ČAPEK, l’autoproduzione che (r)esiste

di Marco Frattaruolo

Quando Ivan Hurricane e Tommy Gun Moretti ci cominciano a raccontare come è nata (e per mano di chi) la rivista ČAPEK quello che lascia più estasiati è la quantità eterogenea di persone, progetti e altre entità che gravitano attorno ad essa.

Ma facciamo un passo indietro. È il 2018 quando prende forma l’idea di ČAPEK – Rivista di amenità e vita campestre. Il quartiere generale è a Pitigliano (comune della provincia di Grosseto), precisamente all’interno della yurta mongola di Marcello Baraghini, fondatore di Stampa Alternativa e creatore della “gloriosa” Millelire. Ed è proprio all’interno di quella tenda che, come ci racconta il fumettista Tommy Gun, nasce “il piano di portare alla luce una rivista nel giro di una notte”. In un batter d’occhio all’interno di essa cominciano ad accorrere altre realtà legate al mondo dell’auto-produzione italiana: Puck! (rivista di fumetti underground), CTRL Magazine (rivista di reportage narrativi), il collettivo di maceratesi Uomini nudi che corrono e il festival milanese di auto-produzioni AFA, tutti, come ci tiene a sottolineare Hurricane, anche lui illustratore e musicista,“coltivatori di una smodata ossessione per le riviste”. Nasce così, quella che lo stesso Hurricane piace chiamare “l’associazione a delinquere di pirati” che da li a poco metterà in piedi un mondo psichedelico e assolutamente underground, popolato senza soluzione di continuità da personaggi fumettosi e storie (interviste, reportage, rubriche sull’economia!) che vagano dal punk al freak, dal comico al tragico fino al satirico di Sparagnana memoria.

Ad aprile 2019 viene data alle stampe la prima edizione di ČAPEK “i cui contenuti sono ciò che sta fuori alla legge”, a cui fa seguito il secondo, doppio, numero uscito nel bel mezzo del delirio pandemico a giugno 2020 incentrato sul tema del chiaro e dello scuro. La pandemia, tuttavia, non è riuscita a mettere i bastoni tra le ruote a questi funamboli del fumetto auto-prodotto italiano. “Dal primo numero in poi non ci siamo mai fermati.. Avevamo già rodato per bene la capacità di lavorare a distanza e di nutrirci di brodo, e probabilmente questo stile di vita ci permetterà di durare a lungo” ci racconta Tommy Gun il quale poi, riprendendo la “nota redazionale schizofrenica del numero due”, ribadisce il concetto del come “una crisi, infondo, è sempre una mezza opportunità/tragedia”.

E così si arriva al numero 3, in pre-order fino al 22 novembre su capekmagazine.org, il cui tema per l’occasione ruota tutto intorno a “Vita, Morte e Miracoli”. Un numero che è in realtà un trino, blasfemamente parlando, composto dalla rivista canonica più due allegati: LoveBot (fumetto porno algoritmico pensato e realizzato da un’intelligenza artificiale di nome NOBOT) e il Prontuario Milagroso (un’intervista/confessione a Parvati Gamez “una vera bruja messicana, arricchita da una raccolta di rimedi popolari suggeriti dai lettori che promette di guarire o di condire varie parti del corpo. Tutto certificato.”).

Ma è nella rivista che si scatena e concentra tutta la furia creativa dei Nostri di ČAPEK. Il solito Tommy ci svela che nel nuovo numero sarà possibile trovare “tantissimi e succosi contributi, una lunga intervista animista al regista e ultimo dei surrealisti Jan Švankmajer, fumetti inediti in Italia di Mack White, Cowboy Henk di Herr Seele e Kamagurka, Plexiverse di Bruno Nadalin, il primo fumetto ufficiale di Richard Benson disegnato da Simone Lucciola e una lunga chiacchierata con Gary K. Wolf, scrittore di distopie fantascientifiche e autore di Who censored Roger Rabbit?, dal quale poi venne tratto il famoso film che cambiò per sempre le nostre infanzie”. E sono proprio le pagine dedicate a Wolf a “spiccare” all’interno del volume.

