In un eterno presente: l’esordio narrativo di Francesca Matteoni

dumasthedance1992

Questo articolo è uscito sull’Indice dei libri del mese.

(fonte immagine)

Secondo una celebre e affascinante tesi di Carl Gustav Jung, l’archetipo del fanciullo contiene in nuce «la totalità dell’uomo». Potrebbe essere questa la chiave per accostarsi a Tutti gli altri (Tunué), esordio narrativo della poetessa pistoiese Francesca Matteoni, la quale, non per nulla, è anche una profonda conoscitrice degli archetipi e del pensiero mitico. Se, infatti, soltanto i primi capitoli di questa atipica autobiografia letteraria hanno come protagonista l’autrice bambina, anche nei successivi si torna continuamente all’infanzia, come ineludibile prefigurazione dell’esistenza. Non solo: lo sguardo narrativo di Francesca Matteoni sembra costantemente improntato a quello «stupore infantile» a cui Elémire Zolla intitolò una sua memorabile raccolta di saggi.

Nel mondo dell’infanzia, così come nelle pagine di Tutti gli altri, la realtà si confonde con l’invenzione fantastica, il visibile con l’invisibile, cosicché anche le vicende effettivamente vissute appaiono alla stregua di un sogno allucinatorio. Così recita l’incipit di un capitolo, che è anche una dichiarazione di poetica: «Ho scritto la mia infanzia in sogno. Ne escono giorni primaverili, piogge improvvise e sciantillì rossi, visitatori emersi da vite sconosciute come dall’acqua i relitti e le sirene. Un gioco ordinario che si trasforma nella più ardita delle scoperte». Non è quindi un caso che non pochi capitoli di questo libro onirico siano intitolati ai personaggi del mito, della letteratura per l’infanzia, della fiaba o del fumetto (Pinocchio, Medusa, Mangiafuoco, Nembo Kid, Pippi Calzelunghe, ecc.).

L’autrice-narratrice trascorre la propria fanciullezza tra le montagne pistoiesi e Follonica, dove si trasferisce nel periodo estivo. Su questo suggestivo sfondo toscano, lontanissimo dalle stereotipate oleografie da cartolina, si compie la sua iniziazione al patimento e alla morte, che si affacciano nelle trame, talora feroci e spietate, delle esperienze infantili, così come nella percezione empatica delle sofferenze di animali e insetti. C’è come una fatale inclinazione al dolore nel carattere della protagonista, accentuata, forse, anche dal divorzio dei genitori, che la porterà a compiere un precoce tentativo di suicidio. Suicida morirà inaspettatamente il suo amico più caro, lasciando nella sua coscienza una ferita emotiva indelebile. Nell’adolescenza e negli anni universitari, si sente attratta soprattutto dai diversi, dai border-line (il pronome altri del titolo va inteso anche in questa accezione): da qui la straziante relazione sentimentale con il compaesano tossicodipendente Akela (altro nome letterario), che la trascinerà con lui sull’orlo dell’abisso. Nella intensa cronaca di questa passione travagliata l’autrice si mette a nudo senza infingimenti e auto-giustificazioni consolatorie, come la propria pretesa di salvare il partner, definita, senza mezzi termini, «l’inganno più subdolo dell’amare». Per guarire dalle ferite di questo amore doloroso, la protagonista si spingerà fino alle punte estreme della Scandinavia, dove l’incontro improvviso con un alce (una vera e propria epifania) la aiuterà a riannodare i fili della propria esistenza.

Ho sempre pensato che ci sia qualcosa di specioso e artificioso nell’idea di Bildung, nella pretesa, cioè, tipica di molta narrativa occidentale di ieri e di oggi, di imprimere ex post al racconto di un’esistenza la forma semplificatrice e tranquillizzante di una linea progressiva. Niente di tutto questo nel libro di Francesca Matteoni che, anzi, si riallaccia a quella concezione ciclica del tempo, propria del mondo antico e di certo pensiero orientale, così come della filosofia nietzscheana dell’eterno ritorno: «il tempo, per quanto possiamo illuderci del suo avanzare a precipizio, è in realtà circolare e torna, marcando la stessa traiettoria, convergendo al centro, come se il futuro fosse solo lo svolgimento di una tesi primordiale. Il bagliore diffuso di un eterno presente». Tutti gli altri ha, per l’appunto, una struttura a spirale, in cui le esperienze e le memorie si dipanano circolarmente nello spazio e nel tempo: cosicché da Londra, dove la protagonista si trasferisce dopo la laurea per svolgere ricerche universitarie in campo storico, la scena si sposta nuovamente a Pistoia (non voglio svelare il finale, ma l’ultimo capitolo s’intitola, eloquentemente, Madre, come a voler esplicitamente sancire la chiusura di un cerchio esistenziale).

Molti e variegati sono i riferimenti letterari, filosofici, musicali e cinematografici di Francesca Matteoni, alcuni resi espliciti nel romanzo stesso, altri più occulti. Più di altri, la prosa evocativa e, a tratti, felicemente barocca di Francesca Matteoni mi ha ricordato Curzio Malaparte (dipenderà forse dal genius loci toscano?).  Ma, al di là di ogni eventuale accostamento, Tutti gli altri è, nonostante qualche caduta di tono, un esordio narrativo singolare e convincente, che conferma pienamente, in ambito narrativo, il raro talento poetico di Francesca Matteoni.

Commenti
9 Commenti a “In un eterno presente: l’esordio narrativo di Francesca Matteoni”
  1. Franchino ha detto:

    Ma lo dobbiamo leggere?

  2. marisa salabelle ha detto:

    A Franchino: Direi proprio di sì!

  3. Franchino ha detto:

    E io direi proprio di no! Tié!…..cara marisa Isolabella…

  4. francesca matteoni ha detto:

    ciao Franchino 🙂
    grazie Raoul e grazie Marisa –
    leggere è ovviamente sempre opinabile.

  5. Stefano Trucco ha detto:

    Raining on the wet…

  6. Lalo Cura ha detto:

    l’ho letto, e mi è piaciuto (non poco)
    (anche se la matteoni en poète, pour moi, è ancora superiore alla scrittrice)

    lc

  7. Fab ha detto:

    La prima frase che ho imparato in greco è : la bellezza è crudele. Questo è un romanzo crudele. E meraviglioso.

  8. francesca matteoni ha detto:

    @Lalo Cura – lo prendo come un grande complimento, grazie.
    Grazie Fab.

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