L’incomprensibile fascino molto italiano per quella cosa chiamata omeopatia

Riprendiamo quest’articolo dal bellissimo sito d’informazione medica Medbunker.
E poi, rimandiamo a una serie di slide tratte dal libro edito da Laterza Cosa c’entra l’anima con gli atomi? del filosofo della scienza, Mauro Dorato, che da anni – di fronte a una discussione italiana sull’omeopatia che spesso si lega a tifoserie contrapposte – cerca invece di creare le premesse argomentative all’interno di un dibattito sulla scienza: le slide le trovate qui.

di Medbunker

Mentre in California la Boiron ha stanziato 12 milioni di dollari  per risarcire i consumatori che si sono sentiti truffati dalle scarse informazioni sulla reale natura dei prodotti dell’industria omeopatica (ed altri 5 milioni per ulteriori risarcimenti in corso), mentre nello stesso stato sono in corso sei denunce per pubblicità ingannevole perchè i consumatori non erano stati avvertiti che nei prodotti omeopatici c’è solo zucchero, mentre in Australia l’istituto superiore della sanità ed il Medical Research Council hanno definito l’omeopatia senza basi e non etica seguendo la denuncia dell’associazione britannica dei medici che ha definito l’omeopatia “stregoneria“.

L’occhiale da sole nell’opinione di un architetto tedesco

Un giorno di luglio, dopo aver chiuso il sacco a pelo dentro uno zaino, Roland Barthes, l’autore di Miti d’oggi, monta su un treno per l’Italia. Un treno che ferma in tutte le città di mare – da Ventimiglia a Leuca. Barthes scende ad ogni stazione. Pernotta un giorno o due in una pensioncina, oppure, dopo aver camminato per un intero pomeriggio, in spiaggia, sul lungomare, dopo aver sostato su una panchina, accanto a una fontana, sul sedile di uno scooter, all’ingresso di un campeggio, cerca riparo all’ombra di una pineta e stende il sacco a pelo sopra un tappeto di aghi di pino. La mattina rimonta sul treno. Ricomincia la lenta discesa  – come una macchia di luminol; come una goccia di sciroppo d’amarena – lungo lo stivale, e su ciò che vede, Barthes prende appunti su un diario: “I romanzi gialli esposti nelle edicole bazar; tuffarsi da uno scoglio; un gioco d’ombre sul fondale di una piscina; addormentarsi tardi; il contatto freddo della pianta nuda di un piede contro una ceramica; un sogno tropicale nella decorazione di un cocktail; chiudere la zip di un sacco a pelo, immergersi; una classe d’infradito colorate sulle strisce pedonali; il cruscotto fumante di un’automobile senz’aria condizionata; un uomo in canottiera, appoggiato ad una balaustra; il pentagramma muto dei corpi stesi su una scogliera; le due persiane aperte, su di una cucina, dove madre e figlia recitano come a teatro; un bimbo che mastica una cannuccia; una macchia di pistacchio sciolta su una Gazzetta dello Sport; e il successo canoro dell’estate, da un’autoradio fritta dal sole”.

Siamo tutti Pistulino Riot

Pubblichiamo le ultime due cronache scritte per l’Ansa da Lucia Sgueglia, reporter italiana, sul processo in corso in questi giorni al gruppo politico-rock-situazionista Pussy Riot, che sta ricevendo una solidarietà internazionale, sia da parte del mondo della musica sia da parte delle associazioni per i diritti umani. Anche in Italia, per esempio, Elio e le storie tese hanno deciso di cambiare il loro nome in Pistulino Riot fino alla liberazione delle musiciste-attiviste. Gli altri pezzi di Lucia Sgueglia sul processo li potete trovare nel suo mirabile blog: greateastvibes.wordpress.com.

