“Fame d’aria” di Daniele Mencarelli racconta cosa significa essere genitori di figli autistici in Italia

di Giuseppe Nibali 

È da poco uscito il nuovo romanzo di Daniele Mencarelli, poeta e scrittore italiano fresco del successo della serie tv Netflix Tutto chiede salvezza e ispirata all’omonimo romanzo vincitore due anni fa del Premio Strega Giovani. Fame d’aria (Mondadori, 2023), racconta la storia di Pietro e del viaggio a bordo della sua Golf scassata e vecchissima che lo abbandona vicino a Sant’Anna del Sannio, microscopico paese incontrato lungo il tragitto che lo dovrebbe condurre fino a Marina di Ginosa, dove si è dato appuntamento con la moglie Bianca per festeggiare il loro anniversario di matrimonio. Questa è la storia che racconta mentre è in paese per ricevere assistenza meccanica. Ma con Pietro, accantonato nel sedile del passeggero, c’è suo figlio Jacopo, lo “scondro”, un ragazzo di diciotto anni affetto da autismo a basso funzionamento, come suo padre deve sempre spiegare nel canovaccio ripetuto e ripetitivo che ha imparato a memoria e che utilizza con tutti gli estranei, raccontando che il figlio «non parla, non sa fare nulla, si piscia e caca addosso».

Mencarelli è un autore dai temi forti: il TSO; l’Ospedale Bambino Gesù e adesso l’autismo, spina dorsale del testo. È ancora difficile, soprattutto in Italia, parlare con cognizione di causa di autismo, anche perché i disturbi dello spettro autistico sono un gruppo molto ampio di problemi legato al neurosviluppo tra i quali è difficilissimo districarsi. La maggior parte dei soggetti autistici hanno deficit nella comunicazione e tendono ad avere un livello di interazione sociale molto scarso.

Sono diverse le caratteristiche e le sintomatologie che si accompagnano al disturbo e possono essere variabili nel tempo. Nelle forme più gravi i soggetti autistici presentano marcate difficoltà nell’interazione, nella socialità e nel gioco. Ne risente il linguaggio verbale che è spesso fuori fuoco o fuori contesto rispetto ai coetanei e agli ambienti non noti, e che può sfociare nel mutismo.

Le persone affette da autismo prediligono la ripetizione e la reiterazione del già noto. Al deficit dell’area della comunicazione sociale, che coinvolge il linguaggio verbale e non verbale, si associa anche il deficit dell’immaginazione ossia una seria ripetitiva di gesti e attività che scoraggia i soggetti interessati a indagarne di nuovi.

Il grave disturbo di Jacopo viene mostrato fin dalle prime pagine, quando appare, appare non un giovane uomo o un ragazzo, «ma una figura umana» che solo, con il busto, «dondola avanti e indietro». Sembra un essere umano, «soltanto, lui è come vuoto. Un corpo vuoto, dondolante». Accanto c’è il dolore del padre, la disperazione, i debiti, la totale mancanza di assistenza familiare e statale, che lo rendono triste, precocemente vecchio, consumato dalla sconfitta.

Pietro, il padre, è ben trattato da Mencarelli, è un personaggio spesso, pensato, sapidissimo, anche solo per contrasto con la commovente inermità del figlio. Nasconde una grande vitalità sotto i tratti precocemente abbrutiti dalla stanchezza, conserva una nostalgia della vita in aperto contrasto con la sua condizione di badante perenne e di accompagnatore. A invadere il suo dolore ci saranno poi tutti i partecipanti del presepe che è S. Anna del Sannio, ognuno dentro e fuori la propria funzione di figurante: il meccanico che sistemerà la Golf non è solo un meccanico, così la proprietaria della ex pensione che li ospita o la barista/psicologa. Fatta esclusione per il sindaco (pepponesco personaggio di colore) tutto il rumore del romanzo direziona la narrazione verso il suo epilogo drammatico.

Quando Jacopo è nato andava tutto bene, poi sono arrivati i problemi, le visite una dopo l’altra fino alla discesa, un tanto al giorno, di «una tenebra più fitta della morte» e adesso «Jacopo non è niente», è diventato «Lo Scondro», un mostro, «il neppure infelice». Ma il calvario di Pietro e Bianca non è un caso isolato, sono sconfortanti i dati che riguardano l’incidenza dell’autismo nei paesi occidentali, si parla di circa un bambino autistico ogni cinquantaquattro tra gli ottenni statunitensi, la stima, se parliamo dei bambini italiani della stessa età, scende a un bambino su settantasette. In entrambi i casi i maschi presentano una percentuale maggiore, si stima che siano 4,4 volte maggiori rispetto alle femmine.

Al netto delle difficoltà diagnostiche possiamo pensare, per l’Italia, a 300/500 mila persone affette da autismo. «I genitori dei figli sani non sanno niente», pensa Pietro mentre continuamente nel corso della narrazione toglie e mette al figlio pannoloni e vestiti, mentre lo imbocca una, due, tre volte, fino a che non parte automaticamente. È un miracolo, si dice, avere un figlio normale e non conoscere il dolore della malattia, la sua continua personificazione, quella attorno cui si accartoccia il perenne destino del protagonista di questo libro, disperato, arrabbiato perché «il cuore di suo figlio se l’è preso l’autismo a basso funzionamento».

Riferimenti bibliografici:

https://www.truenumbers.it/autismo-vaccini/

http://angsa.it/autismo/spettro-autistico/

https://osservatorionazionaleautismo.iss.it/

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