E se Werner Herzog non avesse mai umiliato Emmanuel Carrère? Una lettura ucronica di “Ucronia”
Quello di Ucronia non è ancora il Carrère adulto e affermato che siamo abituati a frequentare oggi. Manca ancora la prosa porosa, percussiva ma sempre raffinata, manca l’autofiction tremendamente autocompiaciuta per alcuni lettori, irresistibile per altri. Nessuno scandalo, in ogni caso: se il testo, apparso per la prima volta nel 1986 in Francia e riproposto […]
Processo a sé stesso. Carrère a Milano.
di Federico Pevere La riconoscenza non esiste in natura, è dunque inutile pretenderla dagli uomini. Cesare Lombroso Cosa vi è successo quando l’uomo dietro il romanzo è diventato l’uomo davanti, dentro al romanzo, ve lo ricordate cosa facevate quel giorno – eravate in coda? E se col tempo il suo corpo diventasse esso stesso il […]
«È per questo che siamo qui»: su “V13” di Emmanuel Carrère
Il nuovo libro di Emmanuel Carrère, V13, è la cronaca del processo ai responsabili degli attentati che il 13 novembre del 2015, la «mille e una notte dell’orrore» come la chiama Carrère, hanno invaso la vita vera di Parigi, devastando la città, dal Bataclan ai bistrot fino allo Stade de France.
Vero-falso: su “Yoga” di Emmanuel Carrère
Yoga, pubblicato in Italia come tutta l’opera di Carrère da Adelphi con la traduzione di Lorenza Di Lella e Francesca Scala, è incentrato sul racconto della depressione dello scrittore, costretto a quattro mesi di ospedale psichiatrico con una massiccia dose di elettroshock a causa dell’identificazione di un disturbo bipolare
Cinque libri sul corpo
Photo by Lana Soosar on Unsplash Se il romanzo, il racconto, il memoir, la fiction, l’autofiction, la non-fiction, la letteratura, ecco, è ancora viva, è grazie ad autori come Andrés Neuman, che non si accontentano di scrivere i soliti romanzi, i soliti racconti, i soliti libri autobiografici nostalgici, la solita saggistica brillante e un po’ […]
Su “La città dei vivi”
A seguito di un lungo pezzo di Walter Siti su La città dei vivi, il quotidiano Domani mi ha chiesto un contributo da cui far partire una discussione che è proseguita on line. Ho accettato di buon grado. Ringrazio Domani consapevole che l’autore non ha l’ultima parola su ciò che ha scritto. di Nicola Lagioia Per quali strade […]
Leggere “I baffi” di Emmanuel Carrère mentre il mondo sta crollando
Leggere I baffi di Emmanuel Carrère mentre il mondo sta crollando. Anzi, peggio: cominciare a leggerlo una sera come tante e voltare pagina verso una doppia rivoluzione: quella del protagonista, che ti aspettavi, e la tua, anticipata da sinossi in altre lingue e più volte ignorata. Alla prima arrivi con un languore familiare al lettore e all’autolesionista, costretto da una scrittura abilissima, sia cortese che crudele. Per la seconda, invece,devi prenderti la colpa. Non puoi sospirare “Ah, la letteratura!”, no: dovevi guardare fuori, demolire la leggenda dei tuoi tempi immuni dalla catastrofe, apparentemente impossibili da incrinare,e pensarlo: «Quella spedizione da Zara Home per la tovaglia antimacchia, be’, dovevo godermela di più».
Rileggendo Gatsby e Frankenstein, all’ombra del memoir
La collana Passaparola dell’editore Marsilio, ideata da Chiara Valerio, editor della narrativa italiana della casa editrice veneziana, ha un compito sulla carta abbastanza semplice: si tratta di un esercizio tutto sommato comune che consiste nello scrivere un libro in cui un autore rilegge, attraverso una chiave narrativa, un testo letterario che ha avuto un ruolo particolare nella sua vita e nella sua formazione.
Ad emergere sono dunque dei veri e propri memoir estremamente letterari, che nascono dall’incontro tra un libro e la biografia dello scrittore.
I luoghi di Emmanuel Carrère
Questo pezzo è uscito su Linus, che ringraziamo.
Il titolo suona meno strano quando si scopre che viene dall’I Ching, libro che Carrère ha spesso dichiarato di consultare con profitto e regolarità. E non a caso “Propizio è avere ove recarsi” si chiude con la storia di Luke Rhinehart, “L’uomo dei dadi”, autore e protagonista dell’omonimo libro–culto del 1971 che racconta la sua scelta di affidare ogni decisione della propria vita a un lancio di dadi: dove a ogni faccia corrispondevano opzioni sempre più distanti da quello che “avrebbe fatto” con il chiaro intento di spingere la personalità oltre i propri limiti fino, eventualmente, a disintegrarla.
Don DeLillo, il grandissimo freddo
Questo pezzo è uscito sul Venerdì di Repubblica, che ringraziamo (fonte immagine).
NEW YORK. Per un uomo di sconfinate risorse la morte è, prima di tutto, un affronto imperdonabile. L’eccezione che conferma la regola aurea secondo la quale «per tutto il resto c’è Mastercard». Ross Lockhart, che ha fatto miliardi speculando sulle conseguenze finanziarie dei disastri naturali, non se ne capacita. Così, quando la seconda moglie Artis si ammala senza speranza, con un aereo privato la trasporta in una località segreta del deserto uzbeko che ospita la Convergenza, una via di mezzo tra una clinica zen, una prigione foucaultiana e il laboratorio dove si costruiscono i sensuali automi del film Ex Machina.
La specialità della casa è la crioconservazione. I morti vengono sospesi in capsule di azoto liquido nella speranza di scongelarli quando la medicina avrà capito come riparare gli organi difettosi. Sembra follia, ma all’ultima contabilità erano 144 i deceduti ospiti della Alcor, in Arizona, fiduciosi in tempi migliori. E io conosco almeno tre persone, tra cui uno scienziato stimatissimo, che hanno firmato un oneroso contratto con la suddetta compagnia per essere ibernati quando verrà il momento. Qui però siamo dentro la trama rarefatta di Zero K, il nuovo romanzo di Don DeLillo uscito in Italia l’11 ottobre per Einaudi (traduzione di Federica Aceto, pp. 240, euro 19). Un libro sull’elusivo senso della vita, sulla sua fine, sulle promesse messianiche della tecnologia, sulla guerra a bassa intensità in cui rovinano certi rapporti padri-figli e molto altro ancora.
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