Zeman e il flipper dei lillipuziani

di Giuseppe Sansonna

Giuseppe Sansonna, autore del documentario Zemanlandia, sta seguendo il campionato di Zeman col Foggia in Lega Pro. L’intento è quello di realizzare un secondo documentario per raccontare il calcio lontano dai riflettori. Intanto, questa cronaca è stata pubblicata recentemente sul Manifesto.

Ti chiami Corona e per molti tifosi sei Re Giorgio, in omaggio a una carriera da sovrano nomade dell’area di rigore. Stagioni volate via troppo in fretta, a troneggiare sui campi di provincia, rimpinguando i magri compensi con serate da cameriere. Fisico da corazziere, classe intermittente, in bilico tra Ibraimovic e Riganò. Una serie A arpionata fuori tempo, ormai trentaduenne, con la maglia del Catania. E oggi che le primavere sono 37, conduci la Juve Stabia all’assalto del feudo zemaniano. Esibisci una chioma fluente e ramata, lustra d’olio, da bagnino erotomane. Ma il fiato è corto e il passo pesante. Le zampate non graffiano. I gialloblù stabiesi, nel bestiario calcistico, hanno fama di vespe. Ma oggi, a sciamarti intorno, sono i puledri scatenati di Zemanlandia. Sembri un Gulliver stremato, stritolato dalle corde dei frenetici lillipuziani rossoneri. Da volpone consumato, cerchi di innervosire quei ventenni impudenti caricati a molla. Sputi, schiaffeggi, annaspi, provochi con mestiere questi ragazzini imberbi, che potrebbero essere tuoi figli. Che non ci cascano e ti lasciano solo nel tunnel, tra primo e secondo tempo, a urlare la tua frustrazione. «Non scende nessuno?», gridi al vuoto, pazzo come il tuo omonimo sovrano d’Inghilterra.
I pupilli del boemo sono bravi ragazzi anacronistici, equidistanti da tronisti e ciellini. Come Vasco Regini, purosangue di Cesena, sorriso aperto da garibaldino romagnolo, ultimo dei pendolini inventati da Zeman. Terzino votato all’attacco, ara incessantemente la fascia sinistra. Si procura un rigore, fa espellere uno stabiese. Deposita, dopo l’ennesimo affondo, una palla zuccherata sui piedi di Sau. Ma è tutto il flipper che funziona con tempi da nuoto sincronizzato. Il principe polacco Salomon, perno della giostra, sradica palloni con grazia e apre il gioco sulle fasce. Regolare come un metronomo, innesca frenetiche sovrapposizioni, dettando i tempi dell’assalto incessante alla porta avversaria. Movimenti calcolati e destabilizzanti che collocano persino il centrale difensivo Romagnoli al cospetto del portiere vesuviano. Dandogli il tempo di guardarlo negli occhi, prima di trafiggerlo con un destro da centravanti. Insigne corona il trionfo con una doppietta da fuoriclasse, confermandosi capocannoniere del torneo. «Ai giocatori ci piace attaccare. Non ci piace difendere», è un vecchio adagio zemaniano. Sussurrato in italiano sghembo appreso a Palermo, negli anni sessanta, appena arrivato in Italia. Oggi il Mister gongola muto, mentre guarda i satanelli fagocitare il suo spartito, segnare quattro gol e sbagliarne otto, correre a perdifiato fino all’ultimo minuto. Polverizzano una squadra che li sovrasta in classifica. Percepiti dagli avversari sfiatati come un’allucinazione sfocata, tra i peana del pubblico di casa. Un match utile a cancellare le recenti stecche: una vittoria acquisita gettata alle ortiche nel gelo di Foligno e una disfida amara con gli odiati cugini barlettani, persa tra le mura amiche, paralizzati dalla paura.
Dopo il 4-1 finale Zeman, soprabito nero e cravatta in tinta alla Lee Van Cleef , si manifesta in sala stampa. C´è chi scova il pelo nell’uovo del trionfo, sottolineando l’ennesimo gol incassato su calcio piazzato. Zeman sfiata un lungo sospiro e oppone un’accorata disamina. «Non abbiamo giganti. In settimana ho provato annaffiare Sau, Insigne e Farias. Ma non mi si allungano». Qualche giorno dopo, in allenamento, occhi indiscreti hanno colto Insigne intento a misurarsi con i pupazzi di plastica da finta barriera. Registrandosi, malinconicamente, più basso anche delle sagome. Il sabato successivo il clan rossonero parte per la Versilia. I play off sono tornati nel mirino. Con il Viareggio occorre confermarsi, emanciparsi dai trionfi estemporanei e illusori. Come in una visione di Bela Tarr, il pullman rossonero scivola sul lungomare