Tema: il lavoro di mia madre

Mia madre si chiama Michela e lavora in una ditta. Questa ditta fa le pulizie in una scuola che è un po’ lontana da casa nostra. Questa ditta si chiama Teamclean. Ma mamma dice sempre la pronuncia proprio come si legge, Teamclean, perché non sa l’inglese. Mia madre lavora a scuola quattro e mezza al giorno. Due ore e mezza di contratto più lo straordinario. In realtà un’ora di straordinario è pagata ma il resto no. Mia madre pulisce quattro piani. Ossia ventotto aule, nove bagni, più le scale, i corridoi, e gli androni. Mia madre dice io non ce la faccio a finire tutto questo nelle ore di straordinario. La sua capa della dita Teamclean dice che non è un problema loro, ma un problema suo, cioè di mia madre.

Mia madre a dicembre ha guadagnato 296 euro. Poi le hanno pagato anche lo straordinario, le hanno dato in tutto 75 euro. Hanno detto che erano i soldi per le ore di straordinario che ha lavorato da settembre fino a dicembre. Le hanno detto che era straordinario forfaittizzato. Mia madre lo pronuncia proprio così come si legge, a forfait, perché non sa l’inglese.

Quel che resta del rave

Pubblichiamo un racconto di Valerio Mattioli uscito su Vice ringraziando l’autore e la testata.

di Valerio Mattioli

Ieri ero col solito Wolf Anus a un tavolino all’aperto di un noto quartiere per aperitivi di Roma. Stavo lì, cercando di convincerlo a concedermi un’altra intervista (per la precisione sulla fisica teorica—giuro), quando veniamo disturbati dall’inquietante silhouette di un circa trentenne dall’aria smunta e dal peso non superiore ai 40 chili.

“Avete qualche spiccio?”

“No,” rispondiamo noi.

“Dai, mi servono,” prosegue quello.

“A che ti servono?” chiediamo.

“Mi devo comprare gli antibiotici. Guardate qua.”

Si solleva la maglietta e ci mostra un enorme sgarro infetto. Non era una normale cicatrice: era proprio una voragine lunga qualcosa come 15 centimetri, sbrodolante pus color giallognolo e probabilmente dall’odore altrettanto ributtante. Gli diamo un euro a testa e quello se ne va (senza ringraziarci).

Vent’anni

di Christian Raimo L’anno in cui i miei si separarono avevo vent’anni, e vivevo ancora con loro. Ero un ragazzo senza equilibrio – forse come chiunque conoscessi. Ma io sentivo di esserlo: era come se mi mancasse un regolatore omeostatico, e questo mi trasformava in un sistema tortuosissimo di vasi comunicanti che non si pareggiavano […]

Jan Palach si diede fuoco, e fu un’azione offensiva

Quarantacinque anni fa, il 16 gennaio 1969, moriva Jan Palach, studente di filosofia all’Università di Praga, che si diede fuoco alla maniera dei monaci buddisti in Piazza San Venceslao per protestare contro l’occupazione della Cecoslovacchia da parte delle forze del Patto di Varsavia. Il funerale di Palach si trasformò in una protesta di massa. Un […]

Il mio estroso nipotino

Buon Natale da minimaetmoralia e da minimumfax, regaliamo a tutti i nostri lettori un racconto di George Saunders, tradotto da Cristiana Mennella, tratto da “Nel paese della persuasione”. di George Saunders Avevo portato mio nipote a New York a vedere uno spettacolo. Perché sapete cosa fa sempre quassù a Oneonta? Canta e balla, anche coi […]

Vive

di Christian Raimo Come mi fa notare il mio amico Marco, il Ponte delle Valli, qui a Roma – nel quartiere dove siamo nati tutti e due, dove siamo cresciuti e abbiamo imparato, bene o male, ad annoiarci: del resto crescere cos’è? – divide in due le confraternite della memoria. Da un estremo, dalla parte […]

Lontano dal trauma, lontano dal cuore

di Diego Vitali

Ci sono libri che affrontano questioni centrali con tesi provocatorie ma in qualche modo centrate, se non fosse che arrivano alle loro conclusioni partendo da premesse sbagliate.
Nel suo ultimo pamphlet, Senza trauma (Quodlibet) Daniele Giglioli sostiene una tesi che ha fatto discutere: l’onnipresenza del trauma nelle scritture contemporanee, come dispositivo metaforico del tutto svuotato di consistenza, immaginato ma privo di un vero rapporto con la realtà. Da qui deriva una perdita di contatto, un’incapacità della letteratura di mordere davvero la realtà, rifugiandosi nel folle e paradossale inseguimento del reale, la “Cosa” che, secondo Lacan, non può essere simbolizzata, afferrata, detta. Ci si tuffa in un immaginario fatto di estremo e di pulp, un pastiche dai confini slabbrati e paludosi in cui tutto si immerge e si confonde.

Richard Powers ci pone domande massimaliste sulla letteratura e intanto scrive un altro romanzo

di Christian Raimo “Per buona parte della storia umana, quando l’esistenza era troppo breve e tetra per significare qualcosa ci servivano delle storie per compensare. Ma ora che siamo sul punto di vivere la vita, soddisfacente e quasi indolore che la nostra intelligenza merita, è ora che l’arte ci conduca oltre un nobile stoicismo”. Che […]

Intervista dal futuro

“Vedo i grandi uomini allontanarsi sempre più”, disse Carlo Splendore con gli occhi rivolti alla finestra del suo studio. Oltre le imposte si scatenava un temporale estivo. Le mura spesse della villa dentro le quali sembrava che la vegetazione avesse operato continue iniezioni di clorofilla con la caritatevole intenzione di accelerarne il crollo ci separavano da questa pioggia fitta e violentissima, totalmente imprevista dai notiziari dei giorni precedenti, capace di zittire i grilli e le rane abituate a ritrovarsi dopo il calar del sole intorno a una piscina che aveva ospitato magnati dell’acciaio e ministri della cultura, e adesso prometteva libere immersioni al costo di dermatiti fulminanti.

Mattinata ventosa con ciliegio

Mattinata ventosa con ciliegio
di Alessio Torino

Federico sentiva le voci dalla finestra aperta della cucina. Qualcuno che si stava lamentando per il rumore delle foglie. Lui aveva già attaccato la Playstation alla tele. Ancora non poteva accenderla – la Rai l’aveva salvato dal compito in classe, ma adesso doveva seguire l’intervista. Non sapeva se seguirla dalla finestra o se scendere di sotto.