Scrivere di cinema: Personal Shopper

personal shopper

di Eugenio Radin

Ghost-story d’autore, thriller psicologico dalle sfumature soprannaturali, dramma esistenziale: se il ricorso a una pedante catalogazione “per generi” del cinema risulta essere già in generale un’operazione discutibile, a maggior ragione nel caso dell’ultimo lavoro di Olivier Assayas, intitolato Personal Shopper, tale manovra si fa impossibile.

Il cineasta parigino utilizza in effetti in Personal Shopper la figura metaforica dello spettro pur senza la minima intenzione di confezionare un’opera che si presti in qualche modo a essere contenuta all’interno degli stilemi e dei cliché di genere; egli sfrutta piuttosto la libertà del mezzo espressivo, divertendosi nel sottrarre allo spettatore la possibilità di inquadrare la pellicola in una concezione che sia univoca o unitaria, alla luce della quale poter leggere i fatti presentati.Ghost-story d’autore, thriller psicologico dalle sfumature soprannaturali, dramma esistenziale: se il ricorso a una pedante catalogazione “per generi” del cinema risulta essere già in generale un’operazione discutibile, a maggior ragione nel caso dell’ultimo lavoro di Olivier Assayas tale manovra si fa impossibile.

Il cineasta parigino utilizza in effetti Personal Shopper la figura metaforica dello spettro pur senza la minima intenzione di confezionare un’opera che si presti in qualche modo a essere contenuta all’interno degli stilemi e dei cliché di genere; egli sfrutta piuttosto la libertà del mezzo espressivo, divertendosi nel sottrarre allo spettatore la possibilità di inquadrare la pellicola in una concezione che sia univoca o unitaria, alla luce della quale poter leggere i fatti presentati.