzi, puoi trovarti in uno spazio fuori dalla realtà, quasi lunare… negli scritti di Tondelli si nota che egli avesse capito ed intuito questo. Parlava della spiaggia di Riccione in particolare come un luogo surreale, con questi giochi infiniti per i bambini, che d’inverno diventano non luoghi, non praticabili, un po’ per il freddo, un po’ perché sono chiusi: i castelli o gli spogliatoi dei bagnini.

Diventano come delle piccole case, degli oggetti indefiniti. Mi viene sempre in mente a riguardo De Chirico, quando nel suo saggio sulla metafisica parla di cosa succede ad una persona che perde la memoria, che entra in una stanza e si trova di fronte ad una struttura quadrata, fatta di sbarre, in cui si trova dentro un animale con piume ed ali… e non capisce che quella è una gabbia per un canarino.

Questo accade durante l’inverno, o durante la primavera, quando questi oggetti non hanno quella funzione per cui sono costruiti. Se pensi anche ai mezzi di comunicazione contemporanei, come whatsapp o la messaggistica istantanea, al loro andare oltre la semplice funzione, a tratti mi sento come un oggetto costruito, che quando non disegna si sente come una spiaggia in un mese in cui non si va al mare. 

Dunque la riviera romagnola più che un luogo uno stato mentale.  

Effettivamente è uno stato mentale quando non finisce per ridursi a mero luogo di intrattenimento. Cosa diventa un parco giochi chiuso, un giardino pubblico dove non puoi entrare? L’aquafan d’inverno (sorride). Aquafan con la neve!

È strano, è come se nel momento in cui la Riviera viene congelata dall’inverno diventi appunto uno stato mentale. 

Com’è stato tradurre – e sintetizzare – in immagini opere quali “Rimini,” “Un weekend postmoderno” e il catalogo “Ricordando fascinosa Riccione”? 

L’idea è nata nel corso della costruzione a fumetti di una storia liberamente tratta dagli scritti di Tondelli di Un weekend postmoderno: articoli poi raccolti in questo libro.

Insieme a Simone Bruscia e al comune di Riccione, allo Spazio Tondelli, abbiamo trovato delle parti più caratterizzanti in cui emergono le cose che Tondelli più amava di Riccione. La mia idea era quella di ricreare una sorta di viaggio nelle stagioni di Riccione, per ricordare alle persone che vengono d’estate che esiste una Riccione d’inverno. Il TTV è uno degli appuntamenti più importanti della stagione invernale, chiamata dai manifesti di quest’anno della città “la bella stagione”. Effettivamente cosa fa la cultura a Riccione durante l’inverno. Anche la cultura è uno stato mentale, un po’ come la Riviera.

Quindi ho voluto sposare il linguaggio del fumetto, per il suo essere sequenziale, con le immagini che vanno avanti nel tempo, che ad un certo punto ritornano inesorabilmente da capo come un ciclo infinito di spiagge: estate, autunno, primavera, inverno. Poi di nuovo, e ciclicamente, nello stesso procedere, sebbene, come sai… le stagioni non sono più quelle di una volta. 

Tu sei di Pesaro. Qual è il tuo rapporto con la riviera romagnola? 

La Romagna per me è sempre stato un posto pericoloso, o almeno ci avevano voluto insegnare questo.

Soprattutto per la mia generazione che era uscita prima con lo spavento della droga, poi con lo spavento dell’aids. Poi noi, che eravamo una città di confine, avevamo moltissima paura delle stragi del sabato sera, i ragazzi che tornavano dalla discoteca e schiantandosi morivano lungo la statale. Ho avuto anche amici più grandi, morti in questi ritorni di cui ti dicevo. Quindi quando è venuto il mio momento, da diciottenne, di uscire la sera ed andare in discoteca, questa cosa veniva percepita dai miei genitori con preoccupazione.

