La modernità di Emily Brontë ed Emily Dickinson: “Tra di noi l’oceano” di Mattia Morretta

di Simone Bachechi Fra le due sponde dell’oceano del nostro atlante occidentale si staglia da pochi mesi (il volume è uscito lo scorso maggio per i tipi di Viator) il sorprendente e affascinante studio di Mattia Morretta sulle due Emily più celebri della letteratura moderna: Emily Brontë ed Emily Dickinson sono le protagoniste di questo […]

Avvicinare Emily Dickinson #3

Pubblichiamo la terza puntata di una serie dedicata alla poesia di Emily Dickinson, curata da Giuseppe Zucco. Qui potrete leggere la prima e la seconda puntata.

Che l’amore è tutto quanto c’è
è tutto quanto sappiamo dell’amore,
è sufficiente, il carico dovrebbe essere
proporzionato al solco.

(da Uno zero più ampio, di Emily Dickinson, a cura di Silvia Bre, Einaudi)

Quando Emily Dickinson si ritirò dal mondo, rinchiudendosi definitamente nelle sue stanze, per celebrare il momento indossò una veste bianca, e così vestita si allungò fino alla fine dei suoi giorni, proseguendo come da un’altare verso una porta maestosa, tirandosi dietro lo strascico invisibile delle ore più terribili e più liete.

Avvicinare Emily Dickinson #2

Più o meno negli stessi anni in cui visse Emily Dickinson, visse anche Henry David Thoreau. Abitavano lo stesso stato americano, il Massachusetts, e le loro città, Amhrest e Concord, distavano l’una dall’altra un centinaio di chilometri. La socialità non fu il loro forte – non si sposarono, non ebbero discendenza. Dopo essere stati assidui lettori della Bibbia, dei Vangeli, di Omero, di Shakespeare, di Milton, di Emerson, entrambi scrissero opere destinate a tracimare impetuosamente oltre la diga del breve tempo in cui respirarono.

Avvicinare Emily Dickinson #1

Rileggendo questa poesia, mi figuro Emily Dickinson nel 1864. La ritrovo vestita di bianco, come in tutti i libri in cui il suo nome è sussurrato come un mistero. Ha più o meno trentaquattro anni. I capelli raccolti. Le labbra carnose. Una fossetta sul mento. Un problema agli occhi. Molto probabilmente soffre di qualche forma di epilessia. Nottetempo scrive poesie su dei foglietti che poi ricuce in fascicoli con ago e filo. Da qualche anno ha preso la decisione irrevocabile di non uscire più di casa. «Tentare di parlare di ciò che è stato, sarebbe impossibile. L’abisso non ha biografi», scrive in una lettera del 1884. Tanto più la vedo stendere i piedini sulle assi del pavimento, e camminare lentamente, cautamente, di notte, mentre tutti dormono.

Audacia e rivelazione – dodici passaggi ne “La vita delle ragazze e delle donne”, l’unico romanzo di Alice Munro

Colpevolmente, era da anni che non leggevo un libro di Alice Munro. Ne ho preso coscienza, e ho subito cercato di porvi rimedio. Così, senza saperne niente di più di quanto riportato in quarta di copertina, ho acquistato l’ultimo uscito.

Ultimo uscito, in questo caso, è un’espressione impropria – indica la lancetta di un orologio che scandisce più il tempo cortissimo dell’editoria che quello vasto e segreto della letteratura. Poiché la letteratura, quella vera, eccede sempre il tempo in cui fisicamente appare tra gli scaffali di una libreria. Sembra provenire, insieme, da un passato o da un futuro. Ed è nostra contemporanea, sempre. Anche se la lingua in cui è stata pensata, intanto, è morta o irrimediabilmente sbiadita – così che Archiloco continua ad abbandonare il proprio scudo sotto un cespuglio, e Saffo, perdendo la parola, si fa più verde dell’erba.

Home (sweet) home: Marilynne Robinson

Ripubblichiamo un’intervista di Fabio Donalisio, uscita su «Blow Up» nel 2012, a Marilynne Robinson.

