A proposito di Lena

Pubblichiamo la versione integrale di un articolo di Tiziana Lo Porto uscito sul Venerdì il 30 settembre. (Fonte immagine)

L’ha detto benissimo Truman Capote: “La differenza tra realtà e finzione è che la finzione deve essere coerente”. Detto più banalmente, scrivere finzione è come raccontare bugie: se non hai buona memoria e abbastanza immaginazione per tenerle in vita senza farti beccare, evita di farlo. In questa zona d’ombra tra realtà e finzione si colloca regina l’opera di Lena Dunham: il suo bellissimo lungometraggio Tiny Furniture (del 2010, acclamato in America, ingiustamente ignoto in Italia), la fortunata serie tv Girls (da lei scritta, diretta, interpretata, prodotta) che le ha permesso di conquistare la gloria internazionale e diversi Emmy, il felice memoir Non sono quel tipo di ragazza (Sperling & Kupfer, mia la traduzione, pagg. 288, euro 15,80) con cui oggi ha appena esordito come scrittrice uscendo in contemporanea in 22 paesi oltre che in America. In ogni sua opera ha attinto a piene mani dalla propria vita per farne opere d’arte e di successo.

Letteratura e inquietitudine

Pubblichiamo l’intervento che Marcello Fois ha tenuto a Pordenonelegge 2014 ringraziando l’autore. (Fonte immagine)

di Marcello Fois

Ho undici figli.

Il primo è fisicamente poco appariscente, ma serio e intelligente, pure non ho molta stima di lui, benché, in quanto figlio, lo ami come tutti gli altri. Il suo modo di pensare mi pare troppo semplice, non guarda né a destra, né a sinistra, né in lontananza, compie continuamente il periplo della ristretta cerchia delle sue idee o meglio vi si aggira dentro…

(…)

Il mio undicesimo figlio è gracile, certo è il più debole di tutti; ma la sua debolezza inganna, perché a volte sa essere forte e risoluto; ma anche allora la sua debolezza è in qualche modo determinante. Non è però una debolezza di cui s’abbia a vergognare, ma qualcosa che sembra tale soltanto su questa nostra terra. Non è per esempio anche la disposizione al volo una debolezza, trattandosi di un vacillare incerto, di uno svolazzare a caso? Qualcosa di simile appare nel mio figliuolo. Il padre, di certe qualità non può certo rallegrarsi perché tendono evidentemente alla disgregazione della famiglia. A volte mi guarda quasi mi volesse dire: Ti prenderò con me, babbo. E io penso allora: Saresti l’ultimo a cui mi affiderei. E il suo sguardo sembra rispondere: Ebbene, che io sia almeno l’ultimo.

Questi sono i miei undici figli.

È Kafka (Undici Fratelli), perché è un maestro di quella che io vorrei definire Inquietudine come Sistema. Il caso dell’immortale praghese è assolutamente paradigmatico di qualcosa che separa gli scrittori dagli scriventi, e cioè per l’appunto la necessità di fare della propria inquietudine un materiale attivo. Come si fa a mettere in moto una reazione chimica all’interno di una miscela apparentemente inerte, lettere e frasi, come la scrittura? Dove sta la febbre biologica che tiene vive, pulsanti, le pagine? Kafka risponde per tutti: nell’inquietudine. Perché l’assenza di inquietudine, e quindi l’incapacità di generare moto, produce inerzia e quindi morte.

Il Nobel a Patrick Modiano, il romanziere schivo

Questo articolo è uscito su Pagina 99. di Carlo Mazza Galanti Patrick Modiano è senza dubbio uno degli autori più importanti che la letteratura francese abbia espresso negli ultimi decenni e al di là della forse discutibile predilezione verso le lettere d’oltralpe manifestata dai giurati dell’Accademia Reale (assegnando in sei anni due Nobel ad autori […]

Sul Jobs Act, ovvero fate ciao ciao con la manina ai diritti del lavoro

di Christian Raimo Ieri il Senato ha approvato la legge delega sul lavoro, intitolato con un tracotante anglismo Jobs Act. Da settimane non si parlava d’altro, ma il voto di ieri ha cambiato e di molto le diverse analisi che si sono sviluppate in queste settimane, e ha dato la forma definitiva a una porcata […]

Patrick Modiano ha vinto il Premio Nobel per la letteratura. Non ce l’aspettavamo.

