L’unicità di Alessandro Borghi e Luca Marinelli

Foto (c) di Alberto Novelli

Alessandro Borghi e Luca Marinelli non sono due attori qualunque, e questa cosa, spesso, tendiamo a dimenticarla. Non lo sono perché ci tengono, e ci tengono davvero, a quello che fanno. Perché lo sforzo artistico, per loro, coincide con lo sforzo personale, e creare non è un processo lineare, che segue una ricetta: ma una scommessa, e ogni volta è diverso. Bisogna armarsi di pazienza e convinzione; bisogna credere, prima ancora di iniziare; e bisogna avere il coraggio per affrontare la paura del fallimento – che pure, nonostante tutto, può arrivare.

Borghi e Marinelli si somigliano e si respingono. Yin e yang. I poli opposti di due calamite che al minimo movimento possono unirsi oppure scontrarsi. Hanno la stessa forza, lo stesso carisma scenico, ma ognuno di loro fa leva su altro per conquistare il pubblico e trovare il suo personaggio. Borghi è fisico, muscolare, espansivo. Si adegua, ma non cambia. Si abbandona, ma non si perde. Divora, ma non distrugge. Marinelli è teso, nervoso, metodico. Balla un valzer fatto di dettagli e sfumature, e ogni passo e ogni gesto sono tutto, sono fondamentali: proiettati e previsti momenti prima, come un maestro di scacchi che si prepara a chiamare lo scacco matto dopo una manciata di secondi.

Hanno lavorato insieme sul set di “Non essere cattivo” di Claudio Caligari, e da allora non si sono più separati. L’amicizia che mettono in scena, quel misto di tensione e amore, di desiderio e curiosità, è genuina. Una cosa che non devono ricostruire, ma vivere. Ne “Le otto montagne” vanno oltre. Scavalcano il confine della finzione e trovano una dimensione nuova, unica, potentissima. Fatta di lacrime, sudore e verità. Da una parte la sorpresa innocente dell’espressione di Marinelli, e dall’altra la durezza della linea che attraversa, spaccandola quasi a metà, la fronte di Borghi.

Anche se interpretano ruoli differenti si muovono nello stesso spazio. All’inizio del film parla Luca, eppure è come se parlasse Alessandro. Le loro voci non si accavallano, ma si cercano. I loro volti non hanno molto in comune, se non la brillantezza dello sguardo e il fascino dei lineamenti. Sono come specchi, e in questi specchi ci sono solamente loro.

Borghi sembra appartenere alla Montagna, una delle rocce della cima: così grosso, forte e sicuro. Viene giù come una frana. Imprevedibile e viscerale. Marinelli, invece, è come una brezza leggera, di quelle che si sentono sui sentieri a valle: sfiorano la pelle, la cullano, e diventano un ricordo dolcissimo per gli istanti di estrema sofferenza. Il lavoro che fanno in questo film andrebbe studiato. Perché non è un semplice gioco delle parti: è qualcosa di più. Ed è l’essenza stessa della narrazione e della storia.

Certo, c’è anche il materiale originale, che viene direttamente dal libro di Paolo Cognetti, e c’è la visione straordinaria dei due registi-sceneggiatori, Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Ma ci sono soprattutto loro. Quando restano in silenzio, l’aria si riempie di qualcos’altro: di quella tensione delicata, quasi affettuosa, di cui parlavamo prima. E quando si confrontano, le parole sfilano veloci: ma non sono né frenetiche né confuse. Compongono una musica che si adatta alla scena, alla Montagna, al quadro più grande del racconto.

“Le otto montagne” è come un viaggio. E in questo viaggio ogni elemento conta. Inizia, finisce; e inizia un’altra volta, proprio quando succede l’inevitabile. Borghi e Marinelli, però, restano. Sono due sagome. Due presenze. Due colonne che non solo si fanno carico del peso dell’intera storia, ma che aggiungono, migliorano e creano. Ecco perché non sono due attori qualunque, e perché non vanno minimamente sottovalutati. Sono artisti. Nel senso totale e più profondo del termine. Vanno alla radice della realtà, dove le contraddizioni hanno un senso e la speranza è una promessa vana.

Borghi e Marinelli si fidano della regia, si nutrono della sceneggiatura, e studiano quello che li circonda: il mondo, la Montagna, gli altri attori, il libro di Cognetti. Ma poi, incredibilmente, restano sé stessi. Non Luca e Alessandro, no. Sono Pietro e Bruno, i loro personaggi. Hanno indossato le loro vite come s’indossano i vestiti: ne hanno fatto quasi una seconda pelle, e non hanno nessuna intenzione, in nessuna scena, di abbandonarli.

Luca e Alessandro sono scomparsi. Pietro e Bruno vengono avanti, il sipario si alza. Due amici, due fratelli uniti dal destino e dalla Montagna, che parlano una lingua tutta loro e, contemporaneamente, universale. Spesso gli attori seguono una direzione precisa, si piegano – e lo fanno totalmente, a occhi chiusi – a quello che viene prescritto da altri. Ma con Marinelli e Borghi è diverso. Loro non si limitano a partecipare a un film, a imparare la parte, a ripeterla fino allo sfinimento; loro inseriscono quel qualcosa in più, quella carica esplosiva che può, e a volte deve, fare la differenza.

“Le otto montagne” nasce grazie ai loro occhi, alle loro espressioni, alle loro barbe; cresce perché loro si alzano in piedi, insistono e scalano davvero la Montagna; e poi si conclude, meravigliosamente, come una testimonianza d’amore e d’amicizia. Una cosa che, a parti invertite, avevano già fatto con “Non essere cattivo”. Ma quella è un’altra storia, e lì c’era un altro regista. Borghi e Marinelli, invece, sono sempre qui. E sono sempre gli stessi. Fedeli alla causa del cinema, della finzione, del creare dove prima non c’era niente; e convinti di aver trovato il modo e la maniera per tessere, ogni volta, una trama differente. Amano quello che fanno, e si vede. Sono disposti al sacrificio e non hanno paura. O meglio: sì, ce l’hanno. Ma sanno come nutrirsi anche di quella.

_______

Le otto montagne è diretto e scritto da Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch ed è basato sull’omonimo libro di Paolo Cognetti, edito da Einaudi. È prodotto da Wildside, Rufus, Menuetto, Pyramide Productions, Vision Distribution, con Elastic, Sky e Prime Video. Nel cast: Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi, Elena Lietti ed Elisabetta Mazzullo. Le otto montagne è al cinema, distribuito da Vision Distribution.

 

Aggiungi un commento