Il romanzo ha i secoli contati

Da circa un secolo a questa parte, ogni anno, c’è chi decreta la morte del romanzo. Una generazione dopo, puntualmente, il romanzo è un genere sempre vivo e amato dai lettori. Anche quest’estate la questione si è riproposta. Ringrazio di essere stato interpellato sul tema.

Questo pezzo è uscito su La Repubblica

Come accadeva un tempo ai medici condotti, l’esperienza maturata sul campo mi consente l’immediatezza di certe diagnosi. Così, ogni volta che sento parlare di “morte del romanzo” mi preoccupo per la salute di chi redige l’ambasciata. Mi verrebbe da telefonare ai suoi parenti e domandare: “tutto bene in famiglia?” Certi giudizi rischiano di dire poco del loro oggetto e molto su chi li esprime. Capisco che l’eccessiva vitalità di un genere possa immalinconire chi non lo ama, ma parlare di crisi del romanzo nel 2016 equivale a paventare la fine della corsa all’oro nel Klondike del XIX secolo.

It Follows indica la strada all’horror in crisi

1.

Se siete di quelli a cui piace lamentarsi delle malefatte dei distributori italiani e scrivere tweet polemici che comprendono le locuzioni “periferia dell’impero” e “se mi lasci ti cancello”, non dovreste farvi sfuggire l’occasione dell’uscita di It Follows per fare un po’ di esercizio di pubblica indignazione.

Distribuito in Italia con due anni di ritardo e mandato nelle sale a luglio come un gore balneare qualsiasi, nel 2014 il film di David Robert Mitchell è stato in realtà un piccolo evento cinematografico, ottimamente accolto a Cannes e acclamato dalla critica americana come uno degli horror più originali e interessanti degli ultimi tempi. Su Vulture David Edelstein intitolato la propria entusiastica recensione “Raramente ho avuto tanta paura quanto guardando It Follows” e sul Washington Post Micheal O’Sullivan ha scritto “It Follows è uno dei film più spaventosi che io abbia mai visto. E anche uno dei più belli”. Vice USA ha parlato del “miglior film horror da un bel pezzo” e lo ha paragonato a un ipotetico episodio di Hai paura del buio? diretto da John Carpenter.

L’arte di spaventare: intervista con Jeffery Deaver

Questa intervista è uscita su Sul Romanzo (fonte immagine).

«Thomas Harris, Stephen King e Jeffery Deaver sono i grandi maestri del thriller», parola di Sandrone Dazieri, uno degli autori contemporanei più interessanti del panorama italiano del romanzo noir/thriller. «Questi tre autori – continua Dazieri – sono da studiare continuamente», possibilmente da vicino. Detto fatto, ho approfittato del Salone Internazionale del Libro di Torino per incontrare Jeffery Deaver, 66enne prolifico scrittore americano che è riuscito a creare alcuni personaggi che di storia in storia (il romanzo seriale Deaver lo scriveva già negli anni ’90) hanno attraversato vent’anni, risultando ancora vividi e necessari per i milioni di lettori che, in ogni angolo del pianeta, attendono il prossimo romanzo di Jeffery Deaver.

Lo incontro nella hall di un hotel nato dal recupero di una porzione del Lingotto di Torino, dove di solito vengono accolti gli ospiti più prestigiosi del Salone: un rincorrersi di cristalli e travi in ghisa, candidi divani dalle forme compatte e poltrone in rattan dalle spalliere fuori misura e dai cuscini color melanzana.  È proprio in una di queste sedute inconsuete, che fanno pensare al setting di Alice nel Paese delle Meraviglie (penso al film di Tim Burton), che mi siedo con Jeffery Deaver, che, da buon americano, riesce subito a creare quel livello di formale confidenza che renderà l’intervista più semplice.

Flesh for Fantasy. Il romanzo ai tempi di Reddit

(fonte immagine)

di Filippo Belacchi

Reddit, sì, bisogna prima provare a spiegare di cosa si tratta, come funziona e poi raccontare di questa storia macabra e strampalata che sta diventando il romanzo più interessante del 2016.

Reddit: The Front Page of Internet – questo il nome completo –  è ormai in rete da undici anni; tra i fondatori c’è stato anche Aaron Swartz. Per provare a darne un’idea si potrebbe dire: immaginate Facebook senza rumore bianco e svuotato di egomania. Pochi esibizionismi a sproposito, niente amici che postano la foto del cocktail che stanno bevendo o il selfie con il calciatore o attore incontrato per strada o nella hall di un albergo a Miami. Su Reddit gli utenti, detti redditors, girano con addosso solo un nickname. Niente foto minuscola a fianco, niente maschio, femmina o età, pochissime informazioni personali, nulle direi. Tra i redditors la tendenza è di parlare nel merito delle cose e basta, stima e rispetto se li guadagnano sul campo in base alla qualità dei loro post, degli interventi fatti e dei contenuti condivisi.

Uomini e cinghiali: una conversazione tra Goffredo Fofi e Giordano Meacci

Pubblichiamo una conversazione tra Goffredo Fofi e Giordano Meacci apparsa sul numero di maggio della rivista Lo Straniero. Oggi, venerdì 3 giugno, Giordano Meacci, candidato al Premio Strega con Il Cinghiale che uccise Liberty Valance, è ospite della Repubblica delle Idee in una conversazione con Nicola Lagioia sul tema L’amore in cinghialese. L’incontro è alle 23 allo Spazio D del museo Maxxi di Roma: ingresso libero fino a esaurimento posti. Si può prenotare un posto online qui.

di Goffredo Fofi

Il romanzo di Giordano Meacci Il Cinghiale che uccise Liberty Valance (minimum fax) è, insieme a quello di Simona Vinci di cui si dice in altra parte della rivista, uno dei rari italiani belli e profondi di questa stagione. Sempre per minimum Meacci ha pubblicato da poco una raccolta di scritti “pedagogici” che parte da Pasolini professore, mentre uno dei bei film recenti, Non essere cattivo, porta il suo nome tra i principali collaboratori del compianto Claudio Caligari. Ma è il romanzo, credo, la sua opera più personale e più pensata, più ambiziosa.

Il canone (americano) di Harold Bloom

Questo pezzo è uscito sul Venerdì di Repubblica, che ringraziamo (fonte immagine).

Prima di parlare del Sublime, tema molto caro al vetusto e controverso principe dei critici Harold Bloom, bisogna dar conto di qualche mediocrità. L’anno scorso, appena uscito negli Stati Uniti il suo The Daemon Knows: Literary Greatness and the American Sublime, è partita la solita zuffa. Tagliando e incollando qualche riga estrapolata dal ponderoso tomo, Vanity Fair ha presentato i dodici autori americani che a parere di Bloom incarnano «lo sforzo incessante di trascendere l’uomo senza rinunciare all’umanesimo»: Whitman, Hawthorne, Melville e compagnia di defunti maschi bianchi (con l’eccezione di Emily Dickinson).

22/11/’63: le carte impreviste della storia

Questo pezzo è uscito sul Venerdì, che ringraziamo.

di Valentina Della Seta

Stephen King lo scrive tra le pagine del romanzo 22/11/’63 (Sperling  & Kupfer, traduzione di Wu Ming 1, 2011): «Il passato non vuole essere cambiato, il passato ha i denti aguzzi». A farne le spese è il protagonista Jake Epping, professore di lettere in un liceo di Lisbon Falls nel Maine, che trova un varco spazio-temporale nel retro di una tavola calda. Al Templeton, proprietario del locale e gravemente ammalato, spiega a Jake che all’uscita del varco si troverà  nello stesso luogo nel 1959.

Le letture di James Franco, adesso

Questo articolo è uscito su Icon, che ringraziamo (fonte immagine).

Questa conversazione con James Franco inizia da uno scambio di messaggi. Sono da Strand Bookstore, a New York, una mattina d’ottobre. Ho appena letto il bel memoir di Grace Jones, I’ll Never Write My Memoirs, e i due magnifici libri di Ta-Nehisi Coates, The Beautiful Struggle e Between the World and Me (quest’ultimo uscirà in Italia per le edizioni Codice). Tra i tavoli affollati della libreria cerco un libro che stia al passo, che sia altrettanto bello. Scrivo un messaggio a James Franco per chiedergli cosa leggere.Questo articolo è uscito su Icon, che ringraziamo (fonte immagine).

Questa conversazione con James Franco inizia da uno scambio di messaggi. Sono da Strand Bookstore, a New York, una mattina d’ottobre. Ho appena letto il bel memoir di Grace Jones, I’ll Never Write My Memoirs, e i due magnifici libri di Ta-Nehisi Coates, The Beautiful Struggle e Between the World and Me (quest’ultimo uscirà in Italia per le edizioni Codice). Tra i tavoli affollati della libreria cerco un libro che stia al passo, che sia altrettanto bello. Scrivo un messaggio a James Franco per chiedergli cosa leggere.

Considera il totano

Questo pezzo è uscito sul numero di Linus in edicola, che ringraziamo.

Lo scrittore David Foster Wallace, morto suicida pochi anni fa, pubblicò nell’agosto 2004 sulla rivista Gourmet un celebre reportage sul festival dell’aragosta del Maine: Consider the lobster. Considera l’aragosta si chiamò poi una sua raccolta di articoli e saggi uscita in Italia per Einaudi Stile Libero. Da 14 anni sull’isola di Capraia la proloco organizza invece una piccola sagra dedicata a un mollusco: il totano. La prima cosa che ho scoperto sul totano è che la semplice pronuncia del lemma suscita un’immediata reazione di simpatia. C’è qualcosa di comico nella parola. Forse perché quel to-ta ci ricorda una lallazione infantile. Oppure c’è qualcosa di comico nella morfologia dell’animale. Comunque sia: c’è qualcosa di comico.

L’attracco.

A Capraia sono arrivato un tardo pomeriggio su un traghetto, insieme a qualche centinaio di persone che hanno approfittato del ponte fra il 31 ottobre e il 2 novembre. Il viaggio è durato circa tre ore, che ho impiegato leggendo una storia di Scientology – La prigione della fede – uscita per Adelphi. A un certo punto l’autore racconta un episodio della vita di Ron Hubbard, il fondatore della setta. Durante un intervento dentistico Hubbard vive un’epifania, effetto di un’anestesia gassosa, grazie alla quale crede di conoscere “i segreti dell’esistenza”. Proprio nel momento in cui, di fronte alla prua, il profilo dell’isola comincia a delinearsi, le esalazioni di gas evocate nel testo si mescolano al tanfo di benzina sul ponte del traghetto. Mi attraversa un lampo di puro godimento estetico.

Il dolore della rimarginazione

Questo articolo è uscito sul Corriere della Sera.

Quello di Bret Anthony Johnston, texano, classe ’71, è – se si esclude il fatto di essere stato skater professionista – il percorso canonico di molti narratori americani dell’immediata contemporaneità: pubblicazione di alcuni racconti su riviste; pubblicazione di una prima raccolta – Corpus Christi, del 2004 – con grande fortuna critica; approdo come insegnante a un master di scrittura creativa (nel suo caso a quello di Harvard, già sotto il magistero di Dennis Lehane) prima ancora di aver scritto il romanzo d’esordio. Romanzo d’esordio dunque piuttosto atteso, che giunge ben dieci anni dopo – negli USA è stato pubblicato nel 2014, mentre da noi esce in questi giorni per Einaudi Stile Libero, nella traduzione di Federica Aceto – nella forma di questo Ricordami così, anch’esso accolto in patria da una salva di elogi. Non delude in effetti le aspettative questo romanzo dedicato al ritorno a casa di un ragazzo dopo un rapimento durato quattro anni, e che appare subito improntato a una programmatica classicità, tanto cinematografica quanto letteraria.