Auguri a lui, ai suoi editori (a quelli italiani: da Einaudi a Lantana, che ha deciso di investire recentemente su quest’autore), ai suoi traduttori, e ai suoi lettori, passati, presenti e futuri.

Lo Sblocca-Italia rottama il Paese

È uscito ieri Rottama Italia, un ebook edito da Altraeconomia in cui sedici autori, architetti, urbanisti, archeologi, giuristi, costituzionalisti, giornalisti affrontano i 45 articoli del decreto Sblocca-Italia, che dovrà essere convertito in legge entro il prossimo 12 novembre. Rottama Italia nasce da un’idea di Sergio Staino, ed è stato curato da Tomaso Montanari. Hanno partecipato al progetto Ellekappa, Altan, Pietro Raitano, Giannelli, Mauro Biani, Paolo Maddalena, Giovanni Losavio, Massimo Bray, Maramotti, Edoardo Salzano, Bucchi, Paolo Berdini, Vezio De Lucia, Riverso, Salvatore Settis, Beduschi, Vincino, Luca Martinelli, Anna Donati, Franzaroli, Maria Pia Guermandi, Vauro, Pietro Dommarco, Domenico Finiguerra, Giuliano, Anna Maria Bianchi, Antonello Caporale, Carlo Petrini. Il libro è disponibile gratuitamente in pdf qui.

Pubblichiamo la vignetta di Altan e l’intervento di Salvatore Settis.

Silenzio-assenso

di Salvatore Settis

Il principio del “silenzio-assenso”, surrettiziamente introdotto dal decreto Sblocca-Italia nella materia urbanistica e paesaggistica, è contrario alla Costituzione e a un’affermata e costante giurisprudenza della Corte Costituzionale. Non è la prima volta che un colpo di mano come questo viene tentato da ministri e governi d’ogni segno politico: perciò è utile, prima di esaminare nel dettaglio qualche articolo di questo neo-decreto renziano imperniato sulla “somma urgenza” di devastare l’Italia, un piccolo flashback. Cominciamo con il dire che l’istituto del silenzio-assenso è stato introdotto nell’ordinamento italiano allo scopo di tutelare il cittadino contro la possibile inefficacia della pubblica amministrazione (legge 241/90). Nel caso che un pubblico ufficiale non risponda alla richiesta di un cittadino entro determinate scadenze, il suo silenzio – questa è l’idea-base – significa in pratica un assenso.

L’errore, l’anestesia, lo stupore. Tre domande a Paolo Nori

di Andrea Cirolla Domani esce il nuovo libro di Paolo Nori. Sì, ma dove «esce»? Da dove? E verso dove? Queste domande che sembrano finte, e che forse sembrano pure l’imitazione di domande che si potrebbero trovare dentro un libro di Paolo Nori, sono invece il semplice effetto di un’esperienza. La mia esperienza è questa, […]

Quel silenzio da numero uno. L’intervista a Dino Zoff

Pubblichiamo un’intervista Malcom Pagani a Dino Zoff apparsa sul Fatto quotidiano. Ringraziamo l’autore e la testata. (Nella foto, Dino Zoff con Gaetano Scirea. Fonte immagine)

di Malcom Pagani

Se il signor Zoff parlava poco, una ragione c’era: “A casa mia le regole non erano scritte, ma scolpite. Si viveva di realtà e di concretezza, per scuse puerili e vittimismi non esisteva spazio”. Specchiandosi nel fiume Aniene, l’uomo che superò il guado a tempo debito confessa che avrebbe avuto ancora voglia di remare. Il pudore di sempre. L’amarezza lenita dall’ironia: “Mi chiede se mi sarebbe piaciuto dare una mano al calcio italiano di oggi? Onestamente sì, sa cosa mi ha fregato? L’età. Sono vecchio. Ho 72 anni, conosco le persone che comandano il gioco e loro sanno perfettamente chi sono io”.

