Fare cultura in Afghanistan
di Giuliano Battiston pubblicato 13 Luglio 2014 · Aggiungi un commento
Questo pezzo è uscito su Pagina 99. (La foto è di Giuliano Battiston)
Kabul. “Poesia, musica, graffiti, cinema, teatro, qui a Kabul puoi trovare di tutto, basta saper cercare”. Volto plastico e cinematografico, il fisico asciutto nascosto dall’immancabile completo a righe, Timur Hakimyar non ha dubbi: Kabul è una città che “produce cultura, oltre che politica e corruzione”. Hakimyar è il direttore della Foundation for Culture and Civil Society, una delle tante associazioni nate su impulso della comunità internazionale dopo che i barbuti talebani sono stati rimossi dal potere, manu militari. Basta frequentare con una certa assiduità la decadente villa che ospita la fondazione culturale di cui è direttore per dare ragione ad Hakimyar, attore, regista, già portavoce dell’associazione nazionale degli artisti afghani. Un giorno capita di incontrare il regista Siddiq Barmak, autore di Osama e di Opium war; il giorno successivo nell’ampio giardino della villa passeggia Partaw Naderi, il più importante poeta in lingua farsi di tutto il paese; nel fine settimana i ragazzi del Parwaz Puppet Theater, un gruppo fondato nel 2009, allestiscono un nuovo spettacolo di marionette, mentre a pochi passi da qui, al centro culturale francese, si susseguono proiezioni cinematografiche e mostre fotografiche in attesa del “grande evento”: il Sound Central Asia’s Modern Musica Festival, il festival musicale adorato dai ragazzini che scimmiottano i loro coetanei occidentali.
Categoria cultura, reportage · Tag Alex Strick van Linschoten, Amanullah Khan, Barialai Jalalzai, Faisal Devij, Felix Kuehn, Giuliano Battiston, Kazem Amini, Khoshal Khan Kattak, Mahmoud Tarzi, Partaw Naderi, Parwaz Puppet Theater, Qotbuddin Kohi, Sadeq Hossian, Siddiq Barmak, Timur Hakimyar, Zamir Saar
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