Il teatro di Sabbath, vent’anni dopo

di Leonardo Merlini

“Quando si nasce, si piange perché ci si ritrova su questo enorme palcoscenico di matti”, diceva Re Lear nella omonima tragedia di Shakespeare, e il vecchio sovrano, che vede andare in pezzi la sua vita e con essa, come hanno scritto critici canonici come William Hazlitt e Harold Bloom, lo stesso valore dell’amore familiare, si trova a fare disperatamente i conti con il disvelamento della profondità della miseria umana. Una miseria dalla quale, già nel Bardo, non c’era sostanziale via d’uscita (se non nel racconto che di questa è stato fatto, proprio da quell’autore che siamo soliti chiamare William Shakespeare, ma questa è una risposta come minimo di secondo livello…).