In realtà il “divertimentificio”, le discoteche, il mondo underground era bello, non dico fosse in se proibito, ma sortiva un certo brivido di inquietudine. Il notturno, come nelle foto di Marco Pesaresi, resta un’incertezza, non sai nella notte cosa possa succedere ad un certo punto… Può succedere l’infinito, o ti puoi annoiare altrettanto in modo infinito.

Io ho sempre ascoltato musica alternativa, quindi da Cattolica fino a Rimini le discoteche che mettevano musica alternativa erano numerosissime: Il Velvet, lo Slego. C’erano il Boulevard a Cattolica, poi un altro che negli anni ottanta si chiamava Aleph e faceva dei concerti wave con ospiti incredibili: persino gli Ultravox vennero a suonarci. Gli Ultravox a Cattolica.

Il mio timore verso la Romagna, e allo stesso tempo la voglia di conoscerla, era quasi pari della paura di non tornare più. Nel giro di vent’anni le cose cambiarono profondamente: Il Cocoricò chiuse per un lungo tempo e la stessa sorte toccò alle discoteche intorno alle Colline di Riccione. È stato scritto un bellissimo libro sulle discoteche abbandonate che ti consiglio: “Disco mute. Le discoteche abbandonate d’Italia (a cura di Alessandro Tesei e Davide Calloni, ed. Magenes). 

Il tuo lavoro da fumettista ha sempre avuto un forte legame con la musica, nella stessa misura in cui la letteratura di Pier Vittorio Tondelli andava di pari passo con i suoi ascolti musicali. Un tuo ricordo, se c’è, legato alla figura di Tondelli. E una canzone, o anche più canzoni, che associ a quel luogo preciso.

Personalmente, faccio fatica a distinguere i racconti di Altri libertini dalle storie a fumetti di Pazienza. I temi erano quelli, le droghe erano quelle, Bologna era quella. Quindi per me che sono cresciuto a pane e fumetti il mio Tondelli è stato Pazienza per le storie e contorni che mi ritornavano. Io ed i miei amici lo leggevamo a ricreazione a scuola. Dunque quando leggo Tondell mi viene in mente per associazione di immagini Pazienza.

Fatta eccezione per Rimini, che è la dimensione della Riviera adriatica che poi rivedo negli altri scritti: quel posto senza fine.

La riviera romagnola raccontata da Tondelli è un paesaggio affollato, ma anche “fuori stagione”, che è poi l’emblema della dimensione della periferia. In diversi tuoi lavori, anche come co-autore, penso a “La distanza” (Bao Publishing), affronti questo tema. 

Quest’anno al TTV è stata allestita la mostra fotografica “Anemoia”, in cui erano esposte opere di Ghirri, Vitali, Nori, tanti altri fotografi. Penso che questa esposizione abbia reso più chiaro il concetto di estate riccionese. Un luogo in cui i fotografi invece di fotografare i monumenti fotografano le persone, quindi diventano i turisti stessi i protagonisti della città. Le persone diventano il paesaggio.

Prima citavo Marco Pesaresi, un fotografo che amo molto. “Underground” (Danilo Montanari editore) è uno dei suoi progetti più belli: un lungo e dettagliato reportage sulle metropolitane del mondo, il giro del mondo sottoterra. Immagina di intraprendere un viaggio con questo treno, in questo vagone sotterraneo, e girare tutto il mondo attraverso la metro. L’assenza di un luogo in cui tu riconosci una città, la Tour Eiffel se sei a Parigi, i grattacieli di New York… In assenza di vedere dei luoghi specifici sono le persone stesse a trasmetterti il luogo, il posto, il “dove sei”. Questo è incredibile: capisci di essere in India dagli sguardi, dai colori, dal calore della pellicola fotografica.

Per capire Riccione, questa sorta di stato mentale, bisognerebbe capire non solo le persone che ci vivono, ma anche quelle che vengono qui per trovare una loro dimensione. Tondelli per primo.

 

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