Alcuni, forse molti, dei più grandi scrittori hanno scritto (relativamente) poco. E spesso hanno girato attorno, come mosche, a un pugno di ossessioni fondanti. Hanno tormentato tre, quattro spine nel fianco, ben conficcate, sempre riottose o incarnite. Marilynne Robinson ha scritto, addirittura, pochissimo. È nata nel 1943, in Idaho. E ha all’attivo, a tutt’oggi, tre prove narrative e tre di non fiction, oltre a una serie di articoli e pubblicazioni relative all’insegnamento, attività praticata con costanza. Che libri, però. Il primo, Housekeeping esce nel 1980 (in Italia Padrona di casa, per Serra e Riva, 1988; se ne auspica ripubblicazione), quando l’autrice già veleggia verso i quaranta (e già la casa, il suo universo concentrico e il suo potere dicotomico sono nell’aria). Per vederne il successore, tocca aspettare fino al 2004, quel magnifico Gilead che le vale, più che meritatamente il Pulitzer l’anno successivo, e che Einaudi pubblica in italiano nel 2008. Nel 2006 esce in America il pièce de résistence Home. Due libri gemelli, questi. Due libri enormi nella loro sobrietà, quantitativa e di toni.

Nel giardino di Pia Pera

di Emanuele Trevi

Al giardino ancora non l’ho detto di Pia Pera (Ponte alle Grazie, pp.216, euro 15,00) è un finale di partita, la cronaca di una malattia inesorabile, l’ultima immagine del mondo elaborata da un essere vivente che sente arrivare la fine. L’unica forma possibile del libro era quella del diario proprio perché questa immagine del mondo è mutevole e sfrangiata come una nuvola, e non smette di cambiare e di arricchirsi col passare del tempo, mentre le cose continuano ad andare di male in peggio.

Come la selva oscura di Dante, la malattia è un luogo e una condizione di cui è difficile riferire precisamente come ci si è entrati. Anche la prima avvisaglia è in realtà una manifestazione dell’irreparabile. Un giorno qualcuno fa osservare a Pia che cammina zoppicando leggermente. Quel minimo atto di consapevolezza è una frattura che inaugura un tempo del tutto diverso da tutto ciò che può essere presentito, immaginato, appreso dall’esperienza di altri. Non solo perché la mente deve adattarsi a un’emergenza. Questo adattamento infatti è di per sé sempre provvisorio, ogni giorno che passa portando ulteriori difficoltà, erigendo nuove barriere fra l’io e il possibile.

Video didn’t kill the radio star #2

La prima puntata della rubrica è qui.

Island, di The xx, 2010 – il video è diretto da Saam Farahmand

Un uomo e una donna si amano, ma poco per volta raffreddano i sentimenti fino a perdersi. Il video è composto dalla ripetizione ossessiva dello stesso movimento di camera, una carrellata indietro a scoprire – a ogni nuovo attacco, la storia d’amore si sgretola un po’, e alla fine, come da copione, rimangono le fiamme e la cenere intorno a una persona con le ginocchia per terra.

Frida Kahlo: a New York rivive la Casa Azul

Questo pezzo è uscito sul Venerdì di Repubblica.

Fino al primo novembre opere e vita di Frida Kahlo reinventano gli spazi del New York Botanical Garden del Bronx con la lussureggiante mostra inaugurata lo scorso maggio “Frida Kahlo: Art Garden Life”.

A curare la rigorosa e bella esposizione è la storica dell’arte Adriana Zavala, che insieme a Karen Daubmann (direttrice delle esposizioni del New York Botanical Garden e già ideatrice di progetti simili su Emily Dickinson e Claude Monet) e allo scenografo Scott Pask ha trasformato spazi e giardini dell’orto botanico newyorkese reinventando lo studio e il giardino di Frida Kahlo della sua leggendaria e bohèmienne Casa Azul di Coyoacán, appena fuori Città del Messico (la casa dove l’artista è nata, ha lungamente vissuto ed è morta, e che attualmente ospita il Museo Frida Kahlo).

Fin dove arriva Ken Parker

È uscito, dopo un’attesa lunga vent’anni, Fin dove arriva il mattino, l’ultimo numero (il 50) di Ken Parker scritto da Giancarlo Berardi e disegnato da Ivo Milazzo, edito da Mondadori. Pubblichiamo l’intervista di Luca Valtorta ai due creatori, uscita su La Repubblica, e ringraziamo l’autore e la testata. (Nell’immagine, l’illustrazione di Ivo Milazzo per la copertina)

di Luca Valtorta

Ma chi è Ken Parker? «È stato mio fratello, mio figlio, mio padre, è stato la possibilità di estrinsecare le cose che non vedevo e che avevo dentro, di amplificarle in modo da renderle concrete e quindi di conoscermi, di guardare il mondo attraverso i suoi occhi. E guardando il mondo sono diventato grande », dice Giancarlo Berardi, sceneggiatore e creatore insieme al disegnatore Ivo Milazzo di una delle opere più importanti della letteratura disegnata.