viareggino, lambendo immensi cetacei semoventi di cartapesta, indifferente al delirio dei figuranti variopinti. I foggiani doppiano indenni anche l’immenso scheletro giurassico di un Tyrannosaurus Rex, sormontato dalla testa ghignante del premier. Nonostante gli sforzi meritevoli degli autori la copia allegorica in cartapesta appare meno grottesca e più viva dell’originale in cerone e ossa. Ma nulla può turbare la quiete interiore dei satanellli. Il carnevale, quello vero, sta per esplodere al «Dei Pini», coreografato dagli enfants terribles rossoneri. Sugli spalti si registra l’ovvia assenza del divo locale, del Paul Newman da Bagaglino, alias Marcello Lippi. Avrà portato la sua spocchia e il suo sigaro a largo, nelle verdastre acque versilane. Si perderà lo spettacolo di arte varia di una squadra non sazia, che riprende l’assalto all’arma bianca interrotto sei giorni prima. Diego Farias, arruolato in inverno della legione zemaniana, si rivela un brasiliano essenziale, tagliente come un bisturi, sempre più accordato alle sinfonie boeme. Martella la difesa toscana, innesca due gol, gliene annullano uno per motivi ignoti.
Il periscopio Salamon svetta oblungo al centro del campo, come sempre. Zeman gli ha detto una volta: «Pensa a passare. Non tirare in porta. I registi non segnano». Il polacco ha assimilato il dogma e non tira mai. Ma su una torre di Romagnoli, ballonzolante in area, la tentazione si fa irresistibile. Il giovane Bartosz flette fiducioso il suo collo da giraffa pensante. Impatta il pallone, segna, ma non può sottrarsi alla sua nemesi. Ovvero alla ruvida carezza di una calzatura viareggina, che gli imprime i tacchetti sulla pallida fronte. Ma il fosforo è intatto e la veggenza da Vieira polacco inalterata. A tutto beneficio degli attaccanti. Insigne, il romarietto di Frattamaggiore, impazza, salta uomini, regala perle, getta lo scompiglio e trascina in alto l’amico Sau nella classifica cannonieri. Lo scugnizzo esuberante ha trovato una simbiosi ideale con l´accigliato bomber sardo, che sembra uscire dalla Orgosolo di De Seta. 27 gol in due, rapidi e minuti come furetti, stelle fisse del tridente. Tra i protagonisti del miglior attacco del calcio professionistico, 53 gol segnati in 24 partite. Anche Agodirin spiana il suo sorriso contagioso, dopo aver infilzato il portiere viareggino. Chiude i conti Moussa Kone, cotonatura crespa da blaxploitation , tra Shaft e Barbadillo. Sigla il 4-0 sulla linea di porta dopo l´ennesima girandola di triangolazioni.
Dopo un gennaio di passione, trascorso con quotidiane ascese sulla Scala Santa dei gradoni, i ragazzi sembrano illuminati dalla grazia del bel gioco. Abbandonando l´alta Toscana Zeman si imbosca, come sempre, sul fondo del pullman. Nel suo privè, circondato dagli amici fidati, s’immerge nella solita maratona itinerante di scala quaranta. Ripensa ai due poker consecutivi del suo Foggia e ai quindici gradi di Viareggio. Sarà il surriscaldamento globale oppure un anticipo di primavera, la sua stagione preferita, che sbrina i muscoli e accende i desideri. Quando i carri armati sovietici invasero Praga, congelandone i sussulti primaverili, il boemo ventenne si autoesiliò. Preferì svernare tra le zagare e le granite al gelso di Palermo. Accolto dallo zio Vykpalek, suo mito d’infanzia, allenatore dei rosanero e della Juve. Tornò a casa 25 anni dopo. Ma questi sono pensieri cupi, ricordi che feriscono ancora. Un passato da lasciare sepolto in fondo al cuore. Adesso c´è da giocarsi l´assalto ai play off. Dieci match da roulette russa, o dentro o fuori. E l’adrenalina, insospettabile, comincia a ribollire nelle vene di quel ragazzo di 64 anni.

Commenti
3 Commenti a “Zeman e il flipper dei lillipuziani”
  1. Antonio ha detto:

    Complimenti, bell’articolo su un personaggio che resterà indimenticabile.

  2. Emanuele ha detto:

    che spettacolo!in campo e fuori con i tuoi articoli stupendi!

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  1. […] Su minima&moralia, Giuseppe Sansonna torna ad occuparsi del personaggio più controverso (e per certi versi letterario) del mondo del calcio: Zdenek Zeman. Welcome back to Zemanlandia. […]



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