Lode al film perfetto e al film più imperfetto di Venezia 2015
C’è un filo extratestuale che accomuna Anomalisa di Charlie Kaufman e Duke Johnson e A Bigger Splash di Luca Guadagnino, quello di essere stati eletti al ruolo dei più “esposti”di un festival del cinema. Si è parlato di tutti i film del concorso Venezia 72, ma nessuno quanto questi è affiorato all’attenzione di critica e pubblico, determinando una equivalente suscettibilità di opinione. Due storie che guardano al privato, differenti per cifra narrativa, in cui il racconto si realizza in modo così personale, radicale nella forma, da risaltare agli occhi di chi guarda. Compiuto ed essenziale il film d’animazione di Kaufman/Johnson, accolto con consensi pressoché omogenei; magmatica e spezzata è invece l’opera di Guadagnino, che ha offerto il fianco a dissidi e malumori. Ma è anche in virtù di una risonanza mediatica – è mancato il film scandalo quest’anno, a qualcosa ci si doveva pur attaccare – che Guadagnino e Kaufman/Johnson sembrano stati gli unici a osservare le oscillazioni dell’intimo umano in maniera altrettanto diretta ed efficace. Dunque, esiste anche un filo testuale che lega A Bigger Splash ad Anomalisa: raccontare quanto possa essere complessa e stratificata l’elaborazione del desiderio; e mostrare come l’emotività umana possa inframmezzarsi, talvolta avvicendarsi, alla realtà, al punto da alterarne i connotati, da rifondarne la parvenza.
Video didn’t kill the radio star #4
Qui le puntate precedenti della rubrica.
Alcuni ragazzi, nella periferia di una città americana, vanno in bici, caricano e puntano fucili a aria compressa, si baciano, litigano, si rincorrono, vanno alle feste, mentre tutto intorno si diramano posti di blocco di polizia, recinti di filo spinato, squadre di soldati in assetto da guerra, grandi volute di fumo nero nell’aria.
Il video, nella messa in scena di un’adolescenza sconclusionata, ricorda il famosissimo 1979 degli Smashing Pumpkins – ma se negli anni ’90 del secolo scorso, i ragazzi, a modo loro, sembrano attraversare il campo minato della loro età uscendone quasi indenni, qui, nel video di Spike Jonze, c’è qualcosa di più. L’elemento perturbante è quest’aria di guerra sottile, mai dichiarata fino in fondo, che punteggia gli eventi e rende tutto terribilmente minaccioso.
The suburbs, di Arcade Fire, 2010 – il video è diretto da Spike Jonze
New York cambia, ma nulla è mutato nella mia malinconia
Mi sono spiato illudermi e fallire
abortire i figli come i sogni
mi sono guardato piangere in uno specchio di neve
mi sono visto che ridevo
mi sono visto di spalle che partivo
Fabrizio De André, in questo breve passaggio di Anime Salve, riesce a definire il concetto di malinconia in maniera diretta e tangibile, dandogli una collocazione, tratteggiandone gli sfuggenti contorni in un frammento potente e dolorosissimo.
La traccia Anime Salve dell’omonimo disco, ultimo del cantautore genovese e realizzato in fortunata collaborazione con Fossati, non è altro che un canto accorato in cui viene celebrata la solitudine cosmica dell’anima, definita, quest’ultima, “bell’inganno”. Anima ormai lontana dal mondo sensibile (“ti saluto dai paesi di domani”) e finalmente in grado di visioni antiche e ricordi ancestrali.
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