Ma perché proprio Gary K.Wolf? Cosa ha portato il nucleo di ČAPEK ad avventurarsi alla sua (ri)scoperta? A spiegarcelo è Hurricane: “Da anni sognavo di contattare Gary K. Wolf, soprattutto per il lato dark che è poco noto: uno dei film che più ha influenzato l’immaginario della nostra generazione, Chi ha incastrato Roger Rabbit?, è tratto in realtà da un oscuro romanzo pulp scritto da un autore di fantascienza distopica”. Ad attrarre l’attenzione del creatore di Puck! nei confronti del fumettista e autore americano sono stati i suoi primi romanzi sci-fi usciti negli anni ’70 per Urania Boston 2010: XXI Supercoppa (titolo originale Killerbowl) e Quarto: uccidi il padre e la madre (A generation removed). “Mi affascinava molto questo aspetto poco noto – spiega Hurricane – il fatto che un personaggio così iconico come Roger Rabbit nascesse da un contesto narrativo del genere. Gary è stato così gentile da rispondere a tutte le domande e a donarci un capitolo del suo primo romanzo, che abbiamo tradotto per la prima volta in Italia (ed è uno scandalo che Čapek, seppur con un solo capitolo, sia di fatto la prima e unica traduzione italiana di questo romanzo così determinante per le nostre infanzie)”.


E sarà pure uno scandalo, è vero, ma è così bello e per certi versi fantascientifico che ancora una volta, a conti fatti, resta la certezza che sempre più spesso le cose migliori arrivano dal basso laddove, lontano da occhi indiscreti, arte e cultura continuano genuinamente e chiassosamente a brulicare.

Il terzo numero di ČAPEK è in preorder fino al 22 novembre sul sito www.capekmagazine.org. Di seguito trovate in esclusiva un estratto dall’intervista realizzata da Ivan Manuppelli e Giuditta Grechi a Gary K.Wolf, fumettista e autore americano noto soprattutto per essere il creatore di Roger Rabbit.

 

Estratto dall’intervista a Gary K. Wolf 

 A cura di Ivan Manuppelli e Giuditta Grechi
Traduzione di Daniela Canzi

 Gary K. Wolf è un inventore di mondi, un romanziere distopico, un collezionista di cavalli da giostra, ma soprattutto è il papà di Roger Rabbit, protagonista del romanzo pulp “Who Censored Roger Rabbit?” del 1981, da cui venne tratto il famoso film “Chi ha incastrato Roger Rabbit?” diretto da Robert Zemeckis. Siamo andati a Cartoonia per incontrarlo.

Ciao Gary. In Italia sei noto principalmente come il papà di Roger Rabbit, ma buona parte della tua produzione è legata alla fantascienza distopica. Per esempio, “Killerbowl”, il tuo primo romanzo, è incentrato su un campionato iper-violento di Street Football. Ho letto che stai rimettendo mano alla storia per riadattarla a un nuovo futuro. Ti va di parlarcene?

Di recente ho riscritto e aggiornato la storia di “Killerbowl”, scritta nel 1975 e ambientata nel 2010-2011, ri-ambientandola nel 2050-2051. La nuova storia si intitola “Street Lethal”. Ho anche aggiornato la tecnologia. “Killerbowl” prevedeva combattimenti di Arti Marziali miste, telefoni cellulari, internet, la crisi del gas e la TV a pagamento. La nuova versione ha altre previsioni spettacolari. Vediamo quante di queste si avvereranno. Al momento la sto sviluppando per renderla un film.

Su quali autori si è formato il tuo immaginario?