di Lucia Sgueglia

MOSCA 7 AGOSTO – Tre anni di carcere ordinario per teppismo motivato da odio religioso o contro un gruppo sociale (i credenti ortodossi). È la condanna richiesta dall’accusa nel processo alla band punk Pussy Riot, che oggi ha visto anche le arringhe finali degli avvocati. Domani la giudice Marina Sirova si ritirerà in camera di consiglio dopo le ultime repliche, mentre agli appelli internazionali per la liberazione delle tre ragazze si è aggiunta anche la pop star Madonna: “hanno fatto qualcosa di coraggioso, hanno pagato il prezzo per quest’atto, Nadia, Katia, Masha (i nomi delle tre imputate, ndr) io prego per la vostra libertà”, ha detto la pop star durante il suo concerto allo stadio Olimpiski di Mosca, strappando l’applauso degli 80 mila spettatori. Poi ha cantato la sua hit “Like a Virgin”.

Un militante fascista può riabilitarsi? La galera serve a qualcosa?

Riprendiamo questo articolo dall’edizione on line de Gli altri

di Susanna Schimperna

L’indignazione per l’incarico al Comune di Roma dato da due anni all’ex carcerato Maurizio Lattarulo arriva il giorno dopo la notizia che, rifiutandogli il permesso con pretestuosi motivi burocratici, è stato impedito a un detenuto di Regina Coeli di discutere la propria tesi di laurea. Due casi che non possono non togliere le ultime illusioni a chi ancora creda che il carcere abbia davvero, come previsto nei codici, una funzione rieducativa accanto a quella meramente punitiva.

Ma se a deplorare l’episodio del laureando (trenta esami dati durante la reclusione, i parenti già avvisati del gran giorno, rassicurazioni sul fatto che nessun problema ci sarebbe stato fino solo a poche ore prima…), si sono sentite tante voci, persino dei più irredimibili giustizialisti, difendere Lattarulo e il suo diritto a lavorare sembra molto più difficile. Perché?

Italia: la violenza che viene?

di Nicola Lagioia L’anno che verrà L’anno che comincerà il prossimo autunno potrebbe essere tra i più violenti che l’Italia abbia sperimentato dopo la fine della seconda guerra mondiale. Lo sarà dal punto di vista della violenza fisica, e allora – ammesso di non ritrovarci troppo impegnati a sopravvivere nella guerra tra poveri di cui […]

Facce da Erasmus

Pubblichiamo un articolo di Matteo Nucci  uscito su «il Venerdì di Repubblica» in occasione del venticinquesimo anniversario dell’Erasmus.

Roskilde (Danimarca). I campi erano coperti da un sottile strato di ghiaccio e si confondevano nel cielo biancastro. Tutto intorno non si vedevano edifici e io seguivo lo sciame di studenti lungo il viottolo dalla stazione del treno verso quella che sarebbe diventata l’Università di tutti i miei sogni, chiedendomi soltanto dove si trovasse. Non avevo la minima idea di cosa avrei incontrato, in quel giorno di fine gennaio di vent’anni fa, mentre lo studente danese al mio fianco ripeteva: “We’re in the middle of nowhere”. Nel mezzo del nulla, sì. Solo cielo e campi e un freddo assoluto a cui mi ero preparato meticolosamente. Il Gore Tex non era ancora diffuso e io sudavo, imbacuccato in un giaccone che i miei genitori avevano comprato dopo mille ricerche, la sciarpa di lana lavorata dalla mia ragazza, i guanti verdi, regalo benaugurante della mia professoressa di latino e greco al Liceo. La Danimarca allora ci appariva alle soglie del Polo nord. E l’Università di Roskilde affondava in una specie di mito. Perché lì, più che altrove, si scommetteva sul futuro dell’Europa.

Italia, Amore: lavoro gratis

Questo articolo, uscito sul numero di maggio di «Rolling Stone», è tratto dalla rubrica «Italia, Amore» di Christian Raimo e Marco Mancassola.

di Christian Raimo e Marco Mancassola

Raimo >> Con un po’ di spietata tenerezza uno alle volte si chiede: perché esiste una generazione di persone (in cui potrei essere compreso anche io) che in nome di un fantasma di riconoscimento sociale accetta di scrivere per un giornale a 3 euro a pezzo, insegnare a centinaia di persone all’università per un euro a semestre, si danna l’anima per un dottorato senza borsa, non batte ciglio di fronte alla proposta di pagarsi di tasca propria un tirocinio?

