Anna Achmatova: la rivoluzione vicina è così lontana

L’ultimo numero di Nuovi Argomenti, uscito il 21 novembre, è dedicato alla Rivoluzione d’ottobre. Pubblichiamo, ringraziando editore e autore, un brano di Simona Dolce.

di Simona Dolce

Pietroburgo, 23 Febbraio 1917

Il gelo li avrebbe fermati, ne ero convinta. E invece il diluvio di uomini ha reso le strade fiumi in piena. Mille notti bianche e in bianco a ritrovarsi e incitarsi, una massa che si crea e si disfa senza controllo apparente, come pozzanghere sempre più alte. Mi dicesti che non mancava molto, che saresti tornato, per difendere la monarchia. Se uno come te aveva cacciato leoni in Africa, come avrebbero potuto spaventarti i bolscevichi?

I discorsi di Paolo Nori

«… a un certo momento a me mi è sembrato che la mia vita fosse quasi tutta quella roba lì, fare delle cose che non son capace di fare, parlare di argomenti dei quali non so niente, raccontare il niente che so, o che non so, chissà come si dice, e anche quest’anno, quando mi han chiesto di venire ad Auschwitz a parlare […], se fosse successo cinque anni fa io gli avrei risposto “Chiamate magari un altro, che io non ne so niente […]”, invece quando mi hanno chiamato quest’anno gli ho detto di sì».

Lo ha scritto e pronunciato Paolo Nori nel secondo dei tre discorsi riuniti in Si sente?, il suo nuovo libro, che Marcos y Marcos fa uscire domani nelle librerie. Il passaggio prosegue così: «… non si parla di Auschwitz […], si parla di vendetta, non so niente neanche di Auschwitz, ma di vendetta ne so un po’ meno riesco a parlarne meglio». Eppure, in questo libro si parla proprio di Auschwitz, e in modo più utile ed efficace e intelligente che in tanti altri libri e discorsi. Quello che volevo dire però, per iniziare, è un’altra cosa, è che lo scrivere, così legato al parlare, così legato al pensare (presumo) di Paolo Nori riceve una verità generale da quel passaggio, che è un passaggio chiaramente socratico. Mi pare. Poi provo a spiegare in che senso. Prima, però, le presentazioni.