Giordano Meacci: profeta in patria

Quando si dice che uno scrittore possiede doti profetiche, non la si intende in modo letterale, e soprattutto si usa un tempo verbale (“ha avuto doti profetiche”, “aveva doti profetiche”, “fu profetico quando scrisse di…”) che sottintende il passaggio a miglior vita del de cuius di Casarsa di turno. Invece Giordano Meacci è ancora vivo. E non contento di aver previsto dieci anni di vita politica italiana con dieci anni d’anticipo in “Brechtdance” (racconto del 2004 che ripubblicammo su questo blog qualche mese fa, quando le coincidenze iniziavano a essere troppe), ci ha anche preso con la finale della Coppa del Mondo di calcio documentata ne “L’Affinale” pure pubblicato il 30 giugno su questo blog. Stamattina tutti sui giornali a parlare della profezia dei due papi, ma il primo fu Meacci, come Meucci col telefono. Che possiamo fare? Ripubblichiamo “L’Affinale”, mentre i più meschini tra i collaboratori di minima&moralia (nonché vecchi amici di Giordano Meacci rifattisi vivi dopo anni) hanno iniziato già stanotte a implorarlo di comparirgli in sonno con i numeri del Lotto come nei vecchi testi di Eduardo.

L’affinale

Il problema principale è l’argento; è quello che sta recintando una corona spinosa e rossastra alla base dell’anulare. Nonostante l’anello sembri d’oro – e infatti l’immaginetta scabra e barbuta alle prese con i nodi delle reti scintilla, blandamente gialla – al movimento avvitante di dito contro dito il bagno dorato mostra le macchie puntinose di un lavoro fatto in fretta. Come se nella fascia compatta del metallo si nascondesse l’anima argentina e ghiacciata di una qualche carta crocchiante da presepe estivo.