Il senso di Camilleri per la storia

In queste piovose giornate di luglio un gioco e un invito: ripercorrere la storia della nostra Unità nazionale attraverso le pagine di alcuni romanzi di Andrea Camilleri. Un omaggio a uno scrittore grandissimo, i cui romanzi storici rappresentano uno dei più intelligenti e riusciti esempi di narrazione del verosimile (del resto Camilleri ha sempre tenuto a sottolineare il debito che lo lega a Alessandro Manzoni). Solo la prima citazione è tratta da I Malavoglia di Giovanni Verga, spiegare perché sarebbe pleonastico. Spero di farvi venire la voglia (in Toscana si dice così) di leggerli tutti.

17 marzo 1861, Torino. Il Parlamento Italiano, per la prima volta riunito, proclama Vittorio Emanuele II re d’Italia. Per grazia di Dio e volontà della Nazione. Ma la nazione è ancora tutta da fare. L’Italia unita, nata dal Risorgimento continua per molti ad essere ancora un’espressione, non più soltanto geografica ma anche politica. L’Italia unita dalle Alpi alla Sicilia. Mancano soltanto il Triveneto e lo Stato Pontificio. E poi manca Roma, dove Pio IX regna sullo Stato Pontificio forte dell’appoggio della Francia. Capitale d’Italia è Firenze. La Nazione che è diversa dallo Stato. La nazione comunità immaginata da un popolo che non sa sentirsi ancora uno se non quando è lo Stato a chiamare. E allora sono solo tasse e servizio militare obbligatorio:

Lo sguardo di Malamud

Questo pezzo è uscito sul blog Via dei Serpenti

“Distogli il tuo sguardo, che io respiri,
prima che me ne vada e più non sia”

Salmo 39

Arriverà un momento, durante la lettura di uno qualsiasi tra i tredici racconti de Il barile magico, in cui il petto vi sembrerà a tal punto dilatarsi che forse sentirete il bisogno di staccare gli occhi dalla pagina, stremati dalla salita lungo l’arco del respiro, saturi di aria e trattenuti per un tempo infinito nel palpito dei polmoni esausti un istante prima di potersi liberare.

L’evasione al potere

Questo pezzo è uscito su Pagina 99.

Le Pussy Riot erano all’asilo, quando Dubravka Ugresic, insieme ad altre due colleghe, Slavenka Drakulic e Rada Ivekovic, fu costretta a lasciare la Croazia per la sua opposizione al nazionalismo. Era il 1993. «Prostitute, nemiche pubbliche, streghe» fu il gentile commento con cui il governo croato chiamò queste tre temibili donne. Dubravka Ugresic oggi vive tra l’Olanda e gli Stati Uniti, è una scrittrice di successo tradotta di 20 lingue, idolatrata in America dove è appena uscito il suo ultimo saggio “Europe in Sepia” (Open Letter Books), una raccolta di saggi politici che in cui l’autrice passa delle contestazioni di Zuccotti Park fino ai riots di South London. Da noi invece è meno conosciuta ma da poco è uscito il sorprendente “Cultura Karaoke” (Nottetempo, 408 pagine, euro 19,50, traduzione di Olja Perišić Arsić e Silvia Minetti), una raccolta di saggi che è stato finalista al National Book Critics Circle Award per la critica.

Come vanno le vendite dei libri? Stabilmente male. E i classici? Male pure quelli

Riprendiamo quest’analisi dal sito ibuk.it

di Kim Philby
Andamento negativo del -4,65% a valore e -3,90% a numero di pezzi per il dato consolidato a Maggio 2014, rispetto allo stesso periodo 2013; dati pressoché negativamente stabili rispetto a Aprile 2014.

Maggio comunque registra il secondo peggior dato dall’inizio dell’anno: -6,60% a valore e –5,43% a numero di pezzi.

Dentro e fuori

Bohumil Hrabal è nato a Brno quando la Moravia era ancora parte dell’impero austro-ungarico, è cresciuto durante gli anni dorati della repubblica di Masaryk, ha vissuto il nazismo e il protettorato di Boemia e Moravia, il comunismo cecoslovacco delle purghe, la primavera di Praga, la repressione brezneviana, la dissoluzione dell’Urss, la nascita della Repubblica Ceca. Una decina di anni dopo la caduta del muro di Berlino si è ucciso.

Eppure rispetto alla storia non si capisce bene dove sia stato tutto il tempo, se intrappolato in una sorta di personale deriva o invece perfettamente al centro degli eventi. Non era tra gli intellettuali direttamente coinvolti nel ’68 praghese né tra i firmatari della Charta 77 ma era uno dei pochi che a Praga, dopo l’invasione del Patto di Varsavia, poteva ancora pubblicare. Nel frattempo i suoi capolavori uscivano in samizdat e all’estero.

Quando il tuffo in piscina è un capolavoro

Questo pezzo è uscito su la Repubblica.

Se ne stanno all’aperto così come nei seminterrati, nelle polisportive o nelle ville nascoste da muri di cinta. Sono depressioni scavate nella terra e foderate di cemento, oppure prefabbricate e sopraelevate, catini di poliestere e metallo collocati nel cortile posteriore di una casetta a schiera. Rettangolari, ovali, a forma di quadrifoglio o di pianoforte, di chitarra o di piede; addirittura, generando un cortocircuito tra morfologia e funzione, di goccia. Nella maggior parte dei casi, se il sole splende o se l’illuminazione indoor è adeguata, generano una tonalità cromatica – un turchese in cui oscillano i pallori del celeste e il vigore intenso dell’azzurro – che non ha equivalenti in natura. È un colore artificiale che si declina in tremolii e in riverberi, in una costellazione di gore disseminate lungo la piastrellatura a quadratini. È lo spettacolo della trasparenza, la liquefazione di un cristallo. Davanti a quel colore magnetico ci rendiamo conto che, per la sua natura di superficie abissale, una piscina è uno spazio di desiderio. In quanto tale convoca percezioni, sollecita racconto.

