La svolta quantitativa spiegata a mio figlio. A proposito di ‘Falso movimento’ di Franco Moretti
di Danilo Soscia
Avrai visto sugli scaffali della nostra libreria tutti quei volumi dalle coste consumate. Semmai tu li avessi sfogliati, avrai scoperto le loro tavole, le mappe di luoghi remoti, le sagome dei vulcani, uccelli e fiori esotici, disposti come una costellazione dentro la medesima pagina. Forse, se questo gioco ti è piaciuto, avrai sbirciato i nomi dei loro autori. Lazzaro Spallanzani, Benjamin Franklin, Alexander von Humbolt, Charles Darwin… Questi uomini, che sono stati grandi esploratori, naturalisti, ma anche eccellenti scrittori, nel corso dei loro viaggi intendevano comprendere essenzialmente due cose: quale relazione esistesse tra organismi simili eppure così diversi nell’aspetto; quali fossero le cause remote di quella diversità. E nel fare questo avevano intuito – qualcuno di loro lo illustrò anche in modo convincente – che quelli uccelli, quei fiori, sarebbero esistiti anche al di là di raffinate classificazioni. Aver individuato e descritto le loro peculiarità non condizionava tanto la loro vita, quanto quella di coloro che li osservavano. Mi capita di pensare che i libri, e le storie che in varia forma conservano, assomiglino un poco a quelli organismi. E che gli studiosi di letteratura, talvolta, siano animati dalla stessa esigenza che muoveva i naturalisti dei secoli trascorsi: mettere insieme nella differenza, descrivere il meccanismo di fondo, trovare il giusto punto di osservazione affinché un fenomeno si mostri esplicito, cristallino.
Potresti obiettare che i racconti, i romanzi, le nostre amatissime tragedie, dipendano dagli esseri umani che li hanno creati. Potresti obiettare che fiori, uccelli, e tutti gli animali del mondo conducono, in ogni caso, una vita a sé, e che quindi le due cose non siano facilmente paragonabili. Siamo certi che sia così? Siamo certi che, al di là del suo autore, un’opera letteraria non abbia una vita propria, che non sia espressione di un sistema complesso di cause, privo di un centro ma in continua mutazione, come uno sciame di api o una nuvola di elettroni? Uomini e letteratura appartengono allo stesso mondo e per questo, forse, sono soggetti alle medesime regole, passibili entrambi di uguale lettura. E così torniamo ai nostri esploratori di un tempo. Cosa intravedevano nell’inesauribile varietà di organismi che incontravano lungo il loro cammino? Azzardiamo una risposta: sempre la stessa cosa, ma con una forma diversa. Qualcuno di loro, con pazienza, cercava di ricostruire la catena degli eventi che avevano determinato quella diversità, su su fino a quando la conoscenza gli imponeva un limite, un confine. Lo faceva misurando l’anatomia di centinaia di esemplari, paragonando, sottraendo costanti e varianti. Chi ne era l’autore, l’artefice originario? Domanda dalle molte risposte.
Sappiamo invece, quasi sempre, chi sia l’autore di un’opera letteraria. Quale sia stata la sua vita, il suo contesto, le esperienze personali che ha vissuto. Poi però le sue pagine sono precipitate nel flusso degli eventi, una spora che si è suddivisa in altre spore ed è fiorita in molte terre. Si è conservata, adattata, ma soprattutto ha vissuto e continua a vivere nel mezzo di altri esemplari. Sta nel mondo, e negare che il contenuto di quelle pagine sia misurabile e quantificabile – come le penna di un uccello o i petali di un fiore – è come negare la sua natura biologica. Negare che il suo essere organismo sia naturalmente inserito in un sistema di altri organismi uguali e diversi, significa assegnarle una natura ulteriore, altra dalla nostra. Come a dire che è metafisica. Ti pare possibile?
***
Chi scrive non ha ancora figli. Tuttavia la lettura di ‘Falso movimento’ ha innescato la necessità di mettersi immediatamente in contatto con la parte di sé discente, curiosa, che manca magari di esperienza, ma che è pronta ad accogliere anche ciò che non comprende in maniera immediata. Il proprio figlio interiore. E così è stato. Al di là del suo essere compendio – per nuclei, per ‘casi di studio’ – di un’intera stagione di esplorazioni nelle terre molto spesso ostili della critica letteraria, quest’ultimo contributo di Franco Moretti suona a tratti come un diario di viaggio, con il suo consuntivo, le passioni sottaciute, le delusioni contingenti, ma soprattutto la speranza. La stessa, appunto, che mi sembra di scorgere tra le pagine di molti innovatori che per ragioni di tempo non hanno potuto godere appieno della rivoluzione da loro innescata.
Le tecniche, le premesse teoriche, ma soprattutto il racconto del lavoro sono i veri protagonisti della narrazione di Moretti. Ma quello che echeggia al fondo di tutto, è un radicale, epocale cambio di passo. Provare a dimostrare che la letteratura sia un fenomeno pienamente organico significa sottrarne lo studio dalla tirannia delle élite. Accettare che il singolo individuo sia solo l’innesco del processo letterario, comprendere tra gli strumenti critici la geografia, le leggi naturali, e così la logica, la statistica, l’informatica, significa sottrarre il significato di un’opera all’egemonia di un gruppo di potere, di una classe dominante, di un tipo umano.
Psicoanalisi, formalismo, strutturalismo si sono contesi la palma di codice unico, come se l’opera letteraria fosse – a seconda – emanazione esclusiva di questa o quell’altra istanza dell’essere umano. Come a dire che quella medesima istanza (l’Inconscio, la Forma, Il Modello assoluto) sia paragonabile a un dio creatore del senso, che lo plasma a sua somiglianza. La grande lezione che colgo – uno scrittore può forse derogare alle diplomazie di scuola – è che l’orizzonte pronosticato, coltivato, da Moretti sia invece l’istituzione di un codice aperto, comprensibile a tutti, perché capace di mettere in luce la continuità che esiste tra l’uomo – qualunque uomo, in qualunque luogo del mondo – e le sue opere, forse non solo quelle letterarie. E lo fa con la fermezza mobile di chi ha accumulato esperienza, senza rinunciare alla malinconia per gli obiettivi mancati, per i ‘falsi movimenti’. Senza rinunciare alla speranza di un nuovo inizio.