I miei idoli letterari sono Ernest Hemingway, Philip K. Dick, Harlan Ellison, Isaac Asimov, e Ray Bradbury, per i suoi concetti fantascientifici, Kurt Vonnegut, per il linguaggio e la struttura delle frasi, James M. Cain, Raymond Chandler, Mickey Spillane, e Dashiell Hammett per le storie hard boiled.

Abbiamo appena finito di leggere il tuo libro “A generation removed”, e ci è piaciuto molto come hai trattato lo scontro generazionale ribaltando le fazioni, per cui i giovani sono al potere, mentre gli anziani ricorrono alla rivoluzione e alla lotta armata anti sistema. Il libro è uscito per la prima volta nel 1977. Credi che questo tema possa essere ancora attuale?

Potrei sicuramente scrivere un racconto come quello oggi. Il soggetto è ancora estremamente attuale. Ho l’abitudine di rivedere i miei primi racconti e aggiornarli. Tolgo i riferimenti della cultura pop che non sono più adatti al nostro tempo. Se necessario, inserisco chiarimenti nella storia. Modifico il libro per adattarlo ai miei standard attuali. È sorprendente come in “Generation Removed” abbia dovuto cambiare pochissimo. La storia, i personaggi, il testo sono ancora attuali e stimolanti oggi come lo erano quando scrissi il racconto.

Dopo i tuoi primi romanzi di fantascienza hai dato alla luce “Chi ha incastrato Roger Rabbit?”, che però, prima di venire pubblicato, ha subito un centinaio di rifiuti perché molti editori non riuscivano a collocare la storia in un genere preciso. Qual è stato il miracolo che ha smosso la situazione?

Il libro è arrivato sulla scrivania di una editor della casa editrice St. Martin. Aveva appena pubblicato un libro che ebbe molto successo e il presidente della compagnia le diede l’opportunità di scegliere un progetto a suo piacimento. Avrebbe potuto pubblicare qualsiasi cosa. E questo fu quello che lei scelse. Dopo che il presidente lo lesse, si rimangiò tutto.  Nonostante la sua promessa, non le avrebbe lasciato pubblicare quel libro perché non avrebbe potuto venderlo. “Nessuno capirebbe un libro su un coniglio parlante”, disse. L’editor insistette e minacciò il suo capo che si sarebbe licenziata. E quindi il libro venne pubblicato. Vorrei precisare che in quarant’anni non ho avuto nessuna lamentela da lettori che non sono riusciti a capire la storia!!!

In un’intervista hai detto che l’ispirazione per questo romanzo ti è venuta grazie a una pubblicità di cereali, dove i personaggi animati interagiscono con gli esseri umani come se fosse una cosa del tutto normale. Che ricordi hai di questa illuminazione e come è stato il tuo primo incontro con Roger?

I personaggi che ho visto erano Tony the Tiger, Cap’n Crunch, Snap, Crackle, Pop, e Trix Rabbit. Cartoni animati che parlano a persone reali, e nessuno ha pensato che fosse strano. Mi sono detto “Che idea geniale per un racconto! Un posto dove i cartoni animati sono reali. Sarebbe un mondo strano e fantastico”. Da quest’idea nacquero Roger Rabbit, Jessica Rabbit, Baby Herman e tutti gli abitanti matti e stravaganti di Toontown (Cartoonia, ndr).

Lo sviluppo della storia ha richiesto molti tentativi?

Ci ho messo un anno a scrivere il racconto. Come disse Kurt Vonnegut, “Scrivere non è scrivere, ma riscrivere!”. Quanto è vero!

I personaggi hanno subito modifiche fisiche e psicologiche prima di arrivare alla stesura finale del romanzo?

Ho riscritto ogni singola pagina di quel racconto 100 volte. Ho cambiato le parole, le frasi, a volte le caratteristiche di un personaggio. Non saprei dire bene in che modo, perché non ho conservato tutte quelle prove. Ma credo che le versioni finali dei miei personaggi non corrispondano minimamente alle prime.

[ Continua su Čapek #3 ]

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