Questo pezzo è uscito sull’Unità. Ringraziamo l’autore e la testata (Foto di Luisa Altobelli).
di Alessandro Mazzarelli
L’aereo atterra puntuale sulla pista di Yangon, anche se per smaltire la coda del controllo passaporti servono quasi due ore. È da poco passata l’alba ma la città già brulica di traffico, l’aria satura di smog e clacson, le strade intasate di furgoni e motorini. La Birmania sembra avere fretta. Il prossimo 8 novembre si svolgeranno le elezioni politiche, un appuntamento che in Europa ha suscitato molte speranze democratiche.
Categoria approfondimenti, giornalismo, mondo, politica, reportage · Tag Alessandro Mazzarelli, Aung San Suu Kyi, Barack Obama, Dario Fo, George Orwell, Luisa Altobelli, Moustache Brothers, Roberto Benigni, Sophia Loren, Xi Jinping
di Ilaria Benini pubblicato 14 Febbraio 2014 · Aggiungi un commento
Questo pezzo è uscito, in versione ridotta, per Asia Magazine, collaborazione tra China Files e il manifesto. Qui le altre puntate della rubrica.
«Sarebbe possibile parlare della fine dell’Unione Sovietica senza nominare Solzhenitsyn? Possiamo pensare alla caduta della cortina di ferro senza fare riferimento a Milan Kundera e un mucchio di altri scrittori? Gli scrittori del Myanmar hanno giocato un ruolo altrettanto significativo, nei cambiamenti che adesso stanno travolgendo il paese, delle loro controparti dell’Europa orientale e della Russia. Che questo sia così poco riconosciuto dice molto della visione mondiale della cultura in Asia». Amitav Ghosh
Di quanto il mondo occidentale sottovaluti la cultura asiatica, perché non la conosce, si inizia fortunatamente a discutere sempre di più e nuove pubblicazioni per colmare questa profonda separazione stanno finalmente comparendo anche in Italia. Ma il motivo per cui il confine tra Oriente e Occidente sta assumendo un aspetto meno inaccessibile è in gran parte dovuto ad interessi economici, che, come Amitav Ghosh fa notare in un altro passaggio di questo intervento nel suo blog, adombrano altri cruciali aspetti che aiutano a capire paesi sconosciuti ai più.
Ieri è morto Nelson Mandela. Vogliamo ricordarlo con le parole del discorso che ha pronunciato nel 1993, quando ha vinto il premio Nobel per la Pace. Questo è un estratto da Costruire la pace. Discorsi dei premi Nobel per la Pace, la raccolta a cura di Simone Barillari che minimum fax ha pubblicato nel 2008. (Fonte immagine)
Discorso tenuto da Nelson Mandela.
Vostra Maestà,
Vostra Altezza Reale,
Stimati Membri del Comitato norvegese per il Nobel,
Onorevole Primo Ministro, signora Gro Harlem Brundtland, Signori Ministri, Membri del Parlamento e Ambasciatori, signor Frederik Willem de Klerk, distinti ospiti,
Amici, signore e signori,
porgo i miei più sentiti ringraziamenti al Comitato norvegese per il Nobel per averci elevati al rango di vincitori del premio Nobel per la pace.
Colgo inoltre l’occasione per congratularmi con il mio compatriota e copremiato, il presidente dello stato Frederik Willem de Klerk, per l’alto riconoscimento che gli è stato conferito.
Insieme ci uniamo a due illustri sudafricani vincitori del premio Nobel per la pace, il compianto Capo Albert Lutuli e Sua Eccellenza l’arcivescovo Desmond Tutu, ai quali avete reso meritato omaggio per l’importante contributo alla lotta pacifica contro il malvagio sistema dell’apartheid.
di Ilaria Benini pubblicato 3 Maggio 2013 · 4 Commenti
(Le foto sono di Thomas Nadal Poletto.)
Cronache dall’Asia – Yangon, Myanmar: cosa cambia in Birmania dopo cinquant’anni di dittatura
Ogni tanto, più volte al giorno, un’esplosione di suono tramortisce l’aria e porta fin quassù al settimo piano una delle solite canzoni usate dai comitati che raccolgono offerte per i monasteri, oppure una hit tutta cassa di qualche dj koreano, oppure una canzone pop-rock made in Myanmar, ma senza un definito gusto occidentale o asiatico.
Siamo all’apice della stagione secca, la temperatura si aggira intorno ai 40 gradi e l’aria si muove in abbondanti ventate di calore.
Sudiamo noi e sudano i birmani, qualcuno si tampona con dei fazzoletti, molti si muovono coperti dall’ombrello. Non è comune scoprirsi per rinfrescarsi. La maggior parte della popolazione, senza distinzione tra donne e uomini, indossa il longyi, un bel telo variopinto che sta annodato in vita e scende giù fino ai piedi. Alcuni ragazzi usano i jeans, qualche uomo dei pantaloni, pochissime ragazze portano una gonna o – rarissimo – degli shorts.
Commenti recenti
Stato dell’arte e proposta teorica