In direzione ostinata e contraria

di Dario Borso

Ho letto questo bel libro scritto dallo storico Lorenzo Pezzica e illustrato dal pittore Pietro Spica in seconde bozze, e mi aveva colpito che il capitoletto su Durruti finisse con una citazione da Hans Magnus Enzensberger, La breve estate dell’anarchia. Vita e morte di Buenaventura Durruti. Tradotto per Feltrinelli nel 1973, Pietro infatti lo teneva con sé l’anno dopo nel suo viaggio in India (che fu anche nostro perché lì c’incontrammo, e lì me lo passò). Lo aveva appena utilizzato nella sua tesi di laurea sulla Rivoluzione spagnola, e fu per sempre il suo libro del cuore.

Enzensberger, tra le tante testimonianze, non era ricorso a quella di Karl Einstein, scrittore d’avanguardia e scopritore a inizio Novecento della cosiddetta “arte negra” che tanto influenzò scultura e pittura di quel periodo, ma soprattutto membro della Colonna Durruti, e più precisamente il membro incaricato di tenere parlare al funerale di Durruti, svoltosi a Barcellona il 22 novembre 1936.

Ho scoperto l’omissione poco prima di leggere le bozze solo perché sto studiando Einstein; così ho scritto a Pietro, chiedendogli se era al corrente della cosa e allegando l’elogio funebre.

Stranamente non mi ha risposto subito, né più mi risponderà: purtroppo è morto, di una malattia che fino all’ultimo non gli fece perdere la sua proverbiale vitalità, con la quale fece quasi dimenticare agli amici quanto stava soffrendo.

L’elogio fa così:

 Durruti, quest’uomo straordinariamente obiettivo e preciso, non parlava mai di sé stesso, della sua persona. Aveva bandito dalla grammatica la parola “io”, questo termine preistorico.

Nella colonna Durruti, non si conosce che la sintassi collettiva. I compagni insegneranno agli scrittori a cambiare la grammatica per renderla collettiva. Durruti aveva avuto l’intuizione profonda della forza anonima del lavoro. Anonimato e comunismo non fanno che una sola cosa.

Il compagno Durruti viveva ad anni luce da tutta questa vanità da protagonisti di sinistra. Viveva con i compagni, lottava come compagno. La sua radiosità era il modello che ci animava.

La base della nostra colonna, è la nostra reciproca fiducia e la nostra collaborazione volontaria. Il feticismo del comando, la fabbricazione di celebrità, lasciamole ai fascisti.

 Riflettendo: anarchia inizia e termina con A come amicizia; e il resto non sarà tutto fascismo, ma in buona parte purtroppo sì.

Qui qualcuno dei suoi quadri www.pietrospica.com, e qui qualcosa delle nostre vite www.youtube.com/watch?v=Oj5ihXkUCSE&t=6s.

 

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