Quello che Antonello Sotgia ha regalato a Roma

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(fonte immagine)

di Miriam Aly

Roma è una città difficile. Difficile in quanto grande, in quanto vittima di interminabili speculazioni edilizie, in quanto il suo territorio è cemento e il suo cemento è merce, in quanto le varie amministrazioni hanno lasciato marcire il diritto all’abitare.  Roma è una città complessa, in cui vive tanta rabbia, perché è stata deturpata della sua fitta rete di vissuti a causa della ‘’voracità dei famelici divoratori della rendita fondiaria’’ che hanno reso Roma ‘’una città fatta di vuoti’’.

Antonello Sotgia è stato urbanista e architetto, ma soprattutto attivista e militante all’interno di movimenti sociali e lotte in favore della cura verso i beni sociali, dell’integrazione e della convivenza, di quella che lui stesso definì ‘’rigenerazione urbana’’.

Antonello non ci ha regalato e lasciato soltanto dei semplici progetti di urbanistica, anzi, forse ciò per cui ha lottato durante questi anni di sgomberi, demolizioni e opportunismo è stato proprio il contrario: l’accesa volontà di dare vita a quei progetti e di dare voce allo spirito e alla ricchezza delle periferie, schiacciate sempre più da una logistica territoriale legata alla logica del profitto, e diventate ‘’discariche dell’ingiustizia sociale’’.

Le idee e i progetti di Antonello sono stati una piccola ma potente trasposizione della lotta al capitalismo, alla disparità economica e al cristallizzarsi delle relazioni sociali; mentre erano in corso aste di immobili per fare cassa, mentre intere aree pubbliche venivano fagocitate dal cemento e dalle privatizzazioni, mentre la città stessa ha generato esclusione sociale mascherando e ignorando l’assenza dei servizi e mentre ci siamo trovati troppe volte sull’orlo di perdere l’identità della nostra città e delle periferie, qualcuno, con infinita intelligenza e competenza, ha voluto ridisegnare la giustizia sociale e ridare speranza alle minoranze: Antonello aveva dei piani per la collettività, come le sue soluzioni a bassa densità per i rom, o le idee per riportare continuamente in vita il cento sociale Alexis, o i suoi progetti per far rifiorire il quartiere di San Lorenzo; per salvaguardare quella fetta emarginata della popolazione dal peso di una città capace di donare un amore incondizionato e allo stesso tempo di nasconderlo per inseguire il denaro e il sogno fallito della grande città metropolitana.

Chi ha lottato per amore di Roma lo sapeva che oltre ai progetti urbanistici erano presenti quartieri, palazzi, case, stanze, vite. Antonello ha lottato per questo, perché le sue proposte non erano solo mappe e carte, ma pezzi di vita, reticolati di memoria, espressione di rabbia e leggerezza, che solo chi ha amato senza riserve questa città può aver conosciuto e difeso con i denti. E difendere i pezzi di vita vuol dire, forse più di tutto, quello che Antonello ha definito con semplicità come ‘’un riconoscimento di essere uguali sotto il medesimo cielo’’.

Chi ha creduto e crede in ciò che Antonello Sotgia ci ha lasciato continuerà a lottare per ‘’la ricchezza del nostro abitare’’ e per ‘’dare sostanza alle cose sperate’’.

Ciao Antonello.

‘’Per sempre nelle strade di questa città’’.

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