Bestie di scena. Una conversazione con Emma Dante

Questo pezzo è uscito sul Venerdì, che ringraziamo. All’inizio si chiamava Animali da palcoscenico, ma non andava bene perché l’animale da palcoscenico è l’istrione che il palco non si limita a calpestarlo ma se ne impossessa fino a farne il suo dominio. Allora poco a poco è affiorata l’espressione che si utilizza in Francia, «bêtes […]

Su “La morte di Danton” di Mario Martone

Questo pezzo è uscito su Pagina 99, che ringraziamo.

Al culmine del breve, incandescente discorso in cui cerca di ribattere alle accuse che gli vengono mosse dal Tribunale della Rivoluzione, Georges Danton sfiora il nocciolo delle cose. Siamo a Parigi, nell’aprile del 1794. Dopo aver liquidato l’ala sinistra degli hebertisti, Robespierre intende puntellare il proprio potere eliminando proprio Danton, colui che incarna l’altra faccia della Rivoluzione, l’anima più libertaria e pragmatica, tanto da apparigli come il più pericoloso degli avversari.

Nell’aula di tribunale, dopo aver indirizzato contro Robespierre, Saint-Just e «i loro boia» la medesima accusa che loro stessi gli hanno lanciato (tradire, cioè, il processo rivoluzionario), Danton si rivolge a quel pubblico che a lungo lo ha amato come il leader più umano, e passionale, dei moti parigini. Si rivolge alla porzione di popolo assiepata ad assistere a una gogna politica dall’esito già segnato, e conclude il suo discorso con parole che non potevano essere più lucide, più crude, e allo stesso tempo distanti dalla morale dei due «santi» della Rivoluzione che vogliono farlo condannare a morte in quanto «controrivoluzionario»: «Fino a quando le orme delle libertà saranno le tombe? Voi volete pane, e loro vi lanciano teste! Voi avete sete, e loro vi fanno leccare il sangue dai gradini della ghigliottina!»

Roberto Herlitzka e la maschera dell’attor vecchio

La maschera dell’attor vecchio è una delle più affascinanti della modernità, per quanto riguarda la drammaturgia. E oggi, in questo tempo che non sa più guardare al passato ma che ha anche smarrito un’idea costruttiva di futuro, è forse la maschera che meglio incarna quel senso di smarrimento nei confronti della contemporaneità che, mi sembra, si sta delineando come il tratto comune dei nostri giorni. I testi più interessanti sono tre (ma se ne potrebbero citare degli altri). «Il canto del cigno», capolavoro di poche pagine scritto da un Cechov ventiseienne, è forse il capostipite di questa schiera di vecchi artisti consumati dall’arte e rigettati dal tempo; sicuramente il più dolente e al contempo il più romantico.

Come un cane senza padrone

di Licia Vignotto (foto di Denise Ania)

Da Pier Paolo non si scappa. Passano gli anni, le piogge, i governi, ma il lavoro di Pasolini resta fermo, come un sogno o un incubo ricorrente al quale prima o poi bisogna tornare. Ci tornano anche i Motus, compagnia teatrale basata in Romagna ma “nomade e indipendente”, pluripremiata a livello internazionale e protagonista quest’anno di una ricca retrospettiva organizzata tra Bologna e territori limitrofi per festeggiare i venticinque anni di attività.

Anche se sarebbe più corretto specificare questo: più che celebrare e ricordare con nostalgia il passato l’intento è quello di continuamente sollecitare, disturbare, svegliare, pizzicare anche con forza, anche con violenza, il qui e l’ora. “Ogni nostro volgerci indietro – sottolineano i Motus, storicamente guidati da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò – è per meglio accumulare energie e rilanciare, incunearci nelle pieghe del presente e provare a immaginare futuri possibili”.

