Sapere è potere

di Giovanni Castagno Si può amare la polemica, si può amare la critica. È anzi giusto provare a stanare le contraddizioni e puntare il dito per fare luce dove invece riteniamo ci siano delle ombre, ma nell’articolo L’asilo neoliberale nel bosco della crisi, firmato dallo scrittore, assessore, insegnante, ora a breve anche dottore di ricerca, […]

I nuovi muri

(fonte immagine)

Pubblichiamo un intervento di Alessandro Leogrande apparso su Lo straniero e vi invitiamo a visitare il sito della rivista, da poco online con una veste grafica completamente rinnovata.

Di fronte all’arrivo dei profughi lungo la rotta balcanica (in particolare siriani e afghani) risorgono in Europa nuovi muri materiali e mentali. Non c’è solo quello fisico, di filo spinato, eretto lungo il confine ungherese. Non c’è solo il cumulo di restrizioni che si alimenta di giorno in giorno in Slovenia, Croazia, Repubblica ceca, Slovacchia…

Alle spalle di tutto ciò sembra risorgere idealmente la vecchia cortina di ferro. I paesi dell’ex “blocco orientale”, entrati di recente nell’Unione europea, si riscoprono ammalati di nazionalismo, razzismo, nuovi fascismi, del tutto impreparati a gestire un fenomeno imponente come l’arrivo o il transito di migliaia di profughi. Un esodo non emergenziale, ma strutturale, che mette in discussione la tenuta della stessa Unione europea (oltre che le politiche dei paesi entrati nell’Ue molto prima).

Simone Weil è il più grande filosofo del Novecento

Il 3 febbraio del 1909 nasceva a Parigi Simone Weil. Pubblichiamo un articolo di Alfonso Berardinelli apparso sul Foglio e vi invitiamo a leggere un pezzo di Nicola Lagioia uscito su Orwell e su minima&moralia nel 2012.

di Alfonso Berardinelli

Qualche mese fa un giovane critico letterario, piuttosto polemico con le mie opinioni sia politiche che culturali (secondo lui indecifrabili, se non aberranti), mi ha chiesto in conclusione qual è, secondo me, il maggiore filosofo del Novecento. Non ho dovuto riflettere molto per rispondere: Simone Weil. Questa risposta, pur essendo accolta come un’ulteriore provocazione, sembrava anche offrire finalmente un chiarimento: perché certo Simone Weil la si sente nominare, ma non si sa mai come prenderla, non rimanda alle culture dominanti nel Novecento o le respinge, tiene insieme, non per moderatismo, ma per radicalismo, politica e religione, etica e gnoseologia: e quindi, soprattutto, non viene letta, esige molto dal lettore e disturba in particolare gli intellettuali e la loro categoria oggi prevalente, quella degli universitari. La Weil non ha confezionato trattati sistematici usufruendo di fondi di ricerca, e per questo dai filosofi di professione, abituati a rimasticare qualunque autore, spesso senza ragioni sufficienti, viene ritenuta a torto un pensatore non sistematico, teoreticamente inadeguato perché frammentario. Niente di meno vero. Simone Weil non ha costruito sistemi, edifici concettuali dentro cui ripararsi. La sua produzione è occasionale, profondamente motivata dagli eventi della sua vita e da quelli politici degli anni in cui è vissuta (il ventennio fra le due guerre mondiali). Ma i suoi articoli e saggi, i suoi diari e aforismi configurano un pensiero straordinariamente coeso e coerente, originale (parola a lei non gradita!) nella sua cartesiana lucidità e in una eroica onestà esistenziale.

Passando per forza da Gramsci

Questo pezzo è uscito su Orwell.

“Gramsci è un classico, un autore che non è mai di moda eppure viene letto sempre”. La frase di Fernandez Buey è riportata da Eric Hobsbawm in un saggio su Gramsci contenuto in uno dei suoi ultimi libri, apparso in Italia da Rizzoli appena un anno fa: Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l’eredità del marxismo. Hobsbawn è stato tra più attenti interpreti della “Gramsci Renaissance”, quel singolare fenomeno di ricezione globale protrattosi nell’ultimo trentennio, a molti apparso sempre più strano dopo la crisi (politica) del socialismo e (filosofica) del marxismo. Eppure Hobsbawn aveva colto appieno cosa rendeva il pensiero di Gramsci tanto attraente, nonostante l’inattualità di molte sue parti: innanzitutto, scriveva, egli è stato uno dei rari esempi di pensatore marxista in cui riflessione teorica e azione politica (culminata nei lunghi anni del carcere) si sono intrecciati strettamente tra loro. Se si escludono gli artefici della rivoluzione russa e Rosa Luxemburg, questa unione di pensiero e azione rivoluzionaria non ha certo riguardato Lukács, Korsch, Althusser, Marcuse e tanti altri.