C’avevano ragione Caligari e Mainetti

Quando un anno e mezzo fa feci l’ultima intervista a Claudio Caligari doveva ancora iniziare a girare Non essere cattivo – era novembre, il primo ciak sarebbe avvenuto a febbraio, la sua morte a maggio, a riprese appena finite. Era molto malato e reduce da anni di isolamento nel mondo del cinema italiano; ma questo mancato riconoscimento non aveva scalfito la sua consapevolezza artistica.

Ogni risposta che mi diede conteneva una specie di solida convinzione che potrebbe essere espressa in questo semplice modo: “C’ho ragione io”. Contro tutti e tutto, contro l’evidenza di produttori che l’avevano per decenni allontanato come un appestato, contro una critica che considerava Amore tossico un film di culto sì ma datato anni luce.

“La mia classe” e il racconto dell’immigrazione

Questo pezzo è uscito su Napoli Monitor.

di Michele Colucci

Il film “La mia classe” di Daniele Gaglianone rappresenta una boccata d’ossigeno, destinata però a un certo punto a interrompersi. Fin dalle prime battute si capisce che quella del regista è una scelta nuova, capace di restituire parole, sguardi, immagini di persone che nella realtà e nella finzione scivolano via senza lasciare traccia, riempiendo solo le statistiche e la cronaca, o nella migliore delle ipotesi i pensieri e le preoccupazioni di qualche anima più gentile delle altre.

Negli anni della crisi la realtà dell’immigrazione straniera in Italia è lentamente slittata nel dibattito pubblico in uno spazio di indifferenza, senza neanche più quello scontro ideologico, insopportabile certo, esploso con forza prima e ancora di più dopo l’11 settembre del 2001. Anche tragedie immani quali i naufragi di Lampedusa e le stragi sul lavoro come quella di Prato restano a galla per pochissimo tempo, soppiantate da altri pensieri, altre priorità.

Nuovo cinema paraculo. Romanzo di uno strascico

Come trasformare un film animatissimo di buone intenzioni in un roba deludente? Basta fidarsi troppo delle buone intenzioni (le strade per l’inferno, si sa, ne sono lastricatissime). Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana è un film che avrebbe potuto essere bello, e non lo è. Per moltissimi motivi. Per primi, certo, quelli legati all’affidabilità della ricostruzione vedono contrapposte tante versioni diverse: il libro-inchiesta di Paolo Cucchiarelli che sostiene la tesi delle due bombe contemporanea (una bombetta-civetta anarchica e una bomba devastante di marca neofascista) e a cui si è ispirato Giordana, viene considerato molto molto discutibile da vari altri, tra cui per esempio Adriano Sofri che in questi giorni ha scritto un istant-book precisamente polemico contro libro e film.