Discorsi sul metodo – 18: Yiyun Li

Yiyun Li è nata a Beijing nel 1972. Il suo ultimo libro edito in Italia è Più gentile della solitudine (Einaudi 2015).

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Quante ore lavori al giorno e quante battute esigi da una sessione di scrittura?

La mia regola base, quando ho iniziato a scrivere seriamente, è sempre stata quella di scrivere sei ore al giorno, tutti i giorni. Avevo anche degli standard minimi a livello quantitativo, ogni giorno mi aspettavo di fare diverse pagine. Da quando ho figli e insegno è diventato tutto più complesso, riesco a fare sei ore solo nei giorni davvero eccellenti, ma spesso è già buono se ne faccio due o tre. In questo momento mi accontanto di dieci pagine la settimana. Non è molto, ma se le fai veramente, ogni settimana, sono comunque un passo accettabile.

Dove scrivi? Hai orari precisi?

Ho uno studio ma la verità è che non lo uso mai perché tanto i bambini vengono a chiamarmi e riesco a farli star buoni più facilmente se sto direttamente lì con loro. Quindi scrivo in cucina.

Il grande romanzo americano lo scriverà uno straniero

Questo pezzo è uscito su Pagina 99.

“Appartengo soltanto alle mie parole. Non ho un paese, una cultura precisa. Se non lavorassi alle parole non mi sentirei presente sulla terra”, dice Jhumpa Lahiri, americana di origine bengalese che oggi vive in Italia e, dopo aver studiato l’italiano per vent’anni, ora sta scrivendo il suo primo libro nella nostra lingua (una raccolta di pezzi usciti su “Internazionale”). Jhumpa Lahiri, che è stata una delle prime voci potenti, originali, letterariamente rilevanti, tra gli americani di seconda generazione, è famosa per le sue storie, sempre a cavallo di due culture e due tradizioni, religioni e lingue – divenute presto dei classici, tanto che nel 2000 è stata premiata con il Pulitzer per “L’interprete dei malanni” (Guanda).