Che pena scriver d’amore

Questo articolo è uscito su Pagina 99.

Che fine hanno fatto i romanzi d’amore? Esiste oggi una letteratura che esplori i sentimenti e non sia quella serializzata delle nuove Liale? Quelle storie stucchevoli, a partire dai titoli, tipo“Finché amore non ci separi” (Newton Compton): l’ebook in assoluto più venduto in Italia mentre scrivo. L’amore è diventato un brand, un marchio di garanzia per vendere, si dice da tempo. Qualche titolo in arrivo tra giugno e luglio: “L’amore non conviene” “La ricetta segreta dell’amore” “Un amore a Notting Hill”, “Tokyo Love”, “Un amore a Parigi”, “Mai per amore”.

Da dove veniamo: la versione di Maino

In questi mesi la rivista “Lo Straniero” sta lanciando un’inchiesta chiedendo a diversi scrittori italiani di raccontare attraverso quale percorso la storia del paese può aver fatto da ispirazione per i propri libri, tenendo conto anche dell’intreccio tra le motivazioni pubbliche e quelle personali. Dopo la prima parte, che coinvolgeva questi scrittori, è da poco uscita la seconda. Il prossimo mese, la terza. Tra gli scrittori sollecitati per la seconda parte dell’inchiesta c’è Francesco Maino, autore di “Cartongesso“, un romanzo importante, apprezzato e consigliato da molti collaboratori di minima&moralia. Ecco il suo contributo. Buona lettura.

“Il rifiuto è sempre stato un gesto essenziale.”

(P.P.P., Roma, 1° novembre 1975, ore 16.00)

di Francesco Maino

Omissis…

Premesso che,

l’odio mio per i giudici è lucido sì, ma tutt’altro che controllato, le stanze dei giudici sono sempre chiuse, e le facce… dovreste vedere il pallore delle facce dei giudici, o il bavaglio allentato sotto la pappagorgia, di quelli prossimi alla pensione, la loro scrittura è spietata, no, inumana è la parola giusta, come tutta la lingua della Pubblica Amministrazione, e quella stupida tracotanza con certi colleghi appena arruolati non si può neppure dire, io odio la parola: magistrato, la locuzione: onorevole magistrato, oppure Illustrissimo Tribunale o ancora Eccellentissima Corte d’Appello, odio, nel 2014, le parole: sentenza, ordinanza e decreto, mi sembrano parole criminali, odio la formula biascicata ad alta voce, senza un minimo mai di sacralità, di tono solenne, in nome del popolo italiano, sbrigativamente, come fosse una scocciatura, solo e sempre una scocciatura,

Martina Testa intervista Ben Fountain

Quando una traduttrice intervista uno scrittore: Martina Testa conversa con Ben Fountain, autore del romanzo È il tuo giorno, Billy Lynn! uscito per minimum fax nel 2013. 

di Martina Testa

Il tuo libro parla di un gruppo di giovani soldati americani impegnati al fronte in Medio Oriente che vengono riportati negli Stati Uniti e acclamati come eroi in un “Victory Tour” di due settimane, dopo che una loro missione viene filmata da una troupe televisiva e finisce su un tg nazionale. Dopo il tour di propaganda (che culmina in un’ospitata alla prestigiosa partita di football del Giorno del Ringraziamento), i ragazzi verranno rispediti al fronte.

Ammesso e non concesso che certe categorizzazioni abbiano un senso, se questo è un “romanzo di guerra” (è stato, in effetti, più volte paragonato ad altri romanzi di guerra, da Comma 22 di Joseph Heller al recente Yellow Birds di Kevin Powers), lo è in un senso molto vago, perché la guerra non si vede mai. Allora forse non è un romanzo di guerra? Tu come lo vedi?

È un romanzo che parla di un periodo storico – nel quale ancora ci troviamo – in cui gli Stati Uniti d’America sono impazziti. Le guerre in Afghanistan e in Iraq sono stati i sintomi più evidenti di questa pazzia, ma tutti gli altri elementi del romanzo – il football, le cheerleader, l’industria cinematografica, il capitalismo, la pubblicità, la religione – sono tinti di una loro particolare sfumatura di follia.

Illazioni su Lucentini

Questo pezzo è uscito su Succede oggi.

di Paolo Bonari

Se ha ragione Domenico Scarpa, e Notizie degli scavi è «uno dei più bei racconti italiani del Novecento», qualcuno ne starà componendo il ricordo, perché siamo giunti al cinquantennale della sua pubblicazione, ma può anche darsi che saranno pochissimi quelli che si metteranno a ripensare ai tentativi letterari di Franco Lucentini che precedono il suo incontro con Carlo Fruttero: rari e non ripetuti. Non che le sue siano state prove acerbe, anzi: il giudizio di Scarpa non suona azzardato. C’è da credere che i due si siano divertiti parecchio, nella loro carriera da accoppiati, e non servirebbe altro, per giustificare la bontà della loro scelta; resta la curiosità, però, del futuro che avrebbe avuto davanti il solo Lucentini, il cui contributo al lavoro comune sembrerà minore di quello dell’amico a chi vada a rileggere questo racconto, o romanzetto. Stando attenti alle misure canoniche, di romanzo non dovrebbe trattarsi, ma respiro (precocemente strozzato) e suddivisione interna del testo continuano a darne l’idea.