
di Simone Bachechi
Berggasse 19, uno degli indirizzi iconici del turismo culturale mondiale moderno come può esserlo quello che può portare lettori, studiosi o semplici curiosi a visitare le dimore in gran parte riadattate a musei dove hanno vissuto i grandi delle lettere, delle arti o delle scienze. Se ne potrebbero citare a decine e in epoca internet, termine che in tempi di intelligenza artificiale sembra essere già superato e evocare lontane ere geologiche, si possono trovare innumerevoli siti che fanno da mappa per le diverse inclinazioni dei visitatori. Ognuno potrebbe scegliere a seconda dei propri amori letterari, artistici o scientifici che siano. Si potrebbe così spaziare da casa Leopardi a Recanati fino alla casa museo e giardino di Monet a Giverny, o magari trovarsi proprio a Vienna, di fronte a casa Freud dove il padre della psicoanalisi ha vissuto dal 1891 al 1938 con la famiglia, edificio adibito oggi appunto a museo con tanto di caffetteria adiacente all’ingresso al cui esterno si può trovare un singolare e molto pop invito acchiappa-clienti: “Entra a farti un caffè, il tuo io sa che lo desideri”. La mèta turistico-culturale si trova nel semicentrale quartiere di Alsergrund della capitale austriaca, in una altrimenti anonima e elegante strada borghese resa celebre al mondo per essere stata la dimora per quasi cinquant’anni del fondatore della psicoanalisi e della sua famiglia.
Lo scorso anno è uscito un piccolo volume che prendendo spunto dall’iconico indirizzo viennese ci parla inevitabilmente di uno dei grandi geni dell’intelletto della modernità, ma anche e soprattutto, con un’originale punto di vista, di una storia familiare e all’interno di essa di un percorso di emancipazione femminile. Di Lucrezia Lombardo, già autrice di diverse sillogi poetiche, saggi e testi narrativi è Berggasse 19. Una donna di nome Anna Freud, Les Flâneurs Edizioni (pagg. 133, euro 15,00), libro che ha da non molto compiuto l’anno di vita, in commercio dal marzo 2024, che vale la lettura, sia per la collocazione storica e la rappresentazione dello stato dell’arte della società, della politica nonché della scienza con focus su quella della psiche ovviamente, sia per l’originale punto di vista utilizzato e per il commovente ritratto di un vissuto familiare e il ruolo di una donna. Il volume di Lucrezia Lombardo si colloca all’interno del catalogo della casa editrice nella collana Le innominate. Innominata Anna Freud, l’ultima dei sei figli di Sigmund Freud e di sua moglie Martha, lo è stata in parte, e ha rischiato di esserlo del tutto con il pesante fardello del cognome portato sulle spalle, riuscendo invece a imporsi a dispetto dello stigma di inizio Novecento verso qualsiasi attività di pensiero scaturisse da una mente femminile. Riconosciuta oggi come una fine intellettuale, avendo dato dei contributi vitali allo sviluppo della psicoanalisi con particolare attenzione alla psicologia infantile i cui studi e le cui opere costituiscono un importante riferimento clinico, oltre a aver fatto della sua costante attenzione e aiuto verso le fasce più disagiate dell’infanzia dei suoi tempi una vera e propria missione di vita.
Il punto di vista dal quale si sviluppa il libro della Lombardo è la lettera immaginaria che Anna scrive a Dorothy Burlingham, la futura collega di studi che diventerà allo stesso tempo sua compagna di vita, un’unione se si pensa al periodo storico nel quale ci troviamo che rompe dei tabù fortissimi, come lo erano quelli che pensavano alle donne unicamente relegate a essere custodi del focolare domestico e poco più.
La Burlingham arriverà a Vienna un giorno di quasi un secolo fa al 19 di Berggasse dopo essersi trasferita dal suo paese di nascita, gli Stati Uniti, nel 1925. Nella capitale austriaca troverà rifugio dopo un infelice matrimonio terminato quattro anni prima con un marito affetto da sindrome depressiva e poi suicida, tentando una cura per un figlio presso lo studio del “Dottor Freud” (così lo appella la figlia Anna nella finzione narrativa), intraprendendo lei stessa un percorso di analisi. Ѐ fra quelle mura che nascerà il suo legame con Anna, un’unione sentimentale e professionale che vedrà le due donne percorrere un lunghissimo percorso assieme, la Burlingham morirà nel 1979, Anna Freud tre anni dopo.
La pregressa esperienza matrimoniale della Burlingham segnerà profondamente la donna e i suoi quattro figli. Dallo sfondo di questo disagio si alimenterà la futura predisposizione alla comune opera con la figlia del “Dottor Freud” nell’aiuto ai bambini disagiati oltre che ai contributi scientifici che le due donne daranno agli studi sulla psicologia infantile ancora oggi universalmente riconosciuti. Sia a Vienna che successivamente a Londra dove la famiglia Freud sarà costretta all’esilio forzato del 1938 a seguito delle persecuzioni razziali si occuperanno di infanzia, sia dal punto di vista materiale che psicologico, allestendo a Vienna Gli Asili dell’Infanzia che daranno assistenza ai bambini provenienti dalle classi sociali più povere e agli orfani di guerra. Esperienza che sarà ripetuta a Londra dove fonderanno le Jackson Nurseries con gli stessi scopi del loro comune progetto: lo studio della psicologia infantile e quello di accogliere e aiutare i bambini senza casa che non avevano trovato cure, o vittime della miseria causata dalla guerra, dalla violenza e dall’abuso, oltreché di quelli sopravvissuti alla deportazione.
Gli echi di queste esperienze si trovano inevitabilmente nel volume della Lombardo nel quale la biografia sotto forma del suggestivo punto di vista narrativo, si ibrida al saggio, ripercorrendo e fondendo mirabilmente assieme contenuti intimi e familiari al trattato scientifico sugli abissi della psiche umana e sulla storia della psicoanalisi, sul suo sviluppo e contenuti, che per quanto si possano pensare superati dalle nuove tendenze e correnti cliniche e terapeutiche, e possiamo dire anche filosofiche, perché il “Dottor Freud” deve essere considerato anche un grande pensatore, hanno segnato la storia del Novecento.
La confessione di Anna è un atto di amore verso il padre, prima avversato nella sua figura severa e austera e ripudiato come un’autorità da abbattere “psicoanaliticamente” ma verso il quale non cesserà di mostrare il suo amore incondizionato.
Nella raffinata e molto borghese dimora di Berggasse dove Anna è nata nel 1895 sfileranno nel corso degli anni le grandi personalità politiche, artistiche e letterarie della società del tempo fra i quali da ricordare uno dei maggiori esponenti del modernismo viennese come Arthur Schnitzler, il quale invitato da Freud a cena presso la sua abitazione ricorderà la piacevolezza della conversazione e la genialità dell’uomo e del pensatore fondatore della psicoanalisi. Fra questi anche la Principessa Bonaparte che aiuterà la famiglia nel loro trasferimento e fuga a Londra nel 1938.
Quelle stanze ricche di cimeli di arte antica, statuette orientali, tappeti persiani, pipe di ogni tipo e provenienza, oltre al celebre lettino, sono state in qualche modo testimoni dei grandi eventi del secolo scorso, la storia dell’Europa nel primo Novecento e negli anni successivi al primo conflitto mondiale l’avvento della potenza sovietica con le sue promesse e i dubbi correlati, il crescente antisemitismo nel periodo tra le due guerre, la fine ingloriosa per l’Austria nel primo conflitto mondiale che porta all’abdicazione di Re Carlo, con Freud che non manca di dare il suo giudizio sugli Asburgo confidandosi con il suo amico e collega Sándor Ferenczi dicendo: “Gli Asburgo hanno lasciato dietro di sé solo un cumulo di macerie”. Lì vedrà la nascita ufficiale la psicoanalisi, con il sogno del 1902 che darà via all’interpretazione dei sogni.
Gli oltre duecento sogni analizzati successivamente confluiranno nel celebre volume che è considerato il documento ufficiale della nascita della scienza della psiche che nei sogni vede il metodo primario di svelamento dell’inconscio. Da quell’anno a casa Freud, ogni mercoledì sera alle ore 20:30 si riunirà la Società Psicoanalitica preseduta dal “Dottor Freud”, con segretario Otto Rank. Anna inizierà progressivamente a interessarsi a quello che accade intorno a lei in quella casa e a tutte quelle presenze. Una bambina curiosa, tormentata e ribelle, quella che volgarmente potrebbe capitare di sentir definire “un maschiaccio”, una “piccola Antigone” la definirà suo padre, coinvolta nelle dinamiche familiari come una qualsiasi bambina, all’interno di una famiglia dal nome importante, dinamiche familiari che come ci dicono gli studi freudiani rivestono un ruolo così importante, è persino vano ricordare quale sia all’interno della psicoanalisi nella sua accezione freudiana l’importanza che rivesta il complesso di Edipo.
Una bambina, Anna, che nel suo percorso evolutivo scoprirà quale è il suo compito: condurre attraverso la psicoanalisi il genere femminile a diventare artefice del proprio destino, il desiderio riflesso in lei stessa da parte del padre che potesse diventare una donna di pensiero a dispetto del contesto storico e sociale del tempo e delle dinamiche familiari interne alla famiglia, con le mancate attenzioni dei genitori verso l’ultimogenita e la loro predilezione verso la sorella Sophie la quale morirà nel 1920 per l’epidemia di Spagnola, sorella verso la quale Anna mostrerà una sorta di costante antagonismo. Il percorso di crescita di Anna la porterà a essere maestra elementare nella Vienna disastrata post primo conflitto mondiale, ed è da lì che si avvicinerà ai bambini poveri e orfani di guerra maturando la sua decisione di occuparsi di loro in quel cammino che la porterà allo sviluppo del suo futuro progetto che prevedeva l’elaborazione di un metodo psicoanalitico per l’infanzia. Contro ogni regola deontologica entrerà in analisi dal suo stesso padre, su sollecitazione della madre dopo averla vista giocare a palla con i figli dei vicini.
Da sottolineare gli studi sull’isteria di Freud, patologia che in quegli anni stava diventando una vera e propria psicopatologia di genere. Esemplare è uno dei celebri casi analizzati da Freud, quello di Dora, tramite il quale riconoscerà all’origine del disturbo, cosa rivoluzionaria per il tempo, esservi un trauma che solo gli sviluppi successivi alla dottrina freudiana mostreranno avere una causalità sociale e culturale legata al cambiamento del ruolo femminile che proprio in quegli anni segnava la società, contrariamente a quello che voleva una tradizione che associava in generale i disturbi psichici come derivanti da cause neurologiche innate e quindi estirpabili con trattamenti radicali quali la lobotomia e l’elettroschock. La scienza avanza per rotture, fratture e rivoluzioni e vi sono pionieri che si fanno con coraggio interpreti della rottura del paradigma.
Freud è stato senz’altro uno di questi e a suo modo anche sua figlia Anna la quale si addentrerà progressivamente nei meandri di quella scienza nuova e rivoluzionaria che costituirà la svolta della sua vita dal punto di vista intellettuale e personale. Come emerge dallo studio e testo del padre “On the Psychogenesis of a Case of Female Homo” che prende spunto dal trattamento, poi interrotto, di una giovane donna affidatagli in cura e verso la quale il “Dottor Freud” non riconoscerà alcun segno di nevrosi, la giovane donna scoprirà invece di nutrire un sentimento amoroso verso una donna adulta, una traslazione di quello che sarà il futuro rapporto di Anna con Dorothy. L’evolversi delle varie teorie portate avanti da Freud va di pari passo con i drammi familiari: la morte della sorella di Anna, Sophie, quella successiva del nipote di Sigmund, Heinz, che costituirà lo spunto della teoria freudiana dell’elaborazione del lutto e quella sulla pulsione di morte sviluppata in Al di là del principio di piacere.
Sigmund Freud si ammalerà di cancro nel 1923, lo stesso anno del fallito putsch di Monaco di Hitler. Con la malattia del padre diventerà Anna la continuatrice e sviluppatrice tramite strade autonome del suo lavoro. Dopo i contrasti precedenti, sarà lei a portare avanti i lavori della Società Psicanalitica di Vienna occupandosi per suo conto delle opere del padre e nel preparare i materiali per convegni e conferenze, pur affrancandosi dalla in qualche modo sua ingombrante figura. Non si tirerà mai indietro davanti alle sfide che la vita e la storia le misero davanti, dalle persecuzioni razziali dalle quali i Freud in quanto ebrei non saranno esentati, agli arresti della Gestapo, alla malattia del padre. La lettera immaginaria della finzione biografica del libro ripercorre tutte queste tappe, fino al racconto venato di nostalgia della partenza forzata da Vienna in una mattina di autunno del 1938 verso l’esilio londinese, quell’anno a partire dal quale le opere del “Dottor Freud” diventeranno proibite dal regime nazista e nel quale archivi e parte di esse presenti in Berggasse verranno distrutte.
Un accorato ritratto umano, intellettuale e familiare da parte di una figlia verso sé stessa e verso un padre di così grande statura nel quale come Anna scrive nella lettera riconoscerà verso la fine della sua esistenza l’emergere di un barlume di fede: quel Dio, ci dice Anna parlando per voce di Sigmund, che aveva popolato la sua infanzia e nel quale riconoscerà solo una proiezione della figura paterna, dovrà portare a riconoscere con il beneficio del dubbio che ci deve essere una forza nascosta che nell’invisibilità regoli il caos e risistemi gli squilibri dando un ordine al caos. O forse questa è solo la missione della psicoanalisi, il cui metodo non è altro, come affermerà il suo fondatore, che lavoro (psichico) e amore, l’ascolto, la non violenza, un metodo per liberare il mondo dal male e dai sentimenti distruttivi del rancore, della paura e dell’invidia che da sempre tormentano l’uomo e lo portano a odiare i propri simili, lavorando sull’interiorità per ricongiungersi al loro inconscio per liberarsi di traumi e pulsioni di morte, con la parola come suo strumento primario, per portare al livello di consapevolezza l’inammissibile.
Un’attività che è un atto di amore verso l’umanità, che può portare a più ampie riflessioni sul ruolo di una scienza per molti versi oggi bistrattata, dimenticata e stigmatizzata in un mondo tanto frenetico e parcellizzato che sembra non essere più capace di soffermarsi a ascoltare e dare importanza alla parola e alle sofferenze altrui. Lo confesserà Anna, una donna del Novecento, con un nome pesante sulle spalle e la sua posizione sociale privilegiata: borghese e cresciuta in un ambiente colto e con un ampio ventaglio di possibilità per il proprio futuro a dispetto delle tempeste della storia che si è trovata a attraversare. Nel finale dell’immaginaria lettera all’amata Dorothy e facendo un sunto della loro esistenza assieme osserva: “Noi, esuli, figlie del Novecento e dei suoi drammi abbiamo imparato cosa significhi amare grazie a quei bambini, avendo così occasione di restituire tutto il bene che, indegnamente abbiamo ricevuto, proprio come sosteneva mio padre”.
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