Lehman Trilogy. Il testo di Stefano Massini torna al Piccolo di Milano

Era il gennaio del 2015, quando Luca Ronconi metteva in scena al Piccolo di Milano il testo di Stefano Massini Lehman Trilogy (edito da Einaudi nel 2014) che racconta la storia di tre generazioni di Lehman, coprendo 160 anni di storia americana. Dal loro arrivo in Alabama, nella seconda metà dell’Ottocento da un piccolo paesino della Baviera sui bastimenti che portarono migliaia di europei a cercare nel nuovo mondo una strada per il loro riscatto, al crollo della quarta banca degli USA (Lehman Brothers), un impero finanziario globale, che con la sua scomparsa ha decretato la fine del capitalismo del XX secolo.

Tra Pasolini e Roth: intervista a Massimo Popolizio

Massimo Popolizio è in scena (accanto, tra gli altri, a Fabrizio Gifuni e Massimo De Francovich) al Teatro Argentina di Roma fino al 18 Dicembre con la celebrata Lehman Trilogy, ultima grande messa in scena di Luca Ronconi, tratta dall’omonimo testo di Stefano Massini.

Come riassunto da Marta Marchetti nel suo saggio Guardare il romanzo. Luca Ronconi e la parola in scena (Rubettino): “La storia dell’ascesa e del declino di una grande famiglia di banchieri americani è raccontata in una fusione di spazio, tempo e azione che mette attori e spettatori di poterne fruire solo se disponibili a rischiare di rimanere bloccati su un dettaglio o di perdere proprio il particolare che può dare un senso al tutto (…) In questo modo procede tutto lo spettacolo, più di un secolo di storia economica e politica per la durata integrale di cinque ore e mezza…”.

Un pugno di libri ci salverà la vita. «By Heart» di Tiago Rodrigues

Nadežda Mandel’štam riuscì a salvare le poesie del marito Osip, morto a causa delle purghe staliniane, mandandone a memoria i versi. Non usò solamente la propria, di memoria, ma anche quella degli altri, trasmettendo ogni poesia a dieci persone per volta. Quando arrivò alla decima poesia, cento persone conoscevano e trasmettevano i versi del marito. E così via. A quel punto, per quanto nascosta e segreta, la poesia di Mandel’štam si era pian piano trasformata in un fiume carsico che attraversava la Russia, per riemergere poi con forza al termine del periodo staliniano. Tra le persone che Nadežda incontrò in questa paziente opera di trasmissione ci fu Joseph Brodsky, futuro premio Nobel.

Uomini delle caverne, ieri come oggi: la paura nel teatro italiano di fine ‘800

di Edoardo Rialti “I romanzi, i film, i programmi Tv o della radio – persino i fumetti –che si occupano di horror si svolgono sempre a due livelli. Alla superficie c’è il livello grossolano – quando Regan vomita in faccia al prete o si masturba con un crocifisso in ‘L’Esorcista’… ma su un altro livello, […]

Da Anna Politkovskaya a Edipo: intervista a Elena Arvigo

In occasione dei dieci anni della morte di Anna Politovskaja, la giornalista russa uccisa mentre tornava a casa con le buste della spesa in seguito a reiterate minacce da parte dei vertici militari del regime, Elena Arvigo ha riportato in scena lo spettacolo Donna Non Rieducabile al Teatro Manzoni di Calenzano.

Un racconto teatrale di notevole intensità, in cui la vita della coraggiosa reporter è narrata attraverso i brani più significativi dei suoi scritti di denuncia. Con l’occasione abbiamo incontrato l’attrice e regista, che ci ha parlato anche dei suoi progetti futuri.

Sono Pasolini. Intervista a Giovanna Marini

(fonte immagine)

Tra i numerosi omaggi che il Teatro di Roma, sotto la direzione di Antonio Calbi, ha offerto alla memoria di Pier Paolo Pasolini, lo spettacolo di Giovanna Marini Sono Pasolini, in scena al Teatro India fino al 30 Ottobre scorso, è stato senz’altro tra i migliori.

Lo spettacolo esplora la zona meno conosciuta della vita dell’autore, la gioventù friulana, ed ha il merito di spazzare via i luoghi comuni infamanti che ne hanno macchiato per decenni la reputazione.

Giovanna Marini, infatti, fa chiarezza sulle accuse di corruzione di minori che portarono Pasolini a lasciare il suo amato Friuli, dove era un insegnante adorato da studenti e genitori.