Quando il tuffo in piscina è un capolavoro

Questo pezzo è uscito su la Repubblica.

Se ne stanno all’aperto così come nei seminterrati, nelle polisportive o nelle ville nascoste da muri di cinta. Sono depressioni scavate nella terra e foderate di cemento, oppure prefabbricate e sopraelevate, catini di poliestere e metallo collocati nel cortile posteriore di una casetta a schiera. Rettangolari, ovali, a forma di quadrifoglio o di pianoforte, di chitarra o di piede; addirittura, generando un cortocircuito tra morfologia e funzione, di goccia. Nella maggior parte dei casi, se il sole splende o se l’illuminazione indoor è adeguata, generano una tonalità cromatica – un turchese in cui oscillano i pallori del celeste e il vigore intenso dell’azzurro – che non ha equivalenti in natura. È un colore artificiale che si declina in tremolii e in riverberi, in una costellazione di gore disseminate lungo la piastrellatura a quadratini. È lo spettacolo della trasparenza, la liquefazione di un cristallo. Davanti a quel colore magnetico ci rendiamo conto che, per la sua natura di superficie abissale, una piscina è uno spazio di desiderio. In quanto tale convoca percezioni, sollecita racconto.