Il genio di Roberto Arlt

Questo pezzo è uscito sul Venerdì di Repubblica. Vi segnaliamo che in questi giorni è in corso in molte librerie l’iniziativa Arlt Attack!, promossa da Del Vecchio Editore e Edizioni Sur. (Fonte immagine)

Dormiva spesso vestito, così era pronto a scendere in strada quando lo catturavano improvvise visioni notturne. Scriveva come viveva e viveva come scriveva e soprattutto scriveva quel che viveva. Perché – disse – il dolore non s’inventa. Il dolore deve provarlo anche il lettore. Dunque, si deve scriverlo così com’è, senza letteratura. Senza parlare di letteratura. Si deve scriverlo con rabbia e istinto. Per colpire con la violenza di un gancio alla mandibola. Cercando la verità a tutti i costi. È per questo che nessuno è felice, quando legge. Perché ci si aspetta sempre di trovare la verità, ma la verità è relativa, è una verità così piccola, così piccola…

Anatomia di un’indagine. Il mistero di Paolo, nato (e scomparso) a Casal di Principe

Nel 2012 minimum fax ha pubblicato Nato a Casal di Principe di Amedeo Letizia e Paola Zanuttini. In seguito all’uscita del libro, le indagini sulla scomparsa di Paolo Letizia si sono riaperte, e oggi vedono una svolta.

Come riportato dai principali quotidiani (qui la notizia su Repubblica, edizione Napoli), oggi sono state emesse le ordinanze di custodia cautelare per i presunti colpevoli, assassini e mandanti. Quella che fino a ieri era “un storia in sospeso” oggi sembra non esserlo più.

Ripubblichiamo l’articolo che Francesco Barbagallo dedicò al libro e alla storia, uscito su il Venerdì.

Frances Ha e l’amore per le cose che sembrano errori

Ci si sente davvero felici quando, a una festa, si incrocia lo sguardo complice della persona che amiamo. La si guarda, indugiando o di sfuggita, e poi si torna a fare quel che si è interrotto: chiacchierare con una nuova conoscenza, versare da bere a uno sconosciuto capitato al tavolo degli alcolici nel nostro stesso momento oppure fumare una sigaretta alla finestra, confessandoci con un vecchio amico, mentre si valuta l’idea di ballare un po’. La nostra persona sarà dunque attraente e sicura e nulla di più appagante che vederla mentre è alle prese con risate e strette di mano, diversa da come è in privato e per questo ancora più luminosa e sensuale. Quell’occhiata fugace, scambiata fra due che nutrono fiducia reciproca e profonda adorazione, è il segnale tangibile dell’intesa amorosa, il sintomo inconfondibile dell’innamoramento avvenuto e consolidato.

Claudio Caligari, ancora un altro film! L’appello di Antonella Lattanzi, Valerio Mastandrea e tutti quanti noi di minima&moralia

Claudio Caligari potrebbe girare un nuovo film. Il condizionale è dovuto alle difficoltà produttive. Chi ha visto e amato i suoi due lungometraggi non è insensibile al tema. Non lo sono Antonella Lattanzi, Valerio Mastandrea e tutti quelli che si stanno mobilitando perché il terzo film del papà di “Amore tossico” veda la luce. La […]

Il sistema-mondo italiano dell’arte contemporanea

Questo pezzo è un estratto della sezione arti visive, “Il sistema-mondo italiano dell’arte contemporanea nell’era della crisi: declino o rinascita?”, pubblicata all’interno del Rapporto 2014 di Symbola Fondazione per le qualità italiane: Io sono cultura. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi  The signals we send are deflected again. We’re so connected, but are we […]

50 anni di “Per Un pugno di dollari”. Sergio Leone, l’Andalusia e una storia da storia del cinema

Questo articolo è uscito su il Venerdì di Repubblica

ALMERÍA. Sono passati esattamente cinquant’anni dal momento decisivo. Accade tutto in una sala cinematografica che non esiste più. Ci vorrebbe una telecamera immobile sul volto per spiare i minimi movimenti delle palpebre e i tic e il sudore e le sigarette fumate e spente una dietro l’altra. Perché c’è un uomo determinato e drogato di sigarette a dare ossigeno e vita al film che avrebbe cambiato la storia del western e del cinema stesso del secondo Novecento. Si chiama Renato Bozza, è direttore generale della casa di distribuzione Unidis, e ha puntato moltissimo sul film di Bob Robertson, Per un pugno di dollari. Robertson è il nome che è stato imposto a Sergio Leone per spingere al successo un western italiano su cui in pochi sono disposti a scommettere (Gian Maria Volonté è John Wells, Ennio Morricone è Leo Nichols e così via). All’inizio, però, quel che bisogna salvare è la vita stessa della pellicola. Il film esce in un’unica sala, il 12 settembre del 1964, al Supercinema di Firenze, e nelle prime settimane è un fiasco. Rischia la morte prematura. Tuttavia se la sala è vuota, i biglietti vengono staccati ugualmente.