Nessuna destinazione in vista. Accanto a Bolaño e ai suoi detective selvaggi

di Leonardo Merlini

Un sentiero di terra battuta in un giorno particolarmente afoso, il cane che mi precede e le mie scarpe impolverate, orfane. La Valpadana come il deserto di Sonora. Un cielo incombente nel pieno mezzogiorno messicano e delle figure ferme nella luce, disperse appena fuori dal giardino di casa, lontano e al tempo stesso vicinissime a Macondo, ma in un’altra galassia, o in un’altra dimensione, condannata all’incomunicabilità. Uno scrittore che fuma e mi parla, protetto dalla notte e dalle piante di Villa Torlonia, mi parla per quindici lunghi minuti davanti a una telecamera, mi parla di un altro scrittore che, in qualche misura, sono stato io a fargli leggere. Una sera sulla costa della Catalogna, l’odore del mare e delle creme solari, nauseabonde e dolcissime, mentre da qualche parte suona un telefono e l’uomo seduto accanto all’apparecchio decide consapevolmente di non rispondere.

La geografia della memoria cinematografica – Parte II

di Roberto Manassero

Questo intervento riprende alcune riflessioni sulla memoria cinematografica e una sua possibile geografia nello spazio, già apparse su questo blog qualche settimana fa. (Vedi l’articolo)

Ripartiamo da Mad Men – da dove se no? – dal sentimento nostalgico chiamato in causa dall’ambientazione anni ’60 della serie tv e, soprattutto, dal racconto, in quel periodo e grazie a quel capitalismo d’avanguardia, della nascita di un sentimento del tempo, di un desiderio e una malinconia che la cultura pop ha trasformato in prodotto.
Nell’ultima puntata della prima stagione (The Wheel), Don Draper presenta l’idea pubblicitaria per lanciare sul mercato la macchina per diapositive Kodak, un carrello circolare che fa scorrere a scatto le fotografie e le proietta su uno schermo.