Estensione del dominio della sottomissione. Ovvero di Hegel, di bondage e sado-maso

Pubblichiamo un articolo di Marco Filoni, uscito su «Panorama», sul dibattito scatenato in America dal libro «Fifty Shades of Grey» di E.L. James.

E sia. Doveva succedere, del resto: tanto e tale il clamore legato al successo del libro Fifty Shades of Grey della finora sconosciuta (e oggi, buon per lei, milionaria) E.L. James, che non possiamo non parlarne. L’eco delle infinite discussioni intorno al suo best-seller è giunto sino a noi, tanto che la Mondadori manderà in libreria l’edizione italiana, il prossimo 19 giugno, con il titolo Cinquanta sfumature di Grigio.

Per chi si sia perso il dibattito, stiamo parlando del «romanzo post-pornografico», il libro erotico «che apre uno spaccato sui desideri nascosti delle mamme americane», il manifesto di una generazione di “femmine” finalmente coscienti e libere di ammettere ciò che vogliono. C’è addirittura chi ha scomodato De Sade – ma per carità, lasciamolo riposare in pace! – e chi ha invocato un capolavoro dell’emancipazione femminile. No, non è nulla di tutto ciò. È un libro che ha sbancato le classifiche americane, ha venduto migliaia e migliaia di copie prima in ebook, poi nella versione cartacea, di cui si aspettano i due sequel (è infatti il primo di una trilogia) e di cui sono già stati venduti, a quanto pare non proprio a buon prezzo, i diritti per l’adattamento cinematografico..

Di quello di cui non si può non parlare

L’attentato di Brindisi sconvolge in un modo che va al di là di qualunque discorso intelligente. Cosa si può dire di intelligente su un massacro?, scriveva Vonnegut. Una bomba all’entrata di una scuola è per me un sinonimo di inferno. Mi piacerebbe che questa bomba non portasse però paura, paralisi, un’emergenzialità che possa prendersi come un risultato per chi ha messo queste bombe, chiunque egli sia. Che le Notti dei Musei si facciano, che lunedì non chiudano le scuole, che ci sia più solidarietà e più coesione, “più democrazia e tolleranza”, non meno. Uno dei discorsi che più mi ha toccato negli ultimi tempi è quello del premier norvegese Jens Stoltenberg dopo la strage di Utoya, tenuto ai giovani riuniti davanti al municipio di Oslo (“Ho una semplice richiesta per voi. Cercate di essere coinvolti. Di interessarvi. Unitevi a una associazione. Partecipate ai dibattiti”). Ve lo incollo qui sotto per intero. Mi piacerebbe che Monti se ne uscisse con parole simili. In successione un articolo del 10 maggio sulla situazione delle indagini alla Sacra Corona Unita. (Christian Raimo)

Il dizionario di Mark Simpson, padre del “metrosexual”

Pubblichiamo un articolo di Francesco Pacifico, uscito su «Repubblica», sull’origine del termine “metrosexual” e sui fenomeni ad esso collegati.

Il termine “metrosexual” è diventato maggiorenne: il primo articolo che lo citava sull’inglese the Indipendent, è del 1994. Mark Simpson, autore dell’articolo, ha pubblicato Metrosexy: A 21st Century Self-Love Story: una raccolta di tutti i suoi pezzi sul tema del Narciso contemporaneo, che si veste bene e usa prodotti di bellezza. Il libro è disponibile solo in digitale, su Amazon, a 2,68 euro. Ecco di seguito un glossario dei termini usati da Simpson per capire il maschio contemporaneo e il suo rapporto con la bellezza, l’identità, il desiderio, lo shopping.