Facciamoci del male, in vita di Michele Apicella

(Immagine: Nanni Moretti/Michele Apicella in Bianca.)

Il problema con Apicella è che non andava mai bene niente.

Il problema con Apicella è che era tutto troppo: troppo rumoroso, troppo silenzioso, troppo colorato, troppo grigio. Oppure non abbastanza, che poi è un troppo al contrario. Vedeva tutto come perfezionabile, ma non era mai disposto a cercare di perfezionare se stesso. Si definiva perfetto, ma non si piaceva, per cui pensava che non ci fosse nulla da fare. Non esistevano mezze misure, Apicella le odiava, ma non poteva sopportare gli eccessi, aveva paura di tutto e la maggior parte delle cose che toccava gli facevano schifo. Il contatto con le altre persone gli faceva schifo, forse per questo nessuno lo ha mai visto stare veramente con una ragazza.

Gli piaceva seguirle, le ragazze, desiderarle, sognarle tutte le notti mentre erano lontane e poi, quando finalmente le incontrava, si metteva a fissarle con quegli occhi enormi e gli veniva una rabbia dentro che lo costringeva a correre via dal ristorante. Io non voglio morire, diceva. Il problema con Apicella è che non si capiva mai cosa intendesse. Era stonato ma gli piaceva cantare, anzi mentre cantava sembrava quasi felice, per il resto si aggirava con le spalle cadenti e il fare nostalgico, in attesa che qualcuno gli rivolgesse la parola solo per dargli contro agitando quelle braccia magre e lunghissime, roteando i polsi e sventolando il ciuffo sulla fronte. Giocava a fare il contrario sperando che gli altri lo notassero, ma in fondo a nessuno importava niente.