Un supervillain non ha passato: Rust Cohle, Walter White e John Locke a confronto
di Marina Pierri
Questo articolo è contenuto nella pubblicazione Storie (in) Serie, a cura di Carlotta Susca e Antonietta Rubino, consultabile qui:
È anzi mia opinione che il male non possa mai essere radicale, ma solo estremo; e che non possegga né una profondità, né una dimensione demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie. È una sfida al pensiero, come ho scritto, perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s’interessa al male viene frustrato, perché non c’è nulla. Questa è la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale.
Hannah Arendt, La banalità del male
Quando penso all’incarnazione del male al cinema mi vengono in mente due esempi. Il primo è il Joker del Cavaliere oscuro di Christopher Nolan, così come interpretato da Heath Ledger. Il secondo, possibilmente più complesso e feroce, è Anton Chigurh di Non è un Paese per vecchi dei fratelli Coen.
Millenovecentonovantadue
È in libreria per minimum fax l’edizione tascabile dell’antologia La qualità dell’aria. Storie di questo tempo curata da Nicola Lagioia e Christian Raimo e apparsa per la prima volta nel 2004. Pubblichiamo il racconto di Nicola Lagioia, ringraziando l’editore.
Non sarò mai un vero fumatore. Mi mancano tenacia, disinvoltura, senso di colpa. Mi manca un certo automatismo, una particolare morbidezza, la temporanea sospensione del giudizio che va dal gesto di accendere la cicca a quello di abbandonarne i resti. La nicotina non mi entra nel sangue. I cinque minuti di una banale fumata diventano un lungo esercizio da mandare a memoria. La sigaretta, fra le mie dita, resterà sempre un viziosissimo artificio e mai, temo mai, una sana abitudine. In un qualunque pomeriggio di pioggia, solo, senza ombrello, fermo ad aspettare l’autobus, sento il tabacco scivolarmi di dosso fino all’ultima traccia. Così ogni volta non ho imparato niente. Non sono spinto a continuare.
Cannes 2013: un Festival dove hanno vinto gli sconfitti
Storicamente, il mio interesse per i premi e i premiati dei grandi e piccoli festival è piuttosto basso. Mi emozionanano e appassionano i film, assai di meno i riconoscimenti che possono o non possono ricevere.
C’è da dire, però, che raramente nel corso degli ultimi anni è accaduto che una giuria abbia espresso le sue valutazioni con tale somiglianza di vedute con il giudizio critico generale come per quest’edizione del Festival di Cannes. E la cosa mi ha colpito. Alla premiazione della 66ma edizione del Festival non ho assistito in smoking seduto accanto ad un potente produttore americano nella Salle Lumière, né ne seguivo l’andamento in maglia a righe e espadrillas sorseggiando pastis assieme ad una modella nippo-islandese in un café sulla Croisette.
Elogio della trama
Questo pezzo è uscito su Studio.
Premessa. L’idea, in origine, era scrivere qualcosa su quelli che “le serie americane non mi dicono proprio niente.” Poi ci ho pensato un po’ su, ho provato a chiedermi cosa ci potesse essere sotto e ad azzardare qualche conclusione. Questo è il risultato.
Il fattaccio. Qualche giorno fa mi sono ritrovata invischiata nell’uber-trito discorso “cinema vs televisione.” A mia discolpa, era notte, eravamo tutti un po’ sfatti e qualcuno aveva pure alzato il gomito. La scena è ambientata nel salotto di casa mia. Uno degli ospiti, maschio-bianco-etero-trentenne-con-titolo-di-studio, dice di non avere mai seguito una serie in tutta la sua vita e di andarne fiero. Perché, sostiene lui, “anche la serie fatta meglio non potrà mai competere con un film.”
Dalla parte di Alice – Il corpo e l’immaginario cinematografico 9: Twin Peaks
“Che cosa ci avviene quando assistiamo a un film e dimentichiamo di essere seduti nell’oscurità? Che cos’è l’immaginario cinematografico oggi? Quale attrazione esercita su di noi? (E: “noi” chi?). La rubrica di Paolo Pecere esamina alcuni film esemplari in cui il cinema sembra affrontare dal suo interno queste domande, collegati dal tema della fantasia di un altro mondo e un’altra vita. Una passeggiata “dalla parte di Alice”, che passa per film più e meno recenti, da Avatar a 2001. Odissea nello spazio, da L’enigma di Kaspar Hauser di Herzog a Inland Empire di Lynch. Qui le puntate precedenti.
Twin Peaks, il Tibet e il segreto della fiction
«Ogni opera d’arte riuscita è una siepe leopardiana»
Emilio Garroni
Rivedere Twin Peaks, per chi lo ha amato all’epoca della sua comparsa, fa l’effetto bruciante con cui si riguardano dalla distanza le ore aperte della prima giovinezza: gli entusiasmi acritici capaci di animare oggetti dozzinali e cibi scadenti, i momenti euforici in cui si celebrava la possibilità di altre ore infinite, e si rideva delle proprie risate. Il filtro del tempo concede uno sguardo riflessivo attraverso queste emozioni, ma non le annulla: il tema di Angelo Badalamenti, che insinuava sotto la pelle un’accogliente malinconia, è ancora capace di suscitare un brivido, anche se ci rendiamo conto che allude proprio a un turbamento che inizia, ma è destinato a restare senza nome. E l’intero Twin Peaks trovava nel suo inizio il suo momento più essenziale – poco importava, dopotutto, come andasse a finire, sempre più sbiadito come un’onda circolare.
Se i Coen avessero preso le distanze dai Coen
di Giuseppe Zucco Alla letteratura secca e tagliente di Cormac McCarthy, una tra le migliori penne americane, i fratelli Coen hanno sostituito un cinema altrettanto misurato e levigato. Al posto di frasi chirurgiche, di un altissimo senso del ritmo, di un uso della punteggiatura che corteggia le pause di respiro del lettore, di un linguaggio […]
I segreti di Twin Peaks (II parte)
di Paolo Pecere 3. Si tratta di un’ipotesi, forse astrusa. Ma per metterla alla prova, o almeno capirla meglio, si deve almeno mettere a fuoco questo rapporto interno realtà-finzione proprio del cinema di Lynch (che tuttavia, si è visto, pare riflettere, nei suoi termini storicamente contingenti, una più generale caratteristica del rapporto realtà-finzione, dalle pitture […]
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Stato dell’arte e proposta teorica