Il male ingombrante. Note su Gli impiegati vanno di fretta di Silvio Perego

Pubblichiamo una recensione di Andrea Cirolla su Gli impiegati vanno di fretta di Silvio Perego (Lampi di Stampa). Foto di Francesca Woodman.

Ultimamente mi sono svegliato presto la mattina. E non c’entra niente Proust, è solo che per delle cure termali, cui ho dovuto sottopormi in una località appena fuori Bergamo al centro della bassa val Cavallina, ogni giorno per due settimane sono uscito di casa all’alba, rompendo un’abitudine sonnacchiosa dettata dalle sere e dalle notti tirate lunghe sui libri e nel lavoro. Nel percorso da casa alle terme e dalle terme a casa, in auto ho ascoltato giorno dopo giorno rassegne stampa su rassegne stampa, dai notiziari Rai a quelli di Radio24, procurandomi ulcere se non allo stomaco (ma ci manca poco) sicuramente al cervello e all’area deputata all’indignazione. Dal recente Laziogate e il circo grottesco di fine berlusconismo annesso, nutrito di ostriche e Champagne, ben rappresentato da feste dei porci e feste della merda; alle lamentele di politici passati e presenti sulla scandalosa magrezza dei loro stipendi da ennemila euro – ho ingollato tutto schivando fughe e distrazione, infliggendomi un bagno in un’attualità paradossale, avanguardia perpetua su schema consolidato, un male certo e disarmante. Un male ingombrante, che brucia la possibilità del bene, anzi la fagocita, almeno e sicuramente in ambito politico. E dove il bene si scherma dietro uno sguardo a distanza di sicurezza, là può pian piano opacizzarsi fino a non vedere più oppure conservarsi incorrotto, ma inerte e incattivito.