Conversari di Alfonso Guida, un estratto

Pubblichiamo, ringraziando autore ed editore, un estratto da “Conversari” di Alfonso Guida, in uscita oggi per ‘Round Midnight Edizioni.

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Ci si inchioda a diversi tragitti, a una geometria solida.
Chi avanza, espone. La notte si nasconde dietro i tombini.
Nessuna rimozione. Le mani si scavano respirando. Il sudore è molle.
Nostalgia. La spirale, che accorcia le dimenticanze, mi ordina di allontanarmi dalla sua presente commossa.
Anche la mente fruga nelle pratiche delle sue trattative. I giuramenti, le liberazioni inseparabili.
Guardo mia madre con le braccia composte. Sta accanto alla cucina. Aspetta che sia pronto.
Non è difficile andare per stazioni. La provincia è grande. I bagliori cadono dai glicini, dalle capriate. La voce non si può dire. Il tabacco spiumato dalla parte del binario tronco. Un giallore. Le antenne.

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Non vado per viuzze. Angina, angoscia, da giorni.
Capire come andare avanti nella strada dei morti.
Ce n’è una folla. Qui la morte li ha travolti anche dopo il suo avvento. Non ne rimane nulla. Sono bocche bendate. E i vivi intascano e non danno. Ti fanno pagare. Ti rendono un andare senza lutto. Ti molestano. Cadi. T’intrappoli. Ti accusano. Sarai sempre così. Una miseria petulante, un vuoto che dà adito a smorfie, al carnevale. I corenti e i corenti, falliti. Questo è qui. Tutto si scarnisce e trova bilance. Nudo, pesi di meno. Si pesta un territorio di randagi e solitari, ci si fa più crudeli, si distrugge. Secondo Blanchot, Sade e Don Giovanni sono carcerati del gusto dell’elenco, dell’enumerazione, un desiderio che rimane hortus conclusus, eternamente sé stesso, e mai giunge al piacere, mai a uno approdo. Si replica perché il desiderio deve poter pensare che sia una partenza senza destinazione.
Si tratta di spiriti mozzi, di un godere mortifero. Pensare questo.

C’è qualcosa vicino all’incomprensibile che sfocia nel tremendo. È mia madre.
E dentro mia madre la storia. O accanto.
Anche lei scivolava e si votava a lustrare scarpe e scale tutte le mattine.
Il pioppo di via Gianturco. La panchina verde.
Il pozzo di Vermicino. Il “Ligabue” con Flavio Bucci.
La parola comincia a soppesarsi.
Si è gettata. È più fuori.

*

Anch’io mi sono scavato una grotta.
Nel tempo.
Il passato è un modo di fingere, uno stare caustico, retrivo. L’ho ritrovato oggi.
Era il pensiero della villeggiatura in ospedale. Mi rifugiavo dove era più semplice.
In un lavoro che, nel male, non avrò che cesellato.
Mi ricordo dei ragazzi. Trascrivevano ierofanie. Riccardo disegnava una scarsella con un cervello bruciato. Ilaria, con l’anguria e la stagnola nel letto. Altri giungevano ubriachi. Si strillava. Gli infermieri, le fascette, il corpo in forma di croce, la distilleria delle sacche di sonnifero. Finivano tutti per addormentarci. Dopo sette giorni me ne tornavo. La sera passava, incontrastata, tra limoni e cedri, tra conifere e muschio quercino. Giungeva in un fango di alghe. Là il mare. Rosetta diceva che si era suicidata per cinque giorni. Era un rastrello a occuparsi delle nostre ossa temporali.
Aspetto un dono. Dirmi che sono stato cercato. Una pace rampicante che nascondeva il rientro dai campi. I pomeriggi d’estate. Si calcolava il deserto dalla nascita a una specie di morte fissa. Non rispondevo. La primaria mi parlava dei suoi lutti e di Anna Maria Ortese.

*

Notti gelide. Albe mute.
La breve confessione dell’oscurità, una pietra.
L’istante mostrato. La parola avanza: uomo, arc-en-ciel.
Il fumo si raduna intorno al tavolo. Che mi ripete a un’idea non veritiera di lutto. Accucciato nel nome. Il gelo. L’urgenza. Le ombrelle scurite del sambuco. Ai piedi un disordine bianco, lo spigolo, dei fotogrammi. Nel dettaglio di un eccidio, ha i sassi della tregua.

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Alfonso Guida (1973) vive a San Mauro Forte.

Legato alle figure di Beppe Salvia, Dario Bellezza, Amelia Rosselli e Paul Celan, suoi testi sono apparsi, tra le altre, sulle riviste Poesia e Forum Italicum.

Premi: Dario Bellezza per l’opera prima con la raccolta Il sogno, la follia, l’altra morte (1998); Montale con la plaquette Le spoglie divise [15 stanze per Rocco Scotellaro] (2002).

Pubblicazioni: per i tipi di Poiesis Il dono dell’occhio (2011) e Irpinia (2012); Ad ogni passo del sempre (Aragno, 2013); L’acqua al cervello è una foglia (LietoColle, 2014); Poesie per Tiziana (Il Ponte del Sale, 2015); Luogo del sigillo (Fallone Editore 2016). Ha inoltre pubblicato Diario del transito, disponibile in rete. Cura la rubrica “Golpe” per la rivista Avamposto. Varie le plaquette: Via Crucis, Note di terapia, Nous ne sommes pas les derniers.

(Foto)

Commenti
2 Commenti a “Conversari di Alfonso Guida, un estratto”
  1. Giulia ha detto:

    Credo profondamente che leggere rimanga la più bella forma di arte. Grazie per questo spaccato.

  2. mauro orlando ha detto:

    la scrittura poetica è l’ unico prodotto del nostro corpo che elabora e evapora con parole leggere e profonde e conserva un ricordo offuscato di mistero di noi stessi e delle difficoltà …delle noie …dei dolori e piaceri di un vivere insieme a cose naturali e materiali e persone aperte o chiuse che mutano in continuazione e ci sfuggono come acqua tra le dita…in un fiume che non ferma la vita corrente nel suo viaggio verso un oceano di eternità e infinito che possiamo solo immaginare …desiderare o temere …e per paura le si fissa in figure come da bambino su una tela o le racconta da adulto in una storia con concetti e idee ..ma solo elargire sogni e elaborare predizioni….misteri …a volte chiari spesso confusi…..ma veri.o verosimili ….mi piace la consapevolezza e il senso misterioso
    e sacro che dai alle tue parole e il valore intimo e personale della scrittura ….un modo per volergli bene….e nient’altro che riguarda il successo e le classifiche editoriali….

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