La destituzione permanente. Un estratto da “La guerra di tutti”

Pubblichiamo, ringraziando editore e autore, un estratto dal libro di Raffaele Alberto Ventura La guerra di tutti, uscito per minimum fax. Ventura sarà ospite quest’oggi alle 16 da Fahrenheit su Radio 3 e presenterà il libro alle 20.30 presso la libreria Arcadia di Rovereto.

Da Anonymous al Movimento 5 Stelle, dalla maschera di Guy Fawkes ai gilet gialli, passando dagli indignados al popolo viola, dai forconi all’internazionale neonazionalista, il dibattito pubblico occidentale è stato occupato nell’ultimo decennio da forme di contestazione molto differenti che pure avevano qualcosa in comune: la vaghezza profonda delle loro rivendicazioni. Movimenti tenuti assieme dal rifiuto dello status quo e dal comune sconforto per un declassamento subito o anche soltanto temuto, ma composti da classi sociali differenti, culture politiche contrapposte e soprattutto interessi divergenti.

La rivolta dei declassati

di Federico D’Onofrio

La stagione della guerra (viene e va)

Dopo gli attacchi di Parigi, i giornali e molti commentatori hanno parlato di guerra. Lo stesso governo francese ha – forse un po’ impropriamente – chiesto l’assistenza degli altri membri dell’Unione Europea invocando l’articolo 42.7 del trattato di Lisbona, che regola, almeno nelle intenzioni originarie, la difesa comune in caso di invasione. Su Prismo, Raffaele Alberto Ventura ha invece invocato lo spettro della guerra civile, in Francia e più genericamente in Occidente. Non ha certamente torto, visto che il terrorismo ha proprio il compito di inasprire la divisioni di una comunità e portare, attraverso un meccanismo di attentati e rappresaglie, alla guerra civile. Ma è davvero la guerra (civile o esterna) la categoria utile per comprendere gli eventi di Parigi?

Insegniamo l’economia, non solo la teoria neoclassica

Questo pezzo è uscito su Linkiesta.

di Alberto Mucci

Capelli lunghi, barba incolta e aspetto leggermente trasandato. Lo scorso anno accademico, ad ogni lezione di Filosofia dell’Economia alla London School of Economics (Lse) Thomas Vass si presentava più o meno alla stessa maniera. Durante i seminari non mancava, ad ogni occasione, di contraddire Joe Mazor, titolare della cattedra, e di mettere in dubbio la sua ipotesi di base, quella su cui era basato gran parte del suo corso.

Tempo fuori sesto. Guy Debord contro la Modernità 7

Pubblichiamo la settima parte del testo di Raffaele Alberto Ventura su Guy Debord. Qui le puntate precedenti.

Se il pensiero politico moderno concepisce lo Stato come macchina e «magnum artificium» (in Hobbes per esempio) la critica antimoderna sta nel considerare che questa macchina non è in grado di funzionare. In verità Thomas Hobbes metteva già in guardia dal vizio che avrebbe paralizzato la macchina: la divisione dei poteri. Ma questa divisione è inesorabile dal momento in cui la giurisdizione statale tende a estendersi a un numero sempre crescente di fenomeni e rapporti. Questo processo di estensione e suddivisione, per mezzo della proliferazione di funzionari addetti al controllo e all’amministrazione della società, caratterizza la